Ecuador, il mistero del voto ‘trasferito’: truffa elettorale senza precedenti secondo l’ex presidente Correa

  • Postato il 22 giugno 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Se la possibile contraffazione elettorale che ha consentito a Nicolás Maduro di confermarsi per l’ennesima volta al potere in Venezuela è stata oggetto di contestazioni, conquistando le prime pagine dei media internazionali per mesi, al contrario è passato quasi inosservato a livello mediatico il secondo turno di votazioni in Ecuador avvenuto il 13 aprile 2025, che ha confermato alla presidenza Daniel Noboa – figlio del miliardario Álvaro Pontón Noboa – a scapito della candidata di Revolución Ciudadana Luisa González.

Eppure, se alla fine del primo turno di febbraio i due candidati risultarono pressoché appaiati – 44,17% Noboa e 44% González – nel secondo Noboa uscì vincitore con 55,63% mentre la percentuale della González rimase pressoché invariata, malgrado il candidato del partito indigeno Pachakutik avesse messo a disposizione di Revolución Ciudadana il suo 5,25% conquistato nel primo turno.

Per saperne di più sono andato a Bruxelles per incontrare Rafael Correa Delgado, ex presidente dell’Ecuador dal 2007 al 2017 e fondatore del partito Revolución Ciudadana – attualmente rifugiato politico nella capitale belga.

Una frode senza precedenti

Per un’analisi precisa del contesto in cui si è svolta la consultazione elettorale in Ecuador, è imprescindibile tener conto del clima surriscaldato di quei giorni, nel pieno del nuovo stato d’emergenza dichiarato dal presidente in carica Daniel Noboa per l’ascesa inarrestabile della criminalità legata al traffico della droga, che terrorizza il paese da anni. Solo da gennaio a marzo 2025, secondo Insightcrime.org sono state uccise 2361 persone, con una percentuale di 43 omicidi ogni 100mila abitanti.

Un record che batte il precedente datato 2023, fermatosi a 41 omicidi per 100mila. Non è un caso che questa escalation sia peggiorata dopo il 2017, quando Correa si era già ritirato dalla politica; un ritiro trasformato nell’esilio in Belgio a seguito di un’accusa di sequestro di persona avvenuta in Colombia ai danni dell’oppositore Balda. Fu l’Interpol a scagionare l’ex presidente, raggiunto però da una sentenza per corruzione dopo un processo in contumacia. Il suo vice Jorge Glas era già agli arresti.

Secondo Correa, una macchinazione politica iniziata dal suo successore Lenin Moreno, continuata dal banchiere Guillermo Lasso – poi vincitore delle successive elezioni – che aveva il dente avvelenato in rappresentanza dell’intero sistema bancario ecuadoriano a causa la tassazione sugli extra profitti derivati dalle transazioni bancarie quali vendita di strumenti finanziari, prestiti e mutui. “Un recurso (entrata) permanente per lo Stato che sono fiero di aver inserito nella nostra Costituzione e tuttora rivendico. È servito per 10 anni a finanziare il Bono de Desarrollo Humano, un fondo speciale per pensioni a basso reddito e donne single con figli a carico, rafforzando il sistema sanitario (totalmente gratuito anche per gli stranieri nda) e scolastico”, puntualizza Correa.

Sta di fatto che durante il suo mandato l’Ecuador era uno degli stati sudamericani più sicuri, specie dopo il dimezzamento del tasso di povertà e la costruzione di alloggi popolari.

Il crollo del prezzo del petrolio – la cui estrazione gestita dalla Cina rimaneva comunque la principale risorsa del paese – e soprattutto il disastroso terremoto del 2016 contribuirono al calo di popolarità di Correa, complice anche un conflitto permanente con la stampa di opposizione, specie con il quotidiano filo statunitense El Universo. La protezione che Correa assicurò a Julian Assange (di cui gli Usa chiesero l’estradizione dopo WikiLeaks), rifugiato per 7 anni dentro l’ambasciata dell’Ecuador a Londra, accelerò la campagna diffamatoria nei suoi confronti.

Ma torniamo a quei giorni caldi del secondo turno elettorale: dopo il testa a testa tra i due candidati alla fine del primo, l’esercito aveva rafforzato il suo presidio ai seggi imponendo nuove restrizioni sui votanti, specie su quelli provenienti dalle comunità periferiche, lo zoccolo duro di Correa. Difatti lo stato d’emergenza concentrato sulle province di Guayas, Los Ríos, Manabí, Santa Elena e nella regione amazzonica di Orellana and Sucumbíos impedì le assemblee e il libero movimento verso i seggi dei residenti. ll Cne (Consejo Nacional Electoral) avrebbe tollerato durante il secondo scrutinio la presenza preponderante di osservatori Adn (Azione Democratica Nazionale, il partito di Noboa) rispetto ai corrispettivi della RC di Luisa González. Ma, secondo Correa, la goccia che fece traboccare il vaso fu l’utilizzo di penne contraffatte adottate dal Cne per marcare le schede elettorali, invece del tradizionale lapis. “A pag. 13 del rapporto Oas (Organizzazione Stati Americani nda) viene confermato l’uso di penne con inchiostro a lento rilascio, che hanno consentito nella scheda elettorale la trasferenza della marcatura del voto dalla posizione della nostra candidata a quella simmetrica di Daniel Noboa. Secondo il parere dell’Istituto Criminologico Canario esperto di chimica, questa tecnica è perfettamente possibile. Una volta piegata la scheda, la marcatura sulla posizione di partenza si cancella”.

La Missione per l’Osservazione Elettorale dell’Oas ha rilasciato un rapporto che elenca tutte le irregolarità riscontrate. Sta di fatto che il Cne non ha consentito di verificare le urne sospette oggetto della contestazione, né di scattare foto al momento del voto, pena l’arresto. Ho contattato Oscar Santana, l’esperto dell’Istituto Canario che sta facendo ulteriori analisi, per cui un responso finale sull’esistenza della frode deve ancora essere emesso.

Foto e video © F.Bacchetta

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