Finirà con gli Stati europei che si accollano più spese militari, nella passività dei cittadini

  • Postato il 7 marzo 2025
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di Arturo Primavera

La rappresentazione di qualche giorno fa, a beneficio delle telecamere e in diretta, dell’incontro tra Zelensky e Trump, che ha degradato la diplomazia a una litigata condominiale, ha diviso l’opinione pubblica tra chi aveva visto o comunque prestato attenzione agli ultimi minuti, in cui Z. veniva messo brutalmente alla porta da T., e si indignava per il trattamento riservato, tutto sommato ingiustamente, a un alleato degli Usa, e coloro che, invece, analizzando l’intero evento, notavano come Z. era partito sin dall’inizio col piede sbagliato, presentando argomenti già respinti da T. con gli anglo-francesi e mescolando il tutto anche con minacce e affermazioni fuori luogo e che T. era stato fin troppo paziente: e alla fine la sua dura reazione era stata naturale.

Il Presidente ucraino ha peraltro incassato la solidarietà di molti leader europei; i quali – non si capisce a che titolo e con quali poteri conferiti loro dai rispettivi Stati – stanno tenendo diverse riunioni di guerra. Di conseguenza da alcuni giorni assistiamo a uno spettacolo surreale di gente che urla al pericolo di invasione e di necessità impellente di riarmo (decisione così urgente da scavalcare l’opinione pur non vincolante del Parlamento Europeo).

A questa giostra si è aggiunta la inopportuna idea della sinistra ‘democratica’ di organizzare per il 15 marzo una manifestazione di sostegno con bandiere europee. Ma, non si rendono conto tutti coloro che si sono accodati – sia pure con il distinguo del “no al riarmo” – che parteciperanno a una manifestazione nazionalista, degna dei ‘radiosi giorni’ del maggio 1915?

A questo punto l’alternativa è: entrare in guerra con la Russia (a spese nostre e con soldati ‘europei’, cioè inviati dai singoli stati), contro una potenza nucleare con 6000 testate, oppure – ed è questa l’ipotesi più plausibile – spendere un fiume, un mare di denaro per comprare armi.

Al di là delle polemiche e delle critiche rivolte a Trump, a me sembra che, in buona sostanza, ci si stia avvicinando a soddisfare proprio i suoi interessi, e più in generale quelli degli Usa: accollare agli Stati europei più spese militari, ovviamente per gli interessi d’oltreoceano. Alla luce di questo, quanto avvenuto (compresa la litigata iniziale e le prefiche attuali) appare un teatrino da dare in pasto a noi tutti. Una lite interpretata in maniera forse inconsapevole da qualcuno, ma con frode da altri.

Chi produce alla fine le armi? Soprattutto gli Usa, che hanno anche un piedino nell’industria militare dei paesi europei. A questo punto Il ciclo sarebbe completo. A Trump e al suo gruppo di potere non interessa questa guerra in sé: però fa dama, se da una parte si mette d’accordo con Putin e dall’altra riesce nel business delle armi. I paesi europei (compreso il Regno Unito, ma non se ne era andato?) straparlano di somme ingenti da destinare al riarmo: e sappiamo tutti che questo significherà un ulteriore taglio delle spese sociali e del welfare, di quanto ci consente di vivere ancora dignitosamente.

La cosa che mi sconvolge, però, è la totale passività della gente di fronte a questo scenario, che nella migliore delle ipotesi porterà alla povertà e la miseria dei più. C’è una sorta di anestesia diffusa: le farneticazioni espresse servilmente in inglese di Von der Leyen non indignano se non pochi. Trent’anni di liberismo, fatto passare per il massimo del bene, ci hanno persuaso che è normale aspettare mesi e anni per un intervento chirurgico, salvo non avere un’assicurazione privata, che è giusto lavorare per un salario irrisorio (il famoso gelato e il pacchetto di patatine citato da qualche svitata) e inevitabile lavorare per 10 o 12 ore, il sabato e la domenica, perché gli affari devono andare avanti e non si possono assumere altre persone, e che si deve lavorare da precari fino alla vecchiaia.

Ho il timore che quest’altra amara pillola, moderata dal fiele fatto ingurgitare per anni, verrà inghiottita senza obiezioni.

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