Tredici ore di lavoro al giorno e la Grecia torna cavia d’Europa. Ma andiamo tutti dalla stessa parte

  • Postato il 17 ottobre 2025
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Come non viene ricordato a sufficienza, dieci anni fa la Grecia fu la cavia delle peggiori sperimentazioni delle politiche di austerità, in obbedienza ai famigerati “Memorandum” imposti, al governo di sinistra di Tsipras, dalla “Troika”, di cui era figura centrale Mario Draghi come presidente della Bce e guida reale il ministro delle finanze della Germania, Schauble.

Ora quel ruolo di sede di sperimentazioni antisociali feroci, la Grecia lo assume di nuovo con il governo di destra di Mitsotakis.

È stata appena approvata dal Parlamento la cosiddetta legge delle “13 ore”, che i sindacati che hanno organizzato due scioperi generali contro di essa, hanno definito “legge schiavitù”. Formalmente questa è una legge per imporre lo straordinario ai lavoratori oltre i limiti attualmente previsti, quattro o cinque ore di lavoro in più al giorno per un massimo di 13, per 37 giorni all’anno. Quindi circa 150 ore di lavoro in più, pagate con una maggiorazione del 40% rispetto alla normale retribuzione. Il messaggio del governo greco è esplicito: sappiamo che le retribuzioni sono basse, ora vi diamo un modo di aumentarle, lavorando di più. Sì perché questo straordinari formalmente saranno volontari, ma come giustamente hanno chiarito i sindacati saranno le aziende a decidere e a imporli a chi e quando vogliono.

È chiaro che tredici ore di lavoro al giorno sono un attentato alla salute e alla vita dei lavoratori, e che il fatto che possano essere approvate per legge a circa duecento anni dall’inizio della lotta contro le dodici ore di lavoro giornaliere, ci conferma a che punto sia disposto a regredire il sistema capitalista liberista, pur di mantenere inalterati i profitti.

La decisione del governo greco sembra oggi un’enormità, ma avviene nel contesto di politiche europee che vanno nella stessa direzione. Bayrou, uno dei tanti capi di governo dimissionari di Macron, pochi mesi fa aveva proposto di abolire in Francia due festività e trasformarle in giornate lavorative. In Germania il cancelliere Merz annuncia la necessità di aumentere l’orario di lavoro nel paese ove i metalmeccanici avevano conquistato le 35 ore. Victor Orban in Ungheria si è mosso prima, con una legge che imponeva 400 ore di straordinario obbligatorie all’anno senza la certezza della retribuzione. Anche questa è stata definita legge schiavitù, ma la Corte Costituzionale ungherese nel 2021 l’ha bocciata.

Prima ancora, nel 2003 il governo Berlusconi con la legge 66 aveva permesso 250 ore di straordinario all’anno, che ancora sono in pieno vigore da noi. Ma soprattutto nello stesso anno è stata la Commissione Europea rendere perfettamente legali in tutta l’Unione le 13 ore di lavoro al giorno. Con la Direttiva 88 del 2003 l’Unione Europea ha stabilito che l’orario settimanale MEDIO-MASSIMO sia di 48 ore alla settimana, con quattro settimane di ferie obbligatorie, il che vuol dire un orario massimo annuale di di 2304 ore, superiore a quello di reale di qualsiasi paese europeo.

La Ue quindi con una finta regolazione degli orari, ha in realtà aperto la via ad elevarli. Le 13 ore nascono allora.

La stessa direttiva infatti stabiliva che non si possano mai effettuare meno di 11 ore di riposo al giorno, e che sia obbligatorio un giorno festivo a settimana. Il che vuol dire che per la Ue sono assolutamente lecite giornate di lavoro di 13 ore, teoricamente fino a 78 ore settimanali. Purché poi l’orario medio, nel tempo di quattro mesi, si stabilizzi a 48 ore settimanali. È la flessibilità europea, bellezza!

Cresce l’orario settimanale di lavoro e si innalza l’età della pensione, cioè aumenta il tempo di lavoro nella vita. Anche questa è una tendenza generale e l’Italia oggi è tra i paesi che hanno fatto di peggio. Per salvarsi Macron ha sospeso l’innalzamento dell’età pensionabile da 62 a 64 anni, in Italia stiamo per avere un nuovo scatto che ci avvicina ai 68 anni, mentre già si intravvedono i 70.

Le 13 ore decise dal governo greco dunque non cadono come un fulmine improvviso, ma sono la parte estrema e brutale di una tendenza del capitalismo neo liberale che grazie, alla trucco della flessibilità, sta riportando l’orario di lavoro a condizioni ottocentesche. Le politiche combinate di austerità e di massima riduzione del costo del lavoro sono giunte ai loro estremi devastanti per la condizione dei lavoratori e per la stessa società; le tredici ore di lavoro e le pensioni irraggiungibili sono il loro ultimo prodotto, ma altri orrori arriveranno se quelle politiche non verranno rovesciate.

Qualche controtendenza già s’intravvede, ci sono paesi del nord Europa dove si sperimenta la settimana di quattro giorni con 35/36 ore settimanali. La via giusta è questa e bisogna arrivare alle 32 ore di lavoro su quattro giorni. L’enorme accumulo di produttività del lavoro, anche con le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale, non va sequestrato dal profitto, ma va redistribuito con la riduzione drastica dell’orario di lavoro.

La lotta per ridurre gli orari deve ridiventare centrale nel conflitto sociale, la legge greca ci dice dove vogliono arrivare se quella lotta non riprende con grande forza.

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Il Fatto Quotidiano

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