Dieci anni fa andavo in pensione: ora mi gusto ogni momento

  • Postato il 25 agosto 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Sono dieci anni esatti che sono andata in pensione. “Oggi è un giorno diverso – scrivevo -, un giorno in cui la vita cambia per sempre. Un giorno in cui ti chiedi se ce la farai ad affrontare una nuova realtà e un nuovo equilibrio. Il meritato riposo è arrivato e io mi ritrovo a far parte di una nuova categoria”.

Non usavo la parola pensione, ma categoria. Chissà perché. Forse temevo che dopo aver vissuto un periodo intenso e pieno di soddisfazioni, un periodo in cui avevo ricevuto premi, intervistato persone molto importanti, conosciuto tanta gente e pubblicato moltissimi articoli e libri, potessi cedere alla noia o addirittura alla depressione?

I venti anni e più di lavoro negli uffici stampa ministeriali, con l’ultimo gratificante e autorevole posto al comando della redazione del Portale della Ricerca internazionale del Ministero dell’Università e Ricerca, mi avevano coinvolto e gratificato tantissimo. Sei lì che programmi, pianifichi, organizzi e realizzi progetti e poi improvvisamente una mattina ti svegli e non corri più. Assapori il caffè con calma. Ti siedi, leggi, guardi fuori, prepari il pranzo, apparecchi, esci. Giri pagina.

Il periodo ricco, fruttuoso e appagante, diventa passato e davanti hai il vuoto. Meglio non pensarci. Ma parenti e amici infieriscono: che farai ora? Dai, dai, con tutti i tuoi interessi, hai voglia a fare! Hai i blog, l’orto, fai un sacco di autoproduzioni, ti godrai di più la casa al mare, andrai di più a New York e a Milano – città dove vivono figli e nipoti. Che temi?

Dicono gli psicologi che andare in pensione è un passaggio emotivamente molto delicato proprio perché possono emergere emozioni diverse, tra cui tristezza, delusione e senso di frustrazione, dal momento che intorno si crea un silenzio assoluto.

Silenzio, sì. Io però ho approfittato di questo silenzio per cercare dentro di me uno stato diverso del mio animo e per riflettere. Ho fatto, come diceva Carlo Carretto, un religioso cattolico che da giovane seguivo molto, un po’ di “deserto” nella mia vita, per ricercare quell’equilibrio messo a rischio dalla corsa, dalla frenesia e dall’agitazione della quotidianità.

Dopo il silenzio però è importante ripartire. Ho iniziato a frequentare i corsi di uno sport della mente che dicono faccia molto bene a far funzionare il cervello: il bridge. Il bridge, si sa, apre la porta alla logica, alla deduzione, alla collaborazione e alla capacità di reagire immediatamente a situazioni fluide. E’ una buona palestra per creare caratteri forti. Supporta la ricerca della costruzione dell’identità personale e il continuo confronto permette di acquisire una serie di sicurezze comportamentali.

Il bridge non è solo un gioco di carte ma uno sport che allena la mente, promuove la socializzazione e offre una sfida intellettuale costante. Disciplina, rigore e regole ferree sono le sue caratteristiche principali. E io da allora gioco, gioco, gioco. Molti i personaggi noti che hanno amato e amano sedersi al tavolo verde. Da Bill Gates, Omar Sharif, Tom York e tanti altri noti. Il Bridge richiede logica e supporta sfide mentali… quel tipo di acutezza mentale che si addice a qualsiasi cosa tu voglia fare di eccellente, dice Bill Gates. E se lo dice lui.

Solo bridge? No. No. Da qualche tempo mi dedico molto alla mia città. Organizzo eventi culturali al Circolo Cittadino di Latina, un consesso storico e molto importante. Sono stata eletta nel direttivo e per la prima volta di una donna, nominata vicepresidente.

Il Circolo si sta riempiendo di gente che non era mai entrata lì e partecipa attivamente a tutte le attività che proponiamo. E io sono molto, molto soddisfatta. Non ho rimpianti della mia “prima” vita, anche perché questa mi impegna molto e mi gratifica. Mi appaga. E devo dire che andando più lenta, assaporo, pregusto e interiorizzo ogni momento e ogni attimo che prima non avevo il tempo di percepire, in quanto mi sfuggivano repentinamente dalla vista e dal cuore.

“Si impara vivendo” diceva il pedagogista americano Kolb. Ecco. Io continuo a farlo. Continuo ad immagazzinare nel mio animo ogni novità e ogni nuova cognizione per allargare sempre di più la mia conoscenza e consapevolezza interiore. E anche la mia crescita. Perché no?

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Il Fatto Quotidiano

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