Da giovane cronista avvertii Tortora del suo arresto. Non so come voterebbe al referendum, ma una cosa la so
- Postato il 4 dicembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Chi ha conosciuto da vicino Enzo Tortora sa bene quanto avrebbe potuto irritarlo l’ingresso forzato nel provvisorio nuovo pantheon della destra al potere, con tanto di una sala intitolata accanto a quella del Beato Rosario Angelo Livatino (difficile immaginare figure tanto distanti!), e peggio ancora la trasformazione posticcia in icona da sventolare contro i magistrati nella battaglia referendaria che si è aperta. Anche l’imminente fiction su Tortora di Netflix, nonostante la consueta inappuntabile interpretazione di Fabrizio Gifuni, pare che non centri precisamente la questione della vicenda giudiziaria del presentatore di Portobello, oltre ad essere viziata dal pregiudizio snob nei confronti della tv popolare che i registi italiani di cinema, come Marco Bellocchio, non hanno mai smesso di esercitare.
Prima che qualcuno possa pensare che sono sentenze sparate a casaccio, meglio premettere che, al tempo – come noto e riportato in varie testimonianze, in primis le lettere dal carcere che Tortora stesso pubblicò in volume – ero un giovane cronista televisivo de Il Giorno e mi capitò di avvertire molte ore prima il presentatore del possibile arresto nell’ambito di un’inchiesta napoletana sulla camorra. Ero stato imboccato, molto vagamente, dal direttore Guglielmo Zucconi (già parlamentare della Dc e direttore del settimanale di partito), che aveva avuto la notizia – come ho poi ricostruito – dal ministro dell’Interno di allora e subito dopo della Giustizia, Virginio Rognoni, ma ebbe cura di nasconderlo subito dicendomi: “Ho saputo per certo che una clamorosa indagine sulla camorra coinvolge un personaggio di primo piano del mondo dello spettacolo. Non sono riuscito a farmi dire altro se non che si tratta probabilmente di un famoso protagonista anche della tv e che si può cercare il cognome tra le ultime lettere dell’alfabeto. Vedi tu se riesci a pescare al volo l’interessato prima che finisca nella bufera…”
Zucconi senior, già autore di Scaramacai e tipo davvero molto spiritoso, si mise subito a sdrammatizzare sorridendo e invitandomi a cercare nomi con lui: “Beh, alla Z ci sarebbe giusto Mago Zurlì, ah ah; alla V Raimondo Vianello, impensabile; alla U non saprei ma la T è piena, da Tognazzi, che farebbe davvero ridere, a…”. E lasciò a me la chiusa: “D’accordo, provo a cercare subito Tortora!”. E’ andata com’è andata, il presentatore era a Roma per riunioni di lavoro e ha preso la mia telefonata del primo pomeriggio alla stregua di un’assurdità: “Come se mi avessero detto che eri accusato di aver violentato la Madonnina sul Duomo”, mi scrisse poi da Regina Coeli. Alla sera, nonostante gli fosse arrivata una telefonata analoga dall’Ansa, Tortora se n’era andato a dormire serenamente in albergo. Amen, il resto è noto.
Per mesi, poi, sono stato molto vicino al presentatore, alla sua meravigliosa figlia primogenita Silvia e all’unica persona che sa tutto e non ha mai voluto parlare, Gigliola Barbieri, assistente e prima collaboratrice di Tortora dai tempi d’oro della grande Domenica Sportiva. Ora, posto che si debba affibbiare anche a Tortora una qualche etichetta, era il classico vecchio signore conservatore, laico e dichiaratamente liberale, nel senso proprio della tradizione rappresentata dal piccolo partito post-risorgimentale che aveva partecipato alla Resistenza ed era ai vertici del CLN (anche Marco Pannella veniva dai liberali vicini a Mario Pannunzio). Ma, in tutto e per tutto, Tortora era proprio un cane sciolto, abituato a guardare con una certa diffidenza, se non proprio disprezzo, il mondo del potere, anche quello economico.
Con i democristiani si era scontrato in Rai molti anni prima, eppure aveva appena rifiutato di lasciare la tv di Stato per accettare un’offerta ricchissima di Silvio Berlusconi, confidando agli esterrefatti collaboratori più intimi, la sorella Anna e il cognato Giampaolo, la sua perplessità: “Tra tv e pubblicità guadagno già fin troppo bene e tutto quel denaro mi metterebbe a disagio… E chissà, poi, se un giorno si scoprisse che viene da chissà dove…”. Onestamente va ricordato che Berlusconi fu il primo a dire subito che Tortora era assolutamente una persona specchiata e inattaccabile, come aveva avuto modo di appurare durante la trattativa, altro che un trafficante di droga per la camorra.
La vicenda giudiziaria e mediatica, per cui il ministro Rognoni si era esposto in prima persona (“ci sono prove schiaccianti, mi confermano dalla Procura di Napoli” ripeteva nei giorni seguenti al telefono con il direttore de Il Giorno), nasce semplicemente da un vero e proprio input politico della Dc. Bisognava cancellare con una grande inchiesta qualunque dubbio sull’ipotetica connivenza con la camorra tra il partito di maggioranza relativa, dove allora gli esponenti campani vantavano il segretario, Ciriaco De Mita, e anche il peso di un’area della corrente più potente, i cosiddetti dorotei.
Per una specifica vicenda napoletana, il rapimento da parte delle Brigate Rosse dell’assessore Dc Ciro Cirillo e la liberazione dopo il pagamento di un riscatto, l’Unità sollevò pesanti illazioni circa il ruolo chiave dei boss della malavita nella soluzione del caso. E così la cupola democristiana chiese e ottenne un’operazione ‘maxi-blitz anticamorra’, che non guardasse platealmente in faccia a nessuno, incastrando anche nomi pesanti. A qualche servitore tanto zelante quanto maldestro, invece di puntare ai veri boss, non parve vero d’imbattersi in un numero telefonico di un Enzo Tortora nell’agendina di un camorrista e poi s’accomodò con qualche pentito a montare bene la panna, senza fare nemmeno uno straccio di verifica effettiva.
Oltre alla rivelazione anticipata della notizia, volta a provocare l’eventuale fuga che equivaleva a un’ammissione di colpa, ci fu un episodio significativo che Tortora confidò poi a pochissime persone, a proposito di una visita ricevuta nel carcere di Bergamo, quando ormai l’inchiesta sembrava mostrare troppe lacune. Alla fine dell’ora d’aria, un giorno il presentatore rientrando in cella trovò ad aspettarlo un personaggio che si presentò come alto ufficiale dei Carabinieri di ruolo nei servizi segreti, latore di una proposta: “Le parlo a nome di chi può immaginare, questa storia deve finire, sono tutti d’accordo. Ammetta qualcosa, anche una piccolissima cosa, che so? dica che in effetti quella volta ad Antenna 3 non ha ricevuto la droga da smerciare, come l’accusa un pentito, ma soltanto un po’ di cocaina per uso personale… E tutto finirà in un attimo”.
Ecco, è assurdo immaginare come voterebbe oggi Tortora sulla riforma Nordio, ma che il sistema politico abbia tendenzialmente ancora più peso rispetto all’indipendenza della magistratura non gli piacerebbe affatto.
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