Lo chiamano “Piano Mattei” ma funziona così: l’Europa paga, l’Italia firma e si scatta un selfie

  • Postato il 23 giugno 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Il vertice romano, con Ursula von der Leyen al fianco della premier italiana Giorgia Meloni, è servito soprattutto a dare una cornice epica a qualcosa che epico non è: un pacchetto di progetti e finanziamenti che, a ben vedere, sono in gran parte soldi comunitari, vecchie iniziative riverniciate, o accordi multilaterali impacchettati col tricolore. Tipo il Global Gateway, per intenderci — il grande piano europeo da 300 miliardi per il Sud Globale, che già da anni promette investimenti in infrastrutture, digitalizzazione e sviluppo.

Il problema? Che venerdì scorso a Roma molte di queste iniziative sono state presentate come se fossero “Piano Mattei”. In pratica l’Italia sta “co-brandizzando” fondi europei come se fossero parte del Piano Mattei, pur non avendone la regia né la titolarità. Il risultato? Una narrazione un po’ ingannevole, parecchio patriottica, e decisamente sbilanciata.

Il Piano Mattei — quello vero — è un’iniziativa italiana, sì, ma con un budget molto più contenuto: 5,5 miliardi di euro, buona parte dei quali provenienti da fondi già esistenti nella cooperazione italiana. La governance? Ancora in costruzione. I progetti concreti? Pochi e frammentati. I paesi coinvolti? Un pugno selezionato — tra cui per esempio Tunisia, Mozambico, Egitto, Algeria, Repubblica del Congo Tanzania — scelti con criteri quantomeno discutibili.

Eppure, nelle dichiarazioni ufficiali, tutto è “Piano Mattei”.

Il corridoio Lobito finanziato anche dagli Stati Uniti? Piano Mattei! Il cavo Blue-Raman che collega l’India all’Italia via Kenya? Piano Mattei! La conversione del debito africano grazie a fondi BEI e garanzie UE? Pure quello, Piano Mattei! Del resto, lo diceva bene Mark Twain: “Una bugia può viaggiare per mezzo mondo mentre la verità si sta ancora mettendo le scarpe.”

Solo che in questo caso, la verità non è una bugia — è solo una realtà troppo complicata per i titoli di giornale, tanto complicata che la maggior parte della stampa italiana non si è preoccupata di fare troppi distinguo.

Gli analisti europei però sorridono, quelli africani prendono appunti, e a Bruxelles qualcuno inizia a storcere il naso: perché va bene la sussidiarietà, va bene il gioco di squadra, ma se ogni volta che l’Europa investe in Africa, l’Italia si prende i meriti da sola, la cooperazione rischia di trasformarsi in una recita. Un po’ come se uno entrasse a una festa, si mettesse in posa per la foto di gruppo e poi pubblicasse il post: “Grazie a tutti per essere venuti!”.

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Il Fatto Quotidiano

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