Israele apre abitualmente il fuoco su civili disperati a Gaza: l’Italia compia ogni sforzo possibile
- Postato il 3 luglio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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In questo momento chi vive a Gaza si trova di fronte a una scelta impossibile: morire di fame o rischiare di venir ucciso mentre è in fila per un po’ di cibo, un sacco di farina. Un incubo quotidiano difficile anche solo da immaginare.
Oltre 500 vittime in un mese
Le settimane successive al lancio del programma di distribuzione alimentare israeliano sono state tra le più letali e violente dall’inizio del conflitto. Dallo scorso 26 maggio, infatti, più di 500 palestinesi sono stati uccisi e quasi 4.000 feriti solo nel tentativo di ricevere razioni di cibo o mentre cercavano di distribuirlo.
Le forze israeliane aprono abitualmente il fuoco su civili disperati che rischiano tutto solo per sopravvivere. Il risultato è che si susseguono quotidiani massacri delle stesse persone che si dichiara di voler aiutare. In queste aree sono stati feriti o uccisi bambini, orfani, civili inermi in palese disprezzo del diritto umanitario internazionale, mentre con un sistema sanitario al collasso i feriti non vengono soccorsi e muoiono dissanguati, fuori dalla portata delle ambulanze e senza cure mediche salvavita.
La quotidiana lotta per la sopravvivenza
I 400 punti di distribuzione degli aiuti che operavano durante il cessate il fuoco temporaneo in tutta Gaza, in questo momento sono stati sostituiti da soli quattro siti, controllati dalle forze militari israeliane o contractor privati della sicurezza. Centinaia di migliaia di civili allo stremo sono costretti ogni giorno a camminare per ore in pericolose zone di conflitto attivo, per poi affrontare il caos della distribuzione che si svolge in recinti militarizzati a cui si accede attraverso un unico punto di ingresso.
In condizioni di grave malnutrizione, molte famiglie ci hanno riferito di non avere le forze per raggiungere i siti di distribuzione e lottare per qualche razione di cibo, quasi impossibile poi da usare in assenza di acqua e combustibile, che a Gaza è quasi completamente esaurito con il conseguente blocco di qualsiasi servizio essenziale: le panetterie e i forni sono chiusi, le ambulanze non circolano, i sistemi idrici sono fuori uso. Si sopravvive riparandosi sotto teli di plastica in mezzo alle macerie, senza acqua, elettricità, servizi igienici, senza nulla.
L’appello per il ripristino della risposta umanitaria coordinata dalle Nazioni Unite
A tutto questo si aggiungono le restrizioni di movimento e all’ingresso di beni di prima necessità che impediscono di soccorrere la popolazione, alle organizzazioni umanitarie che, come Oxfam, lavorano dentro la Striscia. Da più di tre mesi le autorità israeliane hanno infatti imposto nuovamente un blocco quasi totale all’ingresso di aiuti e beni commerciali. La conseguenza è che la situazione umanitaria non è mai stata così drammatica dall’inizio del conflitto.
Dopo che in più di un anno un mezzo oltre 2 milioni hanno vissuto quasi costantemente sotto bombardamenti incessanti, sono stati vittime dell’uso della fame come arma di guerra, costretti a infiniti e ripetuti sfollamenti forzati e adesso vivono rinchiusi in 5 aree costiere che rappresentano meno del 20% di Gaza, privati di qualsiasi servizio essenziale. Il tutto sotto lo sguardo inerte della comunità internazionale, che ha acconsentito ad una sorta di normalizzazione della sofferenza, alla negazione dei diritti fondamentali di un intero popolo.
In questo contesto, assieme a oltre 130 Ong abbiamo perciò lanciato in questi giorni un appello urgente perché venga interrotto e rivisto completamente il sistema di distribuzione degli aiuti attuato dalla Gaza Humanitarian Foundation (GHF), voluta da Israele (proprio nelle ultime ore l’Autorità federale di vigilanza svizzera sulle fondazioni ha ordinato lo scioglimento formale della GHF, con sede legale a Ginevra, anche se sono ancora tutte da capire le implicazioni legali e operative), e perché venga rimosso il blocco imposto dal governo israeliano all’ingresso di aiuti vitali e forniture commerciali.
Inoltre come Oxfam chiediamo alla comunità internazionale, Italia compresa, di compiere ogni possibile sforzo perché si arrivi:
– ad un cessate il fuoco immediato e duraturo;
– a far rispettare a Israele gli obblighi derivanti dal diritto internazionale umanitario e dei diritti umani, compresi i divieti di sfollamento forzato e di compiere attacchi indiscriminati sui civili;
– al pieno accesso umanitario in tutta Gaza.
Israele deve rispondere per le violazioni compiute
E’ infine cruciale che si giunga all’accertamento delle responsabilità di Israele per le gravi violazioni del diritto internazionale compiute. L’Europa su questo punto può giocare un ruolo chiave, essendo il primo partner commerciale di Israele, in primis sospendendo completamente o parzialmente l’Accordo di Associazione Ue-Israele fondato sul rispetto dei diritti umani, come scritto all’art. 2.
L’ipocrisia dell’Italia
E l’Italia? Nonostante tutte le evidenze, purtroppo ancora ha una posizione contraria a tale misura, e sostiene che interromperebbe il dialogo. In altre parole sembra che per il governo Meloni il dialogo non si basi sul rispetto delle regole, ma sia sinonimo di impunità.
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