Il progresso si ferma in un piccolo bar di Villach, qui si paga solo in moneta

  • Postato il 1 agosto 2025
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di Francesca Carone

Nell’Europa 2.0 dove si viaggia in compagnia delle tecnologie che supportano su “banda larga” i bisogni economici e logistici della gente; dove è possibile con un solo clic scegliere l’albergo più economico o più lussuoso, il ristorante stellato o quello di tendenza “chetogenico”. Dove l’alta velocità delle Frecce (chiodi permettendo, di salviniana memoria) accorcia le distanze e ti coccola con poltrone comode, caffè e snack, incoraggiando anche i turisti più scettici, fino a quando questi non si trovano catapultati in un bar “scapigliato” di un paesino austriaco ai confini con l’Italia, dove non è assolutamente possibile pagare con la carta di credito. Ma in moneta, da consegnare alla giovane cameriera-cassiera che, munita di un marsupio robusto e resistente legato alla vita, gira sorridente e disinvolta tra i tavoli per riscuotere quanto consumato dai clienti.

E allora sì, diventa un po’ difficile dar torto ai turisti “poltrone e sofà” che preferirebbero le mura di casa piuttosto che essere redarguiti dalla titolare di un bar austriaco che pretende il pagamento in moneta. E magari alla fine, ci scappa anche il baratto, forma di scambio già nota agli uomini del Neolitico: il turista magari sarà costretto a consegnare al barista il souvenir appena acquistato nel negozietto di fronte (pagato in modalità bancomat) in cambio di tre bottigliette di acqua da 250 ml e due caffè (quasi 14 euro)!

E’ interessante osservare come il progresso, verosimilmente standardizzato e pubblicizzato in tutte le salse social-mediatiche, si fermi in un piccolo bar di Villach, alla porte di Tarvisio, dove un turista, senza volerlo, diventa protagonista di un siparietto pittoresco (ricordando un po’ quello di Totò e Peppino alle prese con il famoso vigile milanese) in cui deve spiegare alla giovane barista, attraverso gesti iconici e un idioma ricco di parolacce nostrane, che non ha moneta, ma solo la carta di credito per il pagamento.

Il tutto condito dagli sguardi attoniti e perplessi dei presenti che non capiscono quello che sta succedendo, ma possono comunque interpretare qualcosa dai gesti dello sfortunato avventore e dallo sguardo incapsulato della barista che, senza saperlo, ha fermato inesorabilmente la corsa del famoso progresso europeo nel suo piccolo ed insignificante baretto del Centro storico di Villach.

E mentre si consuma la “piéce teatrale” tra barista e turista (peraltro spennato), si apre la “quarta parete” con l’intervento di un turista italiano presente tra i tavoli, che ha capito più o meno tutto, affermando che fuori o dentro al bar non c’è nessuna indicazione sulla modalità di pagamento.

E mentre i due attori improvvisati continuano a discutere senza capirsi, gli spettatori si godono lo spettacolo tra un caffè e un sorso di mojito. Qualcuno di loro probabilmente non sa che a breve toccherà a lui interpretare, suo malgrado, il prossimo siparietto accanto alla barista, dal titolo anch’esso improvvisato: “Il barista e il turista: bancomat o moneta”?

Prendendo in prestito il titolo di un libro di un grande della letteratura mondiale, L’Idiota di Dostoevskij, un parallelo verrebbe spontaneo! In questo caso però l’aggettivo non è riferito al povero turista, come probabilmente avrebbe fatto Dostoevskij, nell’accezione di purezza e innocenza, così come accade al protagonista del suo libro, il principe Lev Myskin. In questo caso l’aggettivo verrebbe collegato automaticamente all’arrogante barista, e non nel significato benevolo e puro attribuito da Dostoevskij, bensì nel significato “puro” della Treccani: “incompetente, inesperto, incolto”.

Foto di Jorge Franganillo (Flickr) https://www.flickr.com/photos/franganillo/54038525892

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