Radiohead, il sistema cervellotico dei biglietti ha penalizzato i fan veri

  • Postato il 15 settembre 2025
  • Blog
  • Di Il Fatto Quotidiano
  • 1 Visualizzazioni

I Radiohead tornano a far discutere, ma non per un nuovo album né per una scelta artistica. A dividere, questa volta, è il sistema con cui hanno gestito la vendita dei biglietti per il tour 2025. Una procedura presentata come modello di equità e trasparenza che invece ha generato caos, frustrazione e accuse di opacità. Migliaia di fan, in Italia come altrove, si sono sentiti presi in giro da un meccanismo che avrebbe dovuto garantire ordine e rispetto. Non è un caso circoscritto: riguarda l’intero sistema dei live e il modo in cui le band costruiscono la propria immagine. Nei consueti nove punti di questo blog voglio analizzare la vicenda.

Cominciamo.

1. Il mito della band etica
Non solo una band, ma un laboratorio di idee: sperimentazioni tecnologiche, scelte coraggiose, perfino l’uscita di In Rainbows con la formula “pay what you want”, che nel 2007 fece il giro del mondo. Questo atteggiamento ha reso i Radiohead un simbolo di trasparenza e innovazione in un’industria dominata dal profitto. Una reputazione che ha alimentato l’idea dei Radiohead come band “coerente”, lontana dalle logiche del puro business.

2. La trafila della registrazione
Per accedere alla vendita dei biglietti era necessario registrarsi dal 5 al 7 settembre. Una trafila presentata come strumento di equità, con l’obiettivo di difendere i fan reali da bot e bagarini. In realtà il sistema si è rivelato fragile: la registrazione non garantiva l’acquisto, ma solo l’eventuale ricezione di un codice di accesso. Chi non si iscriveva restava escluso in partenza, mentre chi lo faceva si ritrovava in una sorta di limbo. Già qui la promessa di trasparenza ha cominciato a incrinarsi.

3. L’opacità dei criteri
Le testimonianze hanno rivelato una realtà incoerente. Utenti collegati dallo stesso computer hanno avuto esiti opposti: uno ammesso, l’altro escluso. C’è chi è riuscito ad accedere subito e chi è rimasto bloccato per ore in coda virtuale. Altri si sono visti rifiutare l’accesso senza spiegazioni. L’impressione diffusa è stata quella di un algoritmo opaco, capace di produrre esiti casuali. Un meccanismo che, invece di dare fiducia, ha fatto percepire l’acquisto come una lotteria.

4. Le testimonianze di massa
Il malcontento non è rimasto confinato a singoli casi. In Italia e all’estero migliaia di persone hanno raccontato di codici mai ricevuti, errori tecnici e procedure interrotte. Wired e Rolling Stone hanno raccolto decine di segnalazioni, confermando che non si trattava di incidenti isolati. Sui social i thread di fan esasperati si sono moltiplicati, rendendo evidente che la promessa di equità era stata tradita. Non più un difetto tecnico, ma un problema sistemico che ha minato la fiducia.

5. Una seconda possibilità
Dopo giorni di proteste, è arrivato l’annuncio di una “seconda finestra”. Pare che non sarà una vendita generale, ma un resale riservato a chi si era registrato tra il 5 e il 7 settembre. Una toppa che non ricuce: conferma l’idea di un sistema chiuso e poco trasparente. Per Bologna la piattaforma sarà Ticketmaster.it, dal 13 ottobre, con biglietti al prezzo facciale, cioè quello originale senza rincari. Questo è l’unico dato certo. Resta invece l’ambiguità sul destino di chi non si era registrato, mai citato apertamente ma di fatto escluso.

6. Ticketmaster al centro
La band ha motivato l’intero sistema con la necessità di contrastare bagarini e bot, un obiettivo legittimo ma realizzato con mezzi discutibili. Nel tentativo di alzare barriere agli speculatori, si è costruito un apparato che ha finito per penalizzare soprattutto i fan veri. Intanto, i biglietti paralleli non sono spariti: continuano a comparire online a prezzi gonfiati.

7. Libertà di scelta negata
Un aspetto quasi ignorato riguarda la possibilità di scegliere la sede del concerto. Diversi fan avevano indicato date all’estero, ma il sistema li ha assegnati “d’ufficio” a Bologna. Non hanno potuto decidere liberamente la città, neppure pagando di tasca propria un viaggio. Chi voleva trasformare il live in un’esperienza diversa, magari con amici fuori dall’Italia, si è ritrovato senza opzioni. Non solo l’accesso ai biglietti era limitato, ma persino la destinazione è stata imposta dall’alto.

8. Il prezzo della coerenza
Si sono presentati a lungo come band lontana dalle logiche del mercato e attenta ai fan. Eppure nel 2025 spuntano anche per loro i pacchetti vip: prezzi alti e trattamenti speciali, proprio come nel mondo delle pop star, da Taylor Swift in giù. È un dettaglio che pesa perché mostra quanto sia fragile quella presunta diversità. Un gesto apparentemente secondario che però basta, da solo, a incrinare la distanza che continuano a rivendicare come tratto identitario.

9. L’immagine che si incrina
La retorica della trasparenza e dell’etica, motore della loro identità pubblica, qui va in frantumi. Il sistema dei biglietti non ha tutelato i fan: è servito solo a generare hype e a blindare il marchio. Così i Radiohead finiscono per sembrare persino peggiori del sistema che dicono di combattere. È molto semplice: stavolta, l’hanno fatta fuori dal vaso.

Come sempre chiudo questo spazio con una connessione musicale: una playlist dedicata, disponibile gratuitamente sul mio canale Spotify — la trovi qui sotto.
Se vuoi aggiungere la tua voce alla discussione, puoi farlo nei commenti o passare dalla mia pagina pubblica su Facebook, collegata a questo blog. È lì che il confronto prosegue, tra post, repliche e nuove suggestioni. E credimi: se ne leggono di tutti i colori.

9 canzoni 9 … coerenti

L'articolo Radiohead, il sistema cervellotico dei biglietti ha penalizzato i fan veri proviene da Il Fatto Quotidiano.

Autore
Il Fatto Quotidiano

Potrebbero anche piacerti