È la lotta pacifica quella che dà risultati. Vale anche per i cortei di Torino e per i (pochi) vandalismi

  • Postato il 3 ottobre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Un monitor di 80 pollici fatto cadere e andato in frantumi. Tavoli e sedie rovesciati. Due o tre fari a batteria danneggiati. Alcune scritte con lo spray sui muri. Un video wall danneggiato, riparabile. Questo il bilancio dei danni provocati dalla irruzione di un gruppo di manifestanti nelle OGR (ex officine grandi riparazioni) luogo di eventi main stream a Torino, la sera prima della convention che ospita Bezos e Von der Leyen. La stima attendibile l’ho raccolta intervistando un dipendente di una ditta che gestisce l’allestimento dell’evento. A suo parere potrebbe trattarsi di un danno attorno ai 7 mila euro su un valore totale di probabilmente 50 volte superiore. Comprensibilmente vuol restare anonimo, non sia mai che si creino problemi con l’assicurazione. È

Comincio da questo punto le mie riflessioni fatte oggi durante la manifestazione davvero molto grande di Torino, analoga più o meno a quella delle altre grandi città. Com’era prevedibile, anzi scontato, le testate cittadine hanno dato un rilievo spropositato alla gravità o importanza (a seconda dei punti di vista) della irruzione e delle sue conseguenze. Vetrine rotte che hanno più spazio che i massacri. Questo tipo di…. non le chiamerei forse neanche violenze ma danneggiamenti e vandalismi hanno dimensioni concretamente molto relative e leggere se paragonate a quanto accade normalmente nelle piazze francesi in occasione di qualunque protesta (non parlo neanche degli anni 70 perché non c’è paragone possibile.)

Ho parlato con qualche ragazzo e ragazza in proposito e tutti concordano su questi due punti: che si tratta di episodi sopravalutati o strumentalizzati a livello mediatico e che si tratta di pratiche negative, da evitare perché “proprio perché stiamo protestando contro un genocidio dobbiamo farlo in modo pacifico“. Alla lunga è la lotta pacifica quella che dà più risultati. Ho suggerito di fare lettere aperte, post, appelli in cui siano gli studenti stessi a chiedere ai loro compagni di rispettare l’impostazione pacifica.

E’ stato per me molto interessante fare agli studenti una domanda banale ma insidiosa: perché secondo voi succede quello che succede a Gaza? I più politicizzati mi hanno risposto che si tratta di imperialismo e colonialismo. Potenze economiche e militari contrarie all’emergere di popoli più deboli. E ancora: interessi della industria delle armi. Qualcuno più precisamente informato ha aggiunto i problemi cioè gli interessi di Netanyahu. Sono interessanti però anche le risposte di chi non è avvezzo a usare un linguaggio politico: “Perché ci sono conflitti antichi e qualcuno sbagliando pensa di risolverli con la violenza”; “Perché l’essere umano al fondo è stupido”. Mi sono dichiarato abbastanza d’accordo.

Tornando a una analisi più generale della giornata, credo che le manifestazioni abbiano pesato più degli scioperi. Lo sciopero era per molti motivi improbabile, innanzitutto perché è la rinuncia a una giornata di busta paga, e in alcuni casi mette il lavoratore in difficoltà con i propri assistiti, o clienti. A maggior ragione si può e deve plaudire a chi ha scioperato, ma ovviamente sapendo che su 19 milioni di lavoratori dipendenti saranno stati una minoranza.

Comunque i primi in Europa. In nessun altro paese europeo credo si sia scioperato per Gaza. L’attenzione va portata sulle manifestazioni. Non violente ma incisive. “Un corteo che non blocca niente non se lo fila nessuno”.

La questione è quella di trovare un equilibrio tra la spinta a incidere il “blocchiamo tutto”, i principi non violenti e il tema del consenso. Non mi riferisco alle considerazioni che trovo volgari sul rischio che “se la sinistra parte da Gaza perde voti” (tra l’altro chi parte da Israele ne perde anche di più). Mi riferisco alla necessità di essere efficaci nello spingere il governo italiano e quelli europei a mettere effettivamente sotto pressione Israele, in particolare nei prossimi giorni quando con tutta evidenza il piano Trump non funzionerà. E’ bello pensare che questo dibattito su come essere efficaci sia o possa essere nelle mani nella testa nelle parole di decine o centinaia di migliaia di persone, soprattutto giovani.

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Il Fatto Quotidiano

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