Io sto con “Michele vs. Eni”

  • Postato il 27 ottobre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Bene, benissimo che a causa del vile attentato a Sigfrido Ranucci si torni a parlare di querele temerarie, o SLAPP (Strategic Lawsuits Against Public Participation).

Ma cosa vuol dire fare argine, o almeno provarci, alle querele temerarie? Proviamo a spiegarlo con un fatto. Quello di Michele vs. Eni”. O di Eni vs. Michele. È tutto detto e scritto con chiarezza nel reel pubblicato da Michele su Instagram, da un account creato con questo nome proprio allo scopo (ottima strategia di comunicazione). Riporto qui per sommi capi, insieme a qualche considerazione.

Michele Giuli, professore di storia, co-fondatore di Ultima Generazione, in un post sui social ha definito Eni “criminale”. Eni l’ha denunciato per diffamazione. Le motivazioni portate da Michele sono varie e un giudice dovrà valutarle. Io mi soffermo su un paio.

La prima: Eni continua a investire massicciamente nello sviluppo del business fossile. Mentre tutti sanno che non s’ha da fare se si vuole seriamente contrastare la crisi climatica. Fra le tonnellate di citazioni possibili al riguardo (dati, report, enti e scienziati di mezzo mondo, nel corso di decenni), prendo questa (grassetti miei): “ogni giorno nuovi progetti riguardanti i combustibili fossili accelerano la nostra corsa verso il baratro. Quando è troppo è troppo. Tutte le nuove esplorazioni e produzioni di carbone, petrolio e gas devono cessare immediatamente“. Lo disse il cardinale Czerny, prefetto del Dicastero vaticano per il Servizio dello Sviluppo Umano Integrale, in vista di Cop27. Con nota di supporto, nel testo sul sito del Vaticano, al report “Net Zero by 2050” del 2021 dell’Agenzia Internazionale dell’Energia, uno spartiacque storico per la “social license to operate” dell’industria fossile. Come dire che dopo quel report continuare a investire in nuovi progetti fossili è considerato “fuori legge”.

Domanda: chi fa qualcosa di “fuori legge” può essere definito “criminale”?

La seconda: “Eni sfrutta territori e risorse di popoli nel mondo”, scrive Michele. Che cita fra le altre la questione di Gaza, cioè lo sfruttamento di un giacimento di gas – in acque territoriali, secondo il diritto internazionale, di Gaza – per il quale Eni ha ricevuto licenza ad operare dal governo israeliano. Tra l’altro dopo il 7 ottobre 2023, a genocidio iniziato. Sulla questione ci sono state interrogazioni parlamentari, risposte ministeriali, uno studio legale statunitense ha diffidato Eni dal proseguire nel progetto avvertendola di possibile violazione del diritto internazionale. Ma, come ha scritto ad esempio Milano Finanza giorni fa, dopo il piano di pace (sic!) di Trump “ora si può pensare di ripartire”. Francesca Albanese, Relatrice speciale dell’Onu sulla situazione dei diritti umani nei Territori palestinesi occupati (Opt) dal 1967, giorni fa stava quasi per non partecipare a un evento perché fra gli sponsor c’era Eni. Albanese (la si può riascoltare qui) ha affermato che l’accordo di Eni è un partenariato illegale perché il governo israeliano non ha il diritto di fare concessioni per lo sfruttamento di quelle risorse: “Eni lo sa”, ha sottolineato.

Domanda: chi fa qualcosa, e consapevolmente, che può costituire una “violazione del diritto internazionale”, può essere chiamato “criminale”?

Allora: Eni contro Michele è una querela temeraria? Il sospetto c’è. Deciderà il giudice, appuntamento il 30 ottobre al processo. Si tenga presente che un recente articolo del Guardian parlava di Eni come di una società “SLAPP addict”. Ricordava che dal 2019 Eni ha intentato almeno sei cause per diffamazione contro giornalisti e Ong. E che ha ricevuto quest’anno il titolo di “SLAPP addict of the year”, assegnato da una coalizione di Ong fra cui Reporter Senza Frontiere e Transparency International.

Ho conosciuto di persona e apprezzato Michele qualche anno fa quando intervenne a un evento alla Camera dei Deputati in cui moderavo. A Michele voglio mandare un abbraccio. Per quello che può valere, ha il mio sostegno in questa battaglia. Come ha quello dei tant(issim)i che hanno interagito sul suo post, molti chiedendo il link per fare una donazione a Michele per aiutarlo col processo. Perché per combattere battaglie legali servono soldi. Tanti. Chi presenta una querela temeraria lo sa. Eccome se lo sa.

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Il Fatto Quotidiano

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