Non solo musica, anche arte. L’estetica proto-digitale dei Kraftwerk in una galleria romana 

Un’estetica proto-digitale invade gli spazi di Indipendenza Studio, suggestiva galleria romana nota per non nascondere il suo vissuto di appartamento liberty di Primo Novecento dietro una cortina da white cube; ma, al contrario, per mostrarlo apertamente, facendone un punto di forza nel presentare solo una parte dello spazio ristrutturata e lasciando l’altra volutamente “nuda”, sguarnita, scarna, insomma ad uno stato originario. 

L’installazione audio-visiva di Ralf Hütter a Indipendenza Studio di Roma 

Proprio per la sua connotazione spazio-temporale, Indipendenza Studio è la location ideale per accogliere Kraftwerk – The man Machine, l’installazione audio-visiva site specific di Ralf Hütter (Krefeld, 20 agosto 1946), storico fondatore, insieme a Florian Schneider, dei Kraftwerk; non solo una band ma proprio unprogetto elettronico multimediale, nato sul finire degli Anni Sessanta a Düsseldorf, per rappresentare soprattutto attraverso una musica innovativa, elettronica e sperimentale, la modernità globale mass-tecnologica. Un periodo in cui in Germania imperava ancora un assordante senso di vuoto, retaggio della Seconda Guerra Mondiale, spazio fisico e mentale che i creativi interpretarono come opportunità per dare vita a qualcosa di nuovo. Così nel leggendario Kling Klang, studio elettronico aperto nel 1970, realizzarono alcuni degli album più noti della loro parabola musicale, come Autobahn 1974, The Robots 1978 e Computerworld1981.

La ricerca (da sempre) multidisciplinare dei Kraftwerk

La poetica e la pratica artistica dei Kraftwerk è stata sempre multidisciplinare, dal momento che come spiega Ralf Hütter, ultimo esponente del gruppo: “non abbiamo mai sentito l’esigenza di fare delle distinzioni, per noi l’elemento visivo, artistico è sempre andato di pari passo a quello sonoro, partendo dal presupposto che anche il suono ha una sua forma. In mostra, grafiche e video, realizzate da me e Florian Schneider, si possono leggere proprio come immagini che rendono visibile la dimensione sonora del movimento. Abbiamo lavorato in modo multimediale fin dall’inizio, dalla fine degli anni ’60. Del resto”, ha continuato Hütter, “non sono mai stato interessante ai virtuosismi, quanto piuttosto al comporre, associare idee tratte da linguaggi diversi, come design, video, fotografia. Un interesse nutrito anche dal fatto che, come band, siamo stati accolti prima dal mondo dell’arte e solo dopo da quello della musica”. 

Il rapporto con l’arte di Ralf Hütter e i Kraftwerk

Ed effettivamente gallerie e mostre d’arte sono state il primo palcoscenico della formazione essenziale e minimalista che ha coniato un genere musicale fondamentale per lo sviluppo della tecno e della musica elettronica; così come un vocabolario visivo iconico e riconoscibile, caratterizzato da un pioneristico, disinvolto e profondo rapporto con la tecnologia che, nella visione dei Kraftwerk, è da sempre parte della condizione umana e dalla consapevolezza che, per quanto evoluta, l’AI non potrà mai sostituirsi all’intelligenza artistica. Oggi, dopo la scomparsa di Schneider nel 2020, Ralf Hütter è l’ultimo esponente dei Kraftwerk, considerando che Karl Bartos e Wolfgang Flur avevano disertato già negli Anni ’80, ed è rappresentato dalla galleria berlinese Monika Sprüth, con cui ha esposto al Moma di New York e alla Biennale di Venezia. 

L’installazione di Ralf Hütter a Roma 

A Roma Kraftwerk -The man Machine, a cura di Michael Bracewell, si articola lungo le sale di Indipendenza Studio, alternando video, scritte, proiezioni di varia natura, che, negli interni liberty della galleria generano un efficace contrasto, che attiva ulteriormente l’opera rendendola un catalizzatore di sensazioni. Cortocircuito emotivo che sostanzialmente deriva dall’incontro di due diverse temporalità immaginate più che vissute. L’una, la Belle Époque, utopica e lirica; l’altra prefiguratrice di un futuro che non si è mai realizzato e che, nel suo provenire dal passato oggi risulta superato e, dunque, quanto mai connesso agli spazi vuoti, in parte volutamente decadenti ma estremamente intensi, della galleria.

Ludovica Palmieri

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L’articolo "Non solo musica, anche arte. L’estetica proto-digitale dei Kraftwerk in una galleria romana " è apparso per la prima volta su Artribune®.

Autore
Artribune

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