Avvocati per il clima, i nuovi professionisti che sfidano l’industria fossile: così BigOil trema
- Postato il 8 dicembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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C’è una nuova generazione di avvocati che sta crescendo ai quattro angoli del pianeta con in testa, ma soprattutto nel cuore, un obiettivo molto chiaro: fare terra bruciata, professionalmente parlando, intorno all’industria fossile. Possiamo chiamarli “avvocati per il clima”. A livello internazionale vengono di solito indicati come climate conscious lawyers.
È un fenomeno che si sta sviluppando su sentieri per certi versi intrecciati con quelli delle climate litigation, le cause climatiche. Quelle che hanno fatto sì che il clima irrompesse nelle corti di giustizia di più alto grado del mondo, come la Corte europea dei Diritti dell’Uomo o la Corte Internazionale di Giustizia. Ma c’è molto di più. Perché l’impatto che avvocati e studi legali hanno sulla società va evidentemente molto al di là delle aule dei tribunali.
Da tempo avevo maturato la convinzione che gli avvocati per il clima potessero diventare un fattore (molto!) rilevante nella lotta alla crisi climatica. Ne sono diventato ancora più convinto, e penso che potrebbe accadere più rapidamente di quanto si possa pensare, dopo aver seguito un evento incredibilmente stimolante organizzato da Lsca-Law Students for Climate Accountability: è l’iniziativa, di cui ho già parlato su questo blog, con cui una rete di studenti di legge statunitensi ha preso a monitorare e valutare le relazioni fra i più grandi studi legali Usa e le società fossili. Il cui business – repetita iuvant – è di gran lunga il principale responsabile del collasso climatico in atto. Checché ne dica la signora Ursula von der Leyen, che oltre a non aver mosso un dito per fermare il genocidio a Gaza se n’è uscita giorni fa con un’affermazione che la dice lunga sul modo totalmente distorto in cui intende la lotta alla crisi climatica: non dobbiamo combattere le fossili, ipsa dixit, ma le emissioni. Per dirla con Al Gore, ci prende per stupidi?
Stendendo un pietoso velo su chi per nostra sciagura ci guida in Europa, l’evento in questione è la zoomathon organizzata da Lsca il 17-18 novembre scorsi in occasione del Global Day of Action for Climate Justice, un’iniziativa lanciata nel 2019 dalla Baroness Hale Legal Clinic della York Law School. Un evento di 25 ore filate, una sorta di giro del mondo virtuale (il programma è recuperabile sull’account Instagram di Lsca) che ha dato voce alle tante iniziative in essere di avvocati per il clima.
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Lsca ha dichiarato che al centro dell’evento c’era la campagna con cui a suon di lettere gli studenti di legge di mezzo mondo, specie di area anglosassone, stanno pressando le organizzazioni di riferimento e le authority di settore (International Bar Association, American Bar Association, la Solicitors Regulation Authority britannica) per chiedere una cosa molto precisa: chiarire le obbligazioni etiche, i doveri degli avvocati non solo verso i propri clienti ma anche verso il pubblico, i tribunali, lo stato di diritto in generale, nel contesto della crisi climatica. Detto altrimenti: cosa devono o non devono, possono o non possono fare gli avvocati nell’era della crisi climatica conclamata? Quanto è ampia la loro libertà di azione? Ci sono dei limiti? E se sì, dove vanno posti?
Le realtà che hanno preso la parola durante l’evento provenivano da Europa, Africa, Nord e Sud America, Sud-est asiatico, Australia. Stanno nascendo studi legali specializzati sull’ambiente e il clima. Esistono già i capitoli di Lsca in Australia e Sudafrica. L’ultimo report curato da LSCA, con la climate scorecard degli studi legali Usa, è il primo con un respiro globale, perché getta lo sguardo su cosa sta accadendo in quest’ambito in altre giurisdizioni: Australia, Canada, Sudafrica e – in Europa – Francia, Germania, Olanda, Uk e anche l’Italia. Di noi il report ricorda che siamo il Paese con di gran lunga il maggior numero di avvocati al mondo, oltre 230mila (dati 2023). Un bacino in cui potrebbero fiorire legioni di avvocati per il clima. E in cui, chissà, potrebbe nascere il prossimo capitolo di Lsca.
Chapeau a studenti come quelli di Lsca. Com’è stato giustamente sottolineato nella zoomathon, ci vuole grande coraggio a sfidare un settore, tra l’altro assai potente e temibile, in cui si spera in futuro di trovare lavoro, lottando perché contribuisca non ad esacerbare la crisi climatica ma a contrastarla. Almeno, però, chi ha deciso che da grande sarà un climate conscious lawyer ha la certezza granitica di stare dalla parte giusta della storia.
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