“Sei druso?” e gli sparano: in Siria decine di esecuzioni di forze governative e gruppi affiliati

  • Postato il 15 settembre 2025
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Il 15 luglio un uomo in abiti civili è seduto all’ingresso di una scuola del villaggio di Tha’la, nell’entroterra di Suwayda, Siria meridionale. Viene interrogato da tre uomini armati in uniforme militare muniti di fucili di tipo AK. Gli chiedono “Sei musulmano o druso?” L’uomo risponde che è siriano. Glielo chiedono una seconda volta e questa volta risponde “druso”. Gli sparano e lo uccidono. Gli assassini, in varie uniformi comprese quelle nere della Sicurezza generale, erano entrati nel villaggio con carri armati ed altra artiglieria pesante poche ore prima.

Questa è una delle numerose prove, basate su testimonianze dirette o su video verificati, delle uccisioni di decine di civili appartenenti alla minoranza drusa, intorno alla metà di luglio. Su 46 di queste uccisioni (44 uomini e due donne) Amnesty International ha redatto un rapporto, che invano ha chiesto alle nuove autorità di Damasco di commentare.

Tra l’11 e il 12 luglio la crescente tensione tra gruppi armati drusi e combattenti delle tribù beduine è sfociata in scontro aperto. Il 15 luglio le forze governative sono entrate nella città di Suwayda per, secondo le dichiarazioni ufficiali, “ripristinare la stabilità” e hanno imposto il coprifuoco. Il giorno stesso Israele ha lanciato attacchi aerei contro veicoli militari siriani, uccidendo almeno 15 appartenenti alle forze governative. Le notizie di violazioni dei diritti umani commesse dalle forze governative e da gruppi loro affiliati hanno rinfocolato gli scontri coi gruppi armati drusi in un crescendo di violenza, terminata solo col ritiro delle forze governative la notte del 16 luglio.

Le 46 esecuzioni extragiudiziali documentate da Amnesty International sono state commesse a Suwayda o nei suoi dintorni, il 15 e il 16 luglio, dopo che le forze governative erano entrate in città e avevano dichiarato il coprifuoco e prima del loro ritiro.

Il 22 luglio il ministro della Difesa ha dichiarato di essere a conoscenza che “nella città di Suwayda ci sono state gravi e scioccanti violazioni commesse da un gruppo sconosciuto [il corsivo è mio] che indossava uniformi militari”. Due mesi prima, il 23 maggio, lo stesso ministro della Difesa aveva annunciato che i principali gruppi armati precedentemente operanti in Siria erano stati integrati nelle forze armate e che ai restanti gruppi minori erano stati dati dieci giorni di tempo per adeguarsi: in caso contrario, sarebbero stati presi duri provvedimenti.

Secondo le prove raccolte da Amnesty International, gli uomini coinvolti nelle esecuzioni extragiudiziali indossavano vari tipi di abbigliamento: uniformi militari identificabili dai colori beige o verde oliva delle mimetiche, abiti civili con sopra giubbotti militari, uniformi di colore nero compatibili con quelle indossate dalle forze di sicurezza, in alcuni casi con l’emblema “Sicurezza generale”.

La maggior parte degli uomini in uniforme militare o della sicurezza visibili nei video e nelle fotografie verificati da Amnesty International non indossava emblemi identificabili. Tuttavia, l’organizzazione per i diritti umani ha controllato video in cui appaiono uomini armati in uniforme, privi di emblemi ma a bordo di camion su cui è molto visibile il logo del ministero dell’Interno, nonché uomini armati che indossano varie uniformi, alcune con e alcune senza emblemi governativi chiaramente visibili, che agiscono congiuntamente subito dopo un’esecuzione avvenuta all’interno dell’ospedale nazionale.

Su almeno quattro uomini in uniformi militari, che appaiono in video verificati da Amnesty International, è visibile la pezza con la dichiarazione di fede islamica, un simbolo comunemente associato allo Stato islamico. Tuttavia, questo gruppo armato non ha rivendicato né ha commentato gli attacchi nella provincia di Suwayda. Tre dei quattro uomini, uno dei quali indossa un’uniforme nera, sono ripresi in un video insieme alle forze di sicurezza siriane.

Amnesty International ha anche individuato due fotografie, scattate a gennaio e a maggio del 2025, in cui membri delle forze armate e delle forze di sicurezza siriane portano la stessa pezza.

Il 31 luglio il ministro della Giustizia ha istituito una commissione per indagare su quanto accaduto e chiamare a risponderne i responsabili. Amnesty International ha chiesto che l’indagine sia tempestiva, indipendente, imparziale e trasparente.

Purtroppo, dopo le uccisioni illegali di centinaia di civili appartenenti alla minoranza alauita e la continua mancanza di giustizia, la violenza contro un’ulteriore minoranza, stavolta quella drusa, ha devastato un’altra comunità, ha aperto la strada a nuovi disordini e ha minato la fiducia nella volontà del governo di fornire verità, giustizia e riparazione a tutte le persone che, in Siria, hanno subito decenni di crimini di diritto internazionale e altre violazioni dei diritti umani.

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Il Fatto Quotidiano

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