Voglio condividere la testimonianza di un balneare: ormai le spiagge sono ostaggio di ricatti e burocrazia
- Postato il 30 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Ricevo e trasmetto volentieri da un amico concessionario di licenza per stabilimento balneare la lettera allegata. Si tratta di una testimonianza importante perché è grazie all’impegno e al sacrificio quotidiano di imprenditori e lavoratori come lui che io e tanti altri possiamo continuare a godere ogni anno delle tante belle spiagge e del bel mare che tutto il mondo giustamente ci invidia. Ma il discorso potrebbe essere esteso a tanti altri settori.
L’Italia è stata a lungo rinomata per l’esistenza di una rete di piccole imprese e di piccoli onesti imprenditori che hanno costituito a ben vedere la vera spina dorsale economica di questo Paese. Un tessuto economico, ma anche culturale e sociale che rischia oggi di cadere vittima della morsa soffocante formata da una burocrazia sorda e cieca, dalla finanza apolide e priva di volto riconoscibile, dalla grande impresa irresponsabile. In una parola da tutti coloro cui non importa nulla del popolo italiano, dato che sono esclusivamente intenti ad accumulare poteri e denaro.
Oggi la normativa europea dettata senza tener conto della realtà in omaggio a ideologie neoliberiste che sono fallite ovunque nel mondo sta per cancellare definitivamente chi ha costantemente ispirato il suo operare al rispetto delle leggi e all’onestà, sia fiscale che di altro genere. Una normativa europea che, come ben sappiamo, è stata dettata dalle lobby nel chiuso delle buie stanze di Bruxelles lontano da ogni trasparenza e da ogni possibilità di controllo e scrutinio popolare. Questo modo di fare politica e di scrivere le leggi va respinto perché rappresenta la negazione di ogni senso di cittadinanza democratica.
Ma veniamo alla testimonianza del mio amico che ritengo estremamente significativa, perché ci parla di un mondo, il nostro, sempre più irrimediabilmente consegnato alla disumana legge della giungla nel segno dell’affermazione dei poteri forti sordamente intenti a promuovere i propri interessi senza nessun riguardo per il bene comune e i diritti dei singoli, si tratti di spiagge, di medicine, di armi o di altro.
Un concessionario regolare costretto a pagare di tasca propria acqua e corrente, a lottare in tribunale per accedere al suo lido e a resistere alla concorrenza sleale. Ora la Bolkestein rischia di cancellare anni di sacrifici.
Dietro la cartolina delle spiagge italiane, tra ombrelloni allineati e sorrisi vacanzieri, si nasconde un’altra immagine: quella di chi, per gestire un piccolo stabilimento balneare, deve ogni giorno combattere contro muri invisibili, ostacoli artificiali e soprusi che hanno il sapore dell’assurdo.
È la storia di un imprenditore che ha ottenuto legittimamente la sua concessione balneare, ma a cui lo Stato ha consegnato, di fatto, un titolo privo di valore: una concessione senza accesso. Per raggiungere il proprio tratto di spiaggia e far passare clienti e fornitori, ha dovuto affrontare cancelli e sbarre imposti da un lido concorrente, pronto a trasformare un diritto in ricatto. Chi voleva entrare, doveva pagare.
Per lavorare, quest’uomo non solo ha dovuto investire nei servizi di base, ma anche intraprendere cause legali costose e logoranti. Un paradosso: invece di aprire ombrelloni e accogliere famiglie, ha dovuto passare anni nei tribunali per difendere ciò che gli spettava per legge.
Come se non bastasse, sul suo cammino ha trovato un’altra barriera: nessun allaccio diretto a acqua e corrente elettrica. Lontani cinquecento metri l’idrico e altrettanti la rete elettrica. Collegarli è costato anni di sacrifici economici, spese che nessuno ha mai rimborsato. Intanto, puntuali, arrivavano tasse e oneri concessori, sempre più pesanti, sempre più difficili da sostenere.
E mentre lui lottava, la concorrenza sleale prosperava indisturbata. Altri stabilimenti, nelle vicinanze, hanno fatto della scorrettezza un metodo di lavoro: prezzi stracciati, abusi tollerati, scorciatoie amministrative. Un mercato falsato, in cui chi rispetta le regole è l’unico a pagare davvero il prezzo più alto.
Oggi, dopo anni di sacrifici e battaglie, sul suo futuro incombe la spada di Damocle della direttiva Bolkestein: un bando al ribasso che rischia di spazzare via, con un tratto di penna, investimenti, speranze e dignità. Perché come si può mettere sullo stesso piano chi ha resistito tra cause legali e sacrifici, e chi invece ha prosperato nell’illegalità?
Questa vicenda non è un caso isolato: è il simbolo di una contraddizione tutta italiana. Lo Stato pretende tasse, sacrifici e rispetto delle regole, ma non protegge chi quelle regole le osserva. E così, mentre la burocrazia strangola, i soprusi crescono. A pagarne il prezzo sono i lavoratori onesti, le famiglie che vivono di questa attività, e un intero pezzo d’Italia che rischia di scomparire.
Dietro una concessione balneare non ci sono solo lettini e ombrelloni: ci sono vite, mutui, debiti e dignità. Ed è questa dignità che oggi, tra cancelli, ricatti e Bolkestein, rischia di essere definitivamente calpestata.
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