Deposito nucleare, anche i territori amministrati dalla destra abbandonano il governo. Pichetto: “Senza candidature spontanee saremo noi a decidere”

  • Postato il 25 giugno 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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È passato meno di un anno da quando il ministro dell’Ambiente e della Sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin, proponeva di realizzare non uno, ma tre depositi per le scorie nucleari (uno al Nord, uno al Centro e uno al Sud) e tre anni, invece, da quando il leader della Lega e ministro Matteo Salvini, al convegno dei Giovani Imprenditori, a Rapallo, per la prima centrale nucleare propose: “Fatela nella mia Milano, nel mio quartiere, a Baggio”. La verità, però, è che anche i Comuni italiani governati dalla destra hanno voltato le spalle a Pichetto Fratin. Tanto che lo stesso ministro, in un’audizione davanti alle Commissioni riunite Attività produttive e Ambiente della Camera, ha dovuto ricordare che dopo la pubblicazione, nel 2023, dell’elenco delle 51 aree idonee presenti nella proposta di Carta Nazionale delle Aree Idonee (Cnai) ad ospitare il Deposito Nazionale “non è stata presentata alcuna autocandidatura da parte degli enti territoriali”. E neppure da parte del ministero della Difesa “per quanto riguarda le strutture militari”. Ma se i territori non si faranno avanti, l’ultima parola spetterà al Consiglio dei ministri. Qualche tentativo c’è stato a livello locale, ma nulla di sostanziale è cambiato da allora. E dire che, mentre la costruzione di una centrale nucleare a fissione come quella di cui più volte ha parlato Salvini sarebbe una scelta non obbligata per l’Italia, la realizzazione del deposito delle scorie è necessaria, come ammette ormai anche chi è contrario all’energia dell’atomo.

La necessità del deposito – Perché l’Italia continua a pagare fior di milioni per le scorie radioattive trattate e stoccate all’estero e che, tra l’altro, dovrebbero rientrare e perché molti depositi temporanei sparsi sul territorio non sono affatto adeguati. Eppure mancano candidati. Forse perché l’eredità nucleare italiana è già stata pesante ed è raccontata solo in parte dai metri cubi di rifiuti radioattivi cui Pichetto parla in audizione (leggi l’approfondimento). Al 31 dicembre 2023, in Italia sono presenti circa 32.663 metri cubi di rifiuti radioattivi (aumento di circa il 5% rispetto al 2022), la maggior parte dei quali ad attività bassa e molto bassa, ma il dato più importante è che il 99% del combustibile nucleare irraggiato delle quattro centrali nucleari nazionali dismesse è stato inviato in Francia e in Gran Bretagna per il suo riprocessamento. E deve rientrare.

A che punto è la procedura – Come ricordato dal ministro, di fatto, in assenza di autocandidature, è stata avviata la procedura di Valutazione ambientale strategica sulla proposta di Cnai che è attualmente in corso ed è stata avviata la fase di consultazione finalizzata a definire la portata e il livello di dettaglio delle informazioni da includere nel Rapporto Ambientale, la cosiddetta fase di scoping, conclusa a gennaio 2025. Conclusa la Valutazione ambientale strategica, la Cnai e il relativo ordine di idoneità (aggiornati dalla Sogin) saranno approvati con decreto del Mase, di concerto con il Mit, previo parere tecnico dell’Ispettorato nazionale per la sicurezza nucleare. Poi si procederà con l’acquisizione di possibili manifestazioni di interesse aperta a Regioni ed enti locali nel cui territorio ricadono le aree individuate dalla Cnai. Ed è a questo punto che dovrebbero partire trattative bilaterali, per individuare “gli interventi descritti nel programma di incentivazione che beneficiano di misure premiali, nel rispetto delle quantificazioni economiche previste” ha spiegato Pichetto. Successivamente, su ciascuna area dovrebbero essere effettuate indagini tecniche della durata di 15 mesi, svolte dalla Sogin, che formulerà una proposta di localizzazione al Mase. Il ministro, sulla base del parere vincolante dell’Isin, di concerto con il Mit e sentito il ministero dell’Università e della Ricerca (Mur) per gli aspetti relativi all’attività di ricerca, individuerà con proprio decreto il sito unico dove realizzare il Deposito Nazionale.

Non ci sono candidati. Ma c’è una data – “È utile specificare che, nel caso in cui si riscontri l’assenza di manifestazioni spontanee o la mancata definizione dell’intesa – ha detto il ministro Pichetto – saranno attivati dei Comitati interistituzionali misti Stato-Regioni, come forma ulteriore di sollecitazione alla leale collaborazione e sarà ricercata l’intesa della Conferenza Unificata”. Se neppure questa strada dovesse funzionare (o perché non si costituirà il comitato o in caso di mancato raggiungimento delle intese sui singoli siti) la decisione sarà assunta con decreto del Presidente della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei Ministri, integrato con la partecipazione del presidente della Regione interessata. Questo è quanto. Di fatto, nonostante nessun sito si sia candidato, “sulla base delle stime più recenti fornite dalla Sogin, orientativamente – ha spigato Pichetto Fratin – si ritiene che si possa prevedere per il 2029 il rilascio del provvedimento di autorizzazione unica e per il 2039 la messa in esercizio del deposito nazionale” dove smaltire in via definitiva i rifiuti radioattivi a molto bassa e bassa attività, derivanti da attività industriali, di ricerca e medico-sanitarie e dalla pregressa gestione di impianti nucleari.

Dal Pd ad Azione, la perplessità sulle parole di Pichetto – “Il Governo Meloni vuole riaprire le centrali nucleari ma non riesce nemmeno a gestire in maniera seria ed efficace la messa in sicurezza dei rifiuti radioattivi presenti attualmente nel nostro Paese” dichiarano in una nota congiunta la presidente del Gruppo Pd della Camera Chiara Braga e i deputati Pd in Commissione Ambiente ed Attività Produttive di Montecitorio Simiani, Pandolfo, Curti, Evi, Ferrari, De Micheli, Di Sanzo, Gnassi e Peluffo. “Sul deposito unico siamo tornati al punto di partenza e il ministro Pichetto Fratin continua ad alimentare l’incertezza sullo smaltimento delle scorie nucleari dopo un imbarazzante avanti e indietro che ha fatto perdere tre anni di tempo e che sta creando solo problemi” aggiungono. “Il ministro Pichetto Fratin fa come Penelope che tesse la tela e poi la disfa per prendere tempo e non fare il deposito unico mentre vuole riportare il nucleare” commenta Angelo Bonelli, deputato di Avs e co-portavoce di Europa Verde. “Il ministro è intervenuto in Parlamento per dichiarare che la scelta sul deposito delle scorie radioattive non può più attendere. Peccato – aggiunge – che governi da tre anni e che a bloccare l’individuazione del sito preposto sia stata proprio la sua maggioranza di destra, che con manifestazioni e proteste da parte di deputati di Fratelli d’Italia, Lega e Forza Italia ha detto no al deposito”. Le parole del ministro non hanno chiarito i dubbi neppure a chi è favorevole al nucleare. “Sarà l’orario mattutino, ma usciamo dall’audizione con il ministro Pichetto più confusi di quando siamo arrivati. Noi siamo favorevoli al nucleare – ha precisato Fabrizio Benzoni, vice capogruppo di Azione alla Camera e componente della commissione Attività produttive – e speriamo si possa fare il prima possibile, ma il ministro alla stampa parlava della necessità di più siti per lo smaltimento delle scorie e in commissione ci parla di un unico sito. È vero quanto dice alla stampa o quanto dice al parlamento?”.

La confusione sul numero di depositi – In realtà, dopo che a ottobre 2024, aveva proposto di ammodernare i siti esistenti in attesa del deposito, più di recente Pichetto aveva parlato della convinzione ormai maturata che fossero necessari più depositi. E l’ipotesi, tra l’altro, era stata scritta nero su bianco e pubblicata sulla ‘Piattaforma nazionale per il nucleare sostenibile’ ad aprile scorso, come ricordato da ilfattoquotidiano.it. Ma è chiaro che non c’è una strada già segnata. Il ministro indica anche la necessità di individuare una struttura temporanea (il centro stoccaggio alta attività – Csa) per i rifiuti radioattivi a media e alta attività e il combustibile irraggiato, nell’attesa di una soluzione per il loro smaltimento in un deposito geologico “internazionale come opzione preferita o, in alternativa, sul territorio nazionale”. A livello nazionale, secondo Pichetto, potrebbe partire “dal 2050” un programma di studi e qualificazione preliminari per la realizzazione del deposito geologico nazionale. Rispondendo alle domande dei parlamentari, il ministro precisa che sta valutando la possibilità di creare uno o più depositi, compreso quello temporaneo. “Abbiamo la bassissima attività che attualmente è stoccata – ha spiegato – quella ospedaliera negli ospedali, in circa 100 micrositi. Ho chiesto agli uffici di fare una valutazione rispetto ad alcune situazioni perché se c’è decadimento di alcuni elementi in 15 giorni, non vale la pena caricarli sull’autocarro e trasportarli. Cominciamo bene a capire nel merito di cosa parliamo”.

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