Il Consiglio di Stato boccia le Indicazioni per il primo ciclo scolastico: un’odissea per un documento puramente ideologico
- Postato il 19 settembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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di Serena Cavalletti*
Niente da fare, queste Indicazioni sembrano proprio non convincere: un’odissea per un documento puramente ideologico. In principio ci fu anche la gaffe di averle chiamate “programmi scolastici” che forse, al di là dei ministeriali sogni di gloria, non esistono più da anni.
Funziona in questo modo: essendo in vigore l’autonomia scolastica, il Ministero fornisce delle indicazioni sulla base delle quali sono poi le scuole a formulare il cosiddetto curricolo, ovvero l’intreccio e la gradualità di contenuti, capacità ed esperienze da mettere in campo per la formazione di persone competenti, in grado di decifrare il mondo e costruire qualcosa nel mondo attraverso ciò che hanno appreso. Quelle del 2012 non andavano strette, anzi erano ancora in fase di sviluppo, il MiM tuttavia ha deciso che andavano riformulate.
Dopo la diffusione della prima stesura, non una delle audizioni di confronto con i soggetti coinvolti e portatori d’interesse (parliamo di centri di ricerca, associazioni di settore, sigle sindacali, Consiglio Superiore e via dicendo) si era conclusa con lode. Ho partecipato a uno di questi incontri, aperto dalla Commissione incaricata della formulazione, dicendo che seppur i componenti fossero tutti grandi luminari e in quanto tali molto impegnati, avevano trovato comunque, bontà loro, uno spiraglietto quella mattina per presenziare al confronto.
A quel punto, forse almeno per dimostrare che si faceva tesoro del tempo investito, era stata elaborata una seconda stesura, che riportava l’accoglimento di alcuni contributi. Uniche parti intoccate e intoccabili la premessa e l’insegnamento della storia, la parte che inizia con l’esaltazione dell’Occidente buono.
Alla penultima frontiera di valutazione, ovvero quella del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione, il parere espresso era stato molto critico e aveva portato anche una divisione nella votazione finale perché molti componenti l’avrebbero formulato ancora più negativo. Testo uscito di venerdì pomeriggio e già di domenica mattina (quanta fretta) il Ministro faceva sapere dalle pagine online dei portali di settore che avrebbe accolto le proposte di ulteriore modifica del Cspi, in tutte le parti tranne quella di storia, perché a suo parere quelle non erano ostative. Come avesse dedotto che non lo fossero non è dato sapere.
Da lì arriva il turno del Consiglio di Stato, il quale ieri in Adunanza di Sezione ha tentato di valutare il regolamento, ma ha sospeso il parere esprimendo una serie di osservazioni imponenti in cui sostanzialmente si fa notare che nemmeno la necessità della formulazione di Nuove Indicazioni appare supportata dai dati; le opinioni non contano, anche perché la neutralità finanziaria postulata non sembra neppure realistica. In accordo con il Cspi infatti:
– chiede di chiarire l’organizzazione fattiva del LEL (latino per educazione linguistica), ipotizzato come facoltativo nel secondo e terzo anno della secondaria, demandato all’ampliamento dell’offerta formativa. Dice il Consiglio di Stato: “sembra confinare lo stesso insegnamento nella dimensione della provvisorietà”;
– sottolinea l’entrata in vigore discrasica delle Indicazioni: dall’anno scolastico 2026-2027, le scuole dell’infanzia e a partire dalle classi prime della scuola primaria e della scuola secondaria. Tuttavia le classi terze della primaria anticipano al 2027-2028 solo per la storia, sulla quale chiede una motivazione più esplicita che chiarisca perché non si è dato seguito alle osservazioni del Cspi;
– contesta il concetto di “dispersione digitale” non chiarito a livello teorico né analizzato come fenomeno, ricadute e mezzi correttivi, e di definire “valorizzazione dell’intera comunità educante”, che sia correlata al dettato e agli obiettivi degli art. 33 e 34 della Costituzione. La stessa leggerezza è sottolineata anche sui riferimenti alla normativa europea, incompleti dice il Consiglio, e circa la definizione “scuola costituzionale” visto che rispetto al 2012 il quadro costituzionale non è cambiato. Conclude poi con la segnalazione di una serie di refusi, incongruenze terminologiche e sciatterie formali di varia natura.
In definitiva a quanto pare anche dal Consiglio di Stato arriva uno stop. Viene da chiedersi se non sia stato chiaro anche al Consiglio di Stato che questa operazione assolutamente inutile se non deleteria per il mondo scuola sia puramente ideologica e volta più a un sogno di rivalsa sulla storia stessa che alla verità, ma durerebbe poco: giusto fino a quando uno smartphone non mostrasse l’altro lato del mondo.
*docente componente del Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione
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