Altro che superiorità morale, l’Occidente è in crisi e potrebbe non tornare indietro

  • Postato il 3 settembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Nel finale della prima edizione italiana de Il Pasto Nudo (1959), William Burroughs scriveva: “I veterani del passato sconfitti dal tempo grigio della droga se ne ricorderanno. Negli anni Venti un sacco di spacciatori cinesi trovarono l’occidente talmente infido, disonesto, sbagliato che chiusero tutti bottega, e quando un tossicomane occidentale veniva a rifornirsi rispondevano: non avele, venile veneldi, venile veneldi”.

Al di là della sbandierata superiorità morale dell’Occidente, sono secoli che gli altri paesi del mondo guardano all’Europa e all’America come a soggetti inaffidabili, predatori e malvagi. E questo è quello che continua ad accadere ancora oggi, in dimensioni più eclatanti, potendo tutto il pianeta osservare in diretta su internet i massacri in Ucraina, il crollo della legittimazione degli organismi giuridici internazionali, la scomparsa di ogni parvenza minima di morale nel tacere e girare la schiena di fronte al genocidio di Gaza.

La commissaria europea Kallas ha in questi giorni avvisato che le divisioni dei paesi membri rischiano di minare la fiducia nelle istituzioni europee. In realtà non sono le divisioni e i veti reciproci tra paesi aderenti all’Unione a avere spezzato la fiducia dei cittadini, ma la totale divaricazione degli obiettivi e delle decisioni dei rappresentanti politici dagli interessi dei ceti popolari. Quello che sempre più persone vedono è che il discorso democratico con cui sono crescite generazioni di cittadini della vecchia Europa era retorica costruita e propagandata per consolidare e fare crescere un sistema di potere di una oligarchia mossa da intenti incomprensibili e non giustificabili in base a un principio di razionalità collettiva.

Il sostegno alla guerra in Ucraina sta andando di pari passo con l’aumento della crisi dei ceti medi e medio-bassi. In Francia, il deficit finanziario è arrivato a una soglia di non più tollerabilità e le misure draconiane di taglio della spesa proposte dall’esecutivo si scontrano in modo radicale con il continuo finanziamento di armamenti per la guerra. In Germania, il cancelliere Merz prospetta, dopo che gli ucraini han fatto saltare in aria l’infrastruttura che garantiva l’energia a basso costo per la produzione industriale del paese, il ridimensionamento dello stato sociale e il ritorno alla leva militare per i giovani.

In Italia, con il Pil drogato dal Pnnr a meno 0,1% nel secondo trimestre, e quindi in fase di pre-recessione tecnica, la premier Meloni fa esplodere la spesa per le armi a oltre 32 miliardi di cui 13 per armamenti togliendo risorse a pensioni, sanità e spesa sociale. Le contraddizioni sono meno visibili nei paesi baltici e nell’est Europa dove si fa leva sulla paura dell’orso sovietico, ma la vecchia Europa, la culla dei diritti e della democrazia, vive una fase di totale schizofrenia e contraddizione tra ciò che viene propagandato e la realtà.

Per frenare l’aumento di sconcerto e sfiducia si assiste a un ritorno violento di autoritarismo con un accentramento del potere politico in pochissime istituzioni (la commissione europea) e persone (la presidente della commissione, i presidenti degli stati principali, i grandi lobbisti delle armi), e con lo svilimento delle sedi della partecipazione politica – i parlamenti in primo luogo sempre più concepiti come certificatori delle decisioni degli esecutivi. Censure brutali sono ormai all’ordine del giorno nei grandi paesi occidentali. In Germania le manifestazioni contro le politiche di annientamento israeliane sono soppresse con l’uso della forza e gli attivisti pro Palestina sono arrestati mentre in Italia da tre anni si viene accusati di putinismo solo per il fatto di proporre letture di autori russi o eventi musicali o sportivi con rappresentanti della federazione russa.

Il dramma di questa catastrofe, prima ancora che politica, etica e valoriale, è che a perdere rapidamente di credibilità è l’idea stessa di democrazia e poco importa che siano specifiche istituzioni a contraddire i principi democratici perché in una fase storica di massima confusione, fare differenze è un lusso che si possono permettere in pochi. Ciò a cui hanno portato coloro che dovevano gestire l’attuale periodo storico con lungimiranza e equilibrio non è solo la garanzia di una guerra e di una crisi che si inaspriranno nei prossimi mesi in modo devastante. Se anche si dovesse riuscire evitare una catastrofe nucleare, a essere definitivamente defunta è la speranza che i cittadini possano in questo sistema contare qualcosa e che la democrazia sia un istituto che con tutti i suoi limiti garantisce un minimo equilibrio tra i desideri e i bisogni delle persone e le decisioni prese dalla politica.

Ma quando muore questa speranza bisogna essere coscienti che i cittadini non tornano indietro e l’esito è la ricerca di forme di autoritarismo non più malamente camuffato, ma dichiarato a cui affidare le attese di un cambiamento che da soli si percepisce essere impossibile da realizzare. Che in Italia siano stato post fascisti leghisti e Pd a concorrere a questo finale tragico di tramonto della democrazia, è probabilmente ciò che il paese ha meritato.

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Il Fatto Quotidiano

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