Due imprese millenaristiche di Elon Musk: la prima è stata un fiasco. Spero fallisca anche la seconda
- Postato il 7 novembre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Il numero mille deve esercitare un’attrazione particolare per il miliardario sudafricano con cittadinanza canadese, ora naturalizzato americano, Elon Musk. Recentemente si è impegnato in due imprese millenaristiche in senso finanziario, cioè che valgono 1.000 miliardi di dollari ciascuna, che ci aiutano a capire meglio i limiti e i paradossi del capitalismo finanziario in cui viviamo. La prima impresa è stata un completo fallimento, la seconda deve ancora cominciare e quindi non possiamo ancora dire nulla, se non che è ancora più insana della prima.
Come è noto, Musk ha messo di tasca sua parecchie centinaia di milioni di dollari per sostenere la campagna elettorale di Donald Trump, e da questi è stato ricompensato con un compito importante nel mondo Maga, quello di ridurre drasticamente la spesa pubblica. Musk si è impegnato fin da subito e con grande energia in questo progetto, fissando il suo obiettivo in un taglio di 1.000 miliardi di dollari della spesa federale nel giro di pochi mesi. Come responsabile del nuovo dipartimento creato ad hoc per la distruzione dello stato sociale, denominato Doge (Department of Government Efficiency), ha iniziato subito a tagliare molti capitoli di spesa. L’impresa però si è rivelata piuttosto ardua e giuridicamente complicata. L’unica voce importante ad essere stata ridotta in maniera significativa sono stati gli aiuti internazionali Usa in campo sanitario per qualche decina di miliardi.
Quando si è trattato di avvicinarsi ai tagli più importanti, quelli della spesa sanitaria, pensionistica o militare, ecco che le forbici hanno perso il loro vigore per evidenti ragioni di perdita di consenso elettorale. Musk ha anche provato a gonfiare i risultati ottenuti con qualche trucco contabile, ma, in definitiva, la spesa federale è stata ridotta di 100 miliardi, meno di un decimo del previsto. Dunque un fallimento completo dal punto di vista manageriale e Musk dopo alcuni mesi si è ritirato dall’impresa politica, anche perché le azioni Tesla nel frattempo scendevano a picco. Questo non ha impedito a Musk di rinunciare alla sua mania di coltivare progetti visionari e distopici.
Il secondo progetto millenaristico è veramente bizzarro e da finanza psichedelica, ma stavolta siamo su di un piano più congeniale al miliardario ambizioso. Musk si è presentato all’assemblea degli azionisti di Tesla di novembre con un patto speciale da sottoporre per l’approvazione. Più che di un patto sembra un ultimatum: prendere o lasciare. Musk chiede all’assemblea degli azionisti di approvare per lui un bonus di 1.000 miliardi sotto la condizione di riuscire ad aumentare la capitalizzazione del titolo di quasi 7 volte.
Oggi Tesla vale 1,5 miliardi di dollari e il suo valore dovrà salire ad almeno 8,5 miliardi nel giro di 10 anni. Questa valutazione astronomica verrebbe raggiunta perché Tesla, più che auto normali, venderebbe qualche milione di auto a guida autonoma e qualche milione di robot umanoidi per vari usi. Musk diventerebbe in questo modo il padrone assoluto di questa super Tesla futuristica.
Questo pazzesco pacchetto retributivo che Musk chiede agli azionisti presenta due aspetti molto paradossali. Il primo è l’enormità del bonus riconosciuto a un singolo manager. Si tratta di una cifra che vale più della metà del Pil italiano, tanto per avere una pietra di paragone. Musk ha già portato a casa, tribunali permettendo, un bonus precedente, sempre da Tesla, da 50 miliardi di dollari, il più elevato di sempre. Ora alza la posta di 20 volte. Ormai non c’è più limite all’avidità e al narcisismo stellare dei massimi dirigenti aziendali, secondo la dottrina che l’unica cosa che conta nell’economia è riempire le tasche degli azionisti, comprese in prima linea quelle dei manager.
Il secondo aspetto è ancora più strano. In realtà, a ben vedere, questa formidabile operazione aziendale ai soci attuali non costa nulla. I soldi per pagare Musk verranno recuperati non dai profitti, che dovranno comunque essere eccezionali, ma assegnando azioni gratuite a Musk che poi le potrà rivendere a suo piacimento. E dunque sarà il mercato a soddisfare le pretese economiche di Musk con una discutibile pratica aziendale che ha già reso multimilionari molti manager. Con un incremento delle quotazioni di 7 volte in dieci anni, cioè un guadagno del 700%, il vantaggio dell’azionista è più che assicurato. Quindi per l’azionista si tratta solo di decidere se assecondare i capricci fantasmagorici di un manager cosiddetto visionario, oppure se optare per un sano realismo rifiutando questo patto impossibile. Non stupisce allora che l’accordo sia stato approvato nella recente assemblea dei soci, segnando una svolta, fino ad oggi impensabile, nel capitalismo finanziario.
Elon Musk appare sempre più, a questo punto, come il Doctor Faustus descritto nel romanzo di Thomas Mann, del capitalismo finanziario. Da un lato ha cercato, per fortuna senza successo, di scagliarsi contro la società. Dall’altro, ha lusingato i soci di Tesla con promesse di mirabolanti guadagni futuri, attingendo a una sua segreta e misteriosa genialità imprenditoriale. Nel romanzo di Thomas Mann il protagonista, travolto dal suo mefistofelico talento musicale, fa una tragica fine. Musk ha fallito nel primo progetto millenarista di demolire lo stato sociale. Speriamo che fallisca anche nel secondo, perché i milioni di robot umanoidi che Tesla vuole venderci per far contenti gli azionisti, e sé stesso, sostituiranno milioni di lavoratori e lavoratrici in tutti i settori economici, e non è una bella prospettiva.
Musk, e tutti gli altri super eroi multimiliardari della tecnologia e della finanza, vendono sogni distopici e distruttivi del presente a cui solo loro credono, finanziati però con i soldi degli altri. Probabilmente sono loro i veri nemici di quel capitalismo democratico di cui invece abbiamo estremamente bisogno.
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