Porti siciliani, la pesca artigianale resta fuori rotta: ora servono risposte verificabili

  • Postato il 4 settembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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L’Autorità di Sistema Portuale della Sicilia Occidentale ha una nuova guida: Annalisa Tardino, ex eurodeputata della Lega, che a Bruxelles si è fatta paladina dei pescatori. Oggi, però, sedendo sulla poltrona da cui si decidono i destini di Palermo, Trapani, Termini Imerese e Porto Empedocle, non basteranno i comunicati stampa: la misura sarà data da fatti concreti.

Negli ultimi anni, l’Autorità di Sistema Portuale, il quinquennio di Pasqualino Monti, ha avviato un’operazione di lifting urbano che ha restituito alla città di Palermo aree storiche, ma che ha lasciato inevasa una questione cruciale: i pescatori artigianali.

Il piano di trasformazione presentato e narrato come epocale è consistito in un imponente sforzo economico: oltre 400 milioni di euro distribuiti fra Palermo, Trapani, Termini Imerese e Porto Empedocle, con il cuore pulsante nel capoluogo di Regione, dove 72 milioni sono stati destinati al Molo Trapezoidale per il progetto Palermo Marina Yachting, 40 milioni alla nuova stazione crocieristica, ulteriori risorse al recupero della Cala e al restyling di Sant’Erasmo, mentre a Trapani i dragaggi, stanziati con 67,5 milioni del Pnrr, sono stati effettivamente avviati nel dicembre 2023 e – secondo le autorità locali – oggi sono ormai quasi completati, senza interruzioni. I fanghi sono stati trattati come ‘non pericolosi’ in un impianto mobile a Porto Empedocle.

Resta aperta una questione delicata: un’inchiesta ha evidenziato potenziali irregolarità nella gestione del materiale dragato, con sequestro di un’area e accertamenti in corso. Dal giugno 2025, Termini Imerese dispone di un terminal container pienamente operativo, affidato a Portitalia, pensato per scaricare il traffico commerciale da Palermo grazie anche allo status di ZES. Inoltre, l’AdSP ha deciso di ridurre i diritti portuali fino al 60% per incentivare le attività mercantili. Quanto a Porto Empedocle, resta uno snodo cruciale per i traffici commerciali, con concessioni demaniali in evoluzione che suggeriscono una gestione infrastrutturale attiva.

In questa grande narrazione di modernità la pesca artigianale è rimasta un convitato di pietra. Per loro il piano Monti ha previsto un progetto di riqualificazione del Mercato Ittico e qualche ordinanza contro l’ormeggio abusivo, nulla di più. Il Mercato Ittico di Palermo, in particolare, pur inserito negli accordi tra Comune e Autorità portuale, non è mai diventato cantiere operativo, i box per la prima vendita, le celle frigo e i servizi per il fresco sono rimasti sulla carta, alla Cala non è stata predisposta alcuna planimetria che riservi posti barca ai pescherecci, i corridoi logistici per lo sbarco del pescato non esistono. Nessun posto barca dedicato, nessuna garanzia di accesso h24, nessun piano di convivenza tra la pesca professionale e le nuove funzioni turistiche.

Tutto questo avviene nonostante la Sicilia si sia dotata nel 2019 di una legge regionale avanzata, la n. 9, che impone infrastrutture per la pesca artigianale, mercati del pescatore, aree di sbarco dedicate, co-gestione con i Co.GE.PA. e i Comuni marinari, un registro delle identità dei borghi costieri, strumenti concepiti proprio per impedire che la pesca mediterranea venisse marginalizzata, ma rimasti lettera morta nei piani portuali. In sei anni nessuno ha preteso che queste norme fossero rispettate.

Se la riqualificazione della Cala di Palermo ha privilegiato iniziative commerciali o turistiche a discapito dei porti pescherecci, ciò contrasta con l’art. 1 e 2 della L.R. 9/2019, che tutela la pesca artigianale e prevede infrastrutture per essa (porti, luoghi di sbarco, mercati). Ogni utilizzo alternativo delle infrastrutture portuali (es. libera fruizione dei moli, installazione di barriere, concessioni litoranee per chioschi) deve rispettare, infatti, il vincolo che la pesca professionale non venga danneggiata, per via della circolare regionale che richiama il principio di compatibilità e la rigida applicazione della legge sulla pesca regionale.

Risultato: un patrimonio di cultura e lavoro condannato all’invisibilità. Intanto la flotta artigianale invecchia, i giovani mollano, la filiera del fresco arretra sotto la pressione della concorrenza estera e del peso burocratico. La nuova guida dell’Autorità eredita quindi un nodo irrisolto: i porti siciliani stanno diventando vetrine turistiche e hub crocieristici, ma perdono la loro funzione primaria di infrastrutture di lavoro per la pesca.

Senza servizi dedicati e filiere locali, la pesca artigianale arretra, i giovani per questi mestieri spariscono e le comunità marinare si svuotano. Ecco allora la domanda alla nuova commissaria: intende attuare la legge o replicare la stessa liturgia degli annunci? Il Mercato Ittico di Palermo, atteso da decenni, ha un cronoprogramma pubblico? Gli spazi alla Cala saranno regolati per garantire i pescherecci e non solo yacht e movide?

Per questo servono risposte verificabili. Entro 6 mesi devono essere pubblicati: il cronoprogramma del nuovo Mercato Ittico di Palermo, la planimetria dei posti barca riservati alla pesca artigianale, lo stato di avanzamento dei dragaggi a Trapani con date di consegna. Non si tratta di opinioni, ma di obblighi già scritti nella legge regionale. In altre parole, sei mesi non è un periodo arbitrario, servono a passare dalle parole ai documenti ufficiali.

In più, sei mesi è anche il tempo che separa l’avvio di un incarico dalla prima vera verifica pubblica: dopo mezzo anno non si può più parlare di “fase di studio”, perché i progetti sono già stati avviati dal predecessore e le risorse sono già disponibili. Quindi il termine funziona come benchmark di trasparenza: non misura la fine dei cantieri, ma la volontà politica di dare attuazione concreta alla L.R. 9/2019.

Se tra sei mesi questi dati non saranno pubblici e verificabili, si potrà dire che la pesca artigianale in Sicilia occidentale resta fuori dal perimetro della politica portuale. E a quel punto, più che di infrastrutture, bisognerà parlare di rimozione deliberata.

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