A Napoli il paradosso dell’assurdo si fa disegno. La mostra di Massinissa Selmani
- Postato il 28 luglio 2025
- Arte Contemporanea
- Di Artribune
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Albert Camus, ne Il mito di Sisifo, affermava che l’assurdo nasce dallo scarto insanabile tra il desiderio umano di senso e il silenzio imperturbabile del mondo. È in questa frattura che si innesta il lavoro di Massinissa Selmani (Algeri, 1980): un gesto grafico che si fa interrogazione, un linguaggio fatto di omissioni e discrepanze, che abita con lucidità il cortocircuito tra realtà e finzione. Si tratta della sua prima mostra in Italia, a Napoli.
La mostra di Massinissa Selmani a Casa Di Marino
Le sue opere, pur nella loro apparente semplicità, parlano con la forza nitida dell’assurdo, restituendo l’inquietudine del presente attraverso figure sospese, architetture inconsistenti e situazioni irreali.
È negli spazi raccolti di Casa Di Marino di Napoli – spazio da sempre attento alle pratiche artistiche che indagano forme non lineari del pensiero e che si muovono ai margini della narrazione dominante – che prende forma Loophole, questa prima mostra dell’artista algerino. Con una serie di nuovi disegni e due installazioni pensate per l’ambiente domestico della galleria, Selmani costruisce una costellazione di immagini che sfuggono alla linearità, si oppongono all’evidenza, e lasciano affiorare una dimensione altra, fatta di possibilità minime e un sottile disorientamento. In questo universo frammentario, l’assurdo non è rifiutato né spiegato: è semplicemente abitato, nella sua limpida e fertile ambiguità.







Le opere di Massinissa Selmani in mostra a Casa Di Marino a Napoli
Le sue figure isolate, fuori tempo, immerse in spazi immacolati o in architetture che non contengono, evocano il Sisifo camusiano: non eroe tragico nel senso classico, ma simbolo dell’uomo moderno che, consapevole dell’inutilità del proprio gesto, sceglie comunque di compierlo. Ogni disegno di Selmani è un momento di “lucida disperazione”, in cui il riso grottesco lascia il posto a una consapevolezza più sottile: quella che la ricerca di senso non trova appiglio nella linearità storica o nella logica del potere, ma si annida piuttosto nelle crepe, nei vuoti, nei loopholes.
E proprio come Camus scrive che “bisogna immaginare Sisifo felice”, l’artista sembra suggerire che i suoi personaggi, pur comicamente spaesati, trovino nella sospensione un grado di libertà. Non obbediscono, non si ribellano: scivolano via. Abitano l’assurdo non come una prigione, ma come un paesaggio da esplorare, fatto di errori, ritardi, equivoci, buchi narrativi. Il loro gesto non è né inutile né glorioso: è semplicemente umano. La mostra, allestita in modo che ogni opera abbia un proprio respiro, intensifica questo senso di tempo dilatato e riflessione silenziosa. Invece di gridare un senso, Selmani preferisce bisbigliarlo attraverso dettagli paradossali, posture improbabili, rimandi incompleti. Così facendo, il disegno diventa non solo un mezzo espressivo, ma un luogo di resistenza, una letteratura minore nel senso deleuziano: periferica, sghemba, e proprio per questo capace di scardinare il sistema dall’interno.
Il disegno nell’opera di Massinissa Selmani
In Loophole, il disegno diventa uno strumento per incrinare la logica dominante, per sabotare con gentilezza le strutture del potere, della narrazione, della storia. Ogni opera è un invito a stare dentro l’assurdo, a sostare nel paradosso senza il bisogno di risolverlo. Come Sisifo, anche i personaggi di Selmani compiono gesti privi di scopo apparente, ma lo fanno con una grazia ostinata, restituendoci la possibilità di uno sguardo alternativo sul reale. Non è una fuga, ma una riscrittura minima e potente del senso, capace di trasformare la feritoia in varco e il fallimento in inizio. Loophole ci offre, a discapito di una dilagante pretesa di certezze, qualcosa di più raro: la libertà di perdere l’equilibrio e restare comunque in piedi.
Diana Cava
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