Olive Senior, nel momento in cui sbarchi io mi faccio isola (Traduzione di Stella Sacchini)
- Postato il 3 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Olive Senior è poetessa, scrittrice di short story e giornalista militante caraibico-canadese, di lingua inglese. Vive e lavora tra Giamaica e Canada. Se la sua geografia esistenziale è doppia, la sua poesia è impregnata della luce, delle spezie, dei colori dei Caraibi. Ma con prospettive al di là dei confini identitari. Nelle sue poesie, il tessuto lirico presenta – sottopelle – riferimenti all’ordinario, al quotidiano, a un mondo familiare fatto di cose piccole. Il tono è colloquiale, asciutto, sobrio. Una poesia che si tocca, che lavora nel tempo, dentro. Una poesia composta, che non ostenta, non si mette in mostra.
Il critico Michael Dash, recensendo Gardening in the Tropics, parla di parentela con Jean Rhys ed Elizabeth Bishop. Con Rhys, sostiene, la Senior avrebbe in comune una certa concezione dell’arte poetica, che non è arte eletta, superiore per nascita; una concezione pervasa dal sentimento del dubbio. Sull’affinità con la Bishop, Dash dice: “Si percepiscono un’imperturbabilità e una compostezza simili… anche quando la loro poesia ha a che fare con argomenti tra i più duri e sconvolgenti”.
Scrivendo della travagliata realtà dei Tropici, Olive Senior esibisce una chiarezza, una serenità, un equilibrio che forse le vengono dalla distanza e dalla solitudine. Tratta delle istanze morali del colonialismo, della crisi ambientale causata dalle monoculture, della deforestazione, eppure tocca ogni tema con un senso dell’umorismo talmente raffinato da rendere il tono della scrittura sempre rilassato, mai sopra le righe.
S. S.
***
Meditazione sul giallo
(da Gardening in the Tropics, Insomnia Press 1994)
Il giallo dei Caraibi visto dalla Giamaica
alle tre del pomeriggio
Gabriel García Márquez
1
Alle tre del pomeriggio
siete sbarcati qui a El Dorado
(ché il calore genera oro e
infiamma il cervello)
Se lo avessi saputo vi avrei
preparato tè di citronella
e arsenico
ma allora eravamo pacifici
candidi nell’alba gialla della nostra innocenza
così in cambio di un filo d’isole
e due continenti
ci avete dato un filo di perline
e qualche sonaglietto
e fin qui poteva pure starmi bene
perché non ho mai voluto possedere cose
E comunque preferisco il rame
il cui odore piace a Yucahuna nostro signore
ad Attabeira nostra madre
Solo che rame e oro battuti nella guanina
forgiati nei pendenti solari prediletti dai nostri stregoni
vi hanno ingannato convincendovi che avevamo oro puro
(non siete stati gli ultimi a essere ingannati dalla nostra patina)
Quanto all’argento
trovo quel metallo un po’ freddo
Le riserve delle nostre miniere
ve le avrei lasciate prendere in cambio di un solo specchietto
per catturare e trattenere i raggi del sole
Mi piace aprirmi
alle possibilità
del giallo
fulmine che colpisce
magari mentre sorseggiate tè
alle tre del pomeriggio
un po’ incontinenti
malgrado le vostre vaste tenute
(ma ho notato soddisfatta
che malgrado la nostra pelle avesse un colore diverso
il nostro piscio aveva esattamente lo stesso punto di giallo)
Ho sperato che capiste
per improvvisa illuminazione
che noi non eravamo le Indie
né il Catai
Nessun Pericolo Giallo qui
però dopo il vostro arrivo
una gran quantità di banane
arance
canna da zucchero
Ci avete dato queste cose in cambio dei nostri
mais
ananas
guava
– da quel punto di vista
lo scambio è stato equo
Ma era l’oro
che avevate in mente
d’oro la luce
nei vostri occhi
d’oro la corona
della Regina di Spagna
(che aveva una figlia)
d’oro il prezzo
della vostra vita
la gloria suprema
le porte del paradiso
l’altare dorato
(che ho visto a Siviglia
cinquecento anni dopo)
Per quanto non potessi far a meno di notare
(e la cosa mi riempiva di paura):
d’argento erano le vostre armature
d’argento la croce del vostro Signore
d’argento l’acciaio dei vostri volti
d’argento il riflesso delle vostre spade
d’argento la pallottola che mordo
Dorata la maca
l’erba
che segna il nostro passaggio
gli unici superstiti
sul suolo striato di giallo
Eravamo Gli Indiani Buoni
Gli Indiani Rossi
Gli Indiani Morti
Non eravamo dorati
Avevamo una tonalità troppo bruna.
2
In qualche hotel
con vista sul mare
potete prendervi un tè
alle tre del pomeriggio
servito da me
pelle bruciata come un toast
(di questo la direzione si scusa)
ma ho viaggiato a lungo
per mare sotto il sole cocente
ho sgobbato nei filari di canne
per il vostro zucchero
ho fatto maturare chicchi di caffè
per la vostra pausa mattutina
ho indugiato sul molo
mentre caricavo le vostre banane
ho sfacchinato negli aranceti
per la vostra marmellata
ho sbucciato zenzero
per le vostre salse
ho tritato gusci di cacao
per le vostre barrette di cioccolato
ho estratto alluminio
per la vostra stagnola
E proprio quando pensavo
di prendermi una pausa
e versarmi
– qualcosa di rilassante
come tè di citronella e limone –
ritagliarmi dieci minuti
in cucina
prendermene cinque
ecco che arriva un nuovo gruppo
di persone
a sdraiarsi a culo nudo al sole
e vuole oro sul corpo
treccine fra i capelli
con perline – anche sonaglietti
Così gli servo
caffè
tè
brodo di gallina
rum
birra Red Stripe
ganja
Gli faccio file di treccine fra i capelli
con le mie perline
Ma non gli basta, vogliono di più
chi lo vuole forte
chi lo vuole lungo
chi lo vuole nero
chi lo vuole verde
chi le vuole dread
Non per fare l’attaccabrighe
ma ve lo devo dire: guardate
ora sono stufa
Vi ho dato l’oro
vi ho dato la terra
vi ho dato la brezza
vi ho dato le spiagge
vi ho dato la sabbia gialla
vi ho dato i cristalli dorati
Ma a un certo punto
(anche se non sono sgarbata)
ve lo devo dire: prendere
o lasciare
non posso darvi più niente
Perché un giorno prima di morire
dopo cinquecento anni di schiavitù
ho bisogno di uscire
dalla cucina e andare in veranda
per godermi da lassù il Mar dei Caraibi
bere tè vero
con miele e limone
mangiare pane (appena tostato, bene imburrato)
con marmellata di arance di Siviglia
Voglio il mio sballo
in quel giallo delle tre
Voglio sentire che
per quanto sia vostro
il servizio da tè d’argento
la patena dell’eucarestia
i tropici
non sono più vostri
Voglio sentire
che non potete portarmi via
il sole che ogni giorno passa di qua
per fare due chiacchiere
Voglio sentire che
non potete impedire
alla Maca Gialla di spuntare
dal suolo per ricordarci
cos’è seppellito lì sotto
Non potete impedire
a quelle ragazze di strada
quelle streghette
Allamanda
Cassia
Tabebuia Rosa
Pioggia Dorata
di mettersi in bella mostra ovunque
Voglio sentire:
non potete strapparmi il canto
dalla gola
non potete cancellare la memoria
della mia storia
non potete prendere
il mio ritmo
(perché con quello
bisogna nascerci)
non potete comprendere
la magia
delle anaconde che si trasformano in fiumi
come il boa
amazzonico che danza nel mio giardino
inarcandosi in arcobaleno
(e non ho bevuto nemmeno
un goccio – ancora)
Non potete ribaltare
il lamento di Bob Marley
che mi dà questo sballo
nel caraibico giallo
alle tre in punto
da un giorno all’altro.
***
Olive Senior (Troy-Trelawny, Giamaica 1943) ha pubblicato diverse raccolte di poesie fra cui: Talking of Trees (1986), Gardening in the Tropics (1994) e Over the roofs of the world (2005) e Shell (2007). È poi autrice di tre raccolte di short-story: Summer Lightning (1986), che ha vinto il Commonwealth Writers Prize nel 1987 come miglior libro, Arrival of the Snake-Woman (1989) e Discerner of Hearts (1995). Ha anche scritto testi di non-fiction sulla cultura caraibica, tra cui: A-Z of Jamaican Heritage (1984) e Working Miracles: Women’s Lives in the English-Speaking Caribbean (1991).
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