Trump, il venditore, vuol tornare all’età dello schiavismo. L’Ue rinuncia a quella della pace
- Postato il 7 marzo 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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di Rosamaria Fumarola
Se qualcuno aveva dei dubbi su cosa intendesse precisamente Donald Trump con quel suo “make America great again” è probabile che un’ idea più precisa, dopo gli ultimi clamorosi fatti che lo hanno visto protagonista, se la sia fatta. I suoi elettori lo hanno votato infatti soprattutto sulla scorta di quella promessa di far ritornare l’America agli antichi fasti, garantendo una nuova età dell’oro.
Trump senz’altro è una figura straniante e non solo per le strategie che adotta. Ci saremmo aspettati da lui una politica spregiudicata, ma le scelte del tycoon sono state piuttosto quelle di un mercante, un venditore il cui unico fine è “piazzare” qualcosa, non diversamente in fondo da un qualsiasi rappresentante di commercio. Come un rappresentante di commercio è disposto a tutto pur di realizzare l’affare e per farlo cambia continuamente le carte in tavola, assicurandosi di non perdere il compratore. Il suo dire tutto ed il contrario di tutto, da perfetto amorale, senza seguire alcuna regola minimamente condivisa in un consesso politico quale quello nel quale opera, può essere compreso solo se lo si inquadra nella categoria delle azioni di un mercante, che in quanto tale persegue solo i propri interessi e lo fa ricorrendo a qualunque mezzo.
Se si pensa al nuovo inquilino della Casa Bianca in questi termini nessuno rimarrà più spiazzato dalle sue iniziative. Persino il suo modo di muoversi fisicamente nei luoghi sacri del potere americano rivela un totale disinteresse per qualsiasi forma di rispetto, perché per Trump nulla è sacro e tutto è solo un passaggio provvisorio attraverso strutture da cui si sente estraneo in quanto tolgono tempo alla sua vera vocazione, che è quella di imbrogliare per fare soldi.
Donald Trump non è interessato al prestigio della carica che ricopre per la seconda volta e non sembra subirne il fascino politico, che di necessità è fatto anche di forma. Appare fuori luogo come lo è quello che dalle nostre parti è un “pezzente arricchito” che ha ben compreso che promettere ad una certa parte dell’elettorato di tornare alla grandezza del passato, gli avrebbe assicurato di vincere per la seconda volta le elezioni. Ma i popoli hanno storie diverse e l’età dell’oro americana non è stata quella dell’Atene di Pericle, anche se questa fu molto più bellicosa di quanto si ami ricordare.
Il passato degli Stati Uniti passa per lo sterminio degli Indiani d’America e della loro cultura, narrata con una certa partigianeria nella moderna Odissea dei film western, al cui racconto abbiamo anche noi voluto credere. La storia americana è anche stata legata a doppio filo allo sfruttamento degli schiavi africani, sfruttamento che ha garantito l’enorme arricchimento del paese. L’americano medio ha probabilmente nostalgia della condizione di superiorità che lo schiavismo garantiva ai bianchi. Lo troviamo magistralmente rappresentato in Mississippi burning un film che ha tra i suoi protagonisti Gene Hackman che ci ha lasciato pochi giorni fa, pellicola nella quale il regista fa dire ad uno dei bianchi poveri e razzisti: “Che uomo sei se tornando a casa dopo il lavoro non hai una donna oppure un negro da picchiare?”.
Sarà questa l’America a cui Trump promette di tornare? E l’Europa, mutatis mutandis, armandosi nuovamente per difendere l’Ucraina, non rischia di dimenticare le ragioni profonde su cui la sua Unione nacque e cioè la creazione di un tempo nuovo in cui a trionfare fosse solo la pace tra i popoli, un’età dell’oro a cui stoltamente sta rinunciando?
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