Da oggi, senza Papa Francesco, le persone in carcere sono più sole

  • Postato il 21 aprile 2025
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Papa Francesco ci ha lasciati. Da oggi siamo tutti più soli. Sicuramente lo sono le persone che vivono in carcere e quelle che intraprendono percorsi di migrazione, due categorie alle quali Francesco ha da sempre mostrato la più grande vicinanza.

Come primo gesto del suo pontificato, solo due settimane dopo la elezione, nel marzo 2013 Papa Francesco decise di celebrare la messa del Giovedì Santo nel carcere minorile romano di Casal del Marmo. Voi ci siete, io vi ascolto, voi per me siete importanti: questo diceva con quel gesto ai ragazzi detenuti, gli stessi che oggi abitano i nostri istituti penali per minorenni abbandonati a loro stessi da una cultura escludente e punitiva che ha rinunciato al dialogo e all’inclusione sociale.

L’estate successiva Francesco si recò a Lampedusa, dove parlò di convivenza pacifica e inclusiva tra italiani e migranti. Nell’epoca dei muri, delle frontiere, dei respingimenti e dei centri in Albania, non si è mai stancato di usare le sue parole più forti per predicare l’accoglienza verso chi arriva alle nostre coste.

In quella stessa prima estate da Papa, il Pontefice scelse di introdurre il reato di tortura nell’ordinamento vaticano (quel reato che l’Italia ha impegnato oltre trent’anni per riconoscere) e di abolire la pena dell’ergastolo. Scelte impopolari, in un’epoca segnata dal populismo penale che chiede vendetta e intransigenza soprattutto per le categorie sociali più deboli.

L’anno successivo, in un memorabile discorso alla delegazione internazionale dei penalisti, Francesco spiegava che contro le derive populiste “la missione dei giuristi non può essere altra che quella di limitare e di contenere tali tendenze. È un compito difficile, in tempi nei quali molti giudici e operatori del sistema penale devono svolgere la loro mansione sotto la pressione dei mezzi di comunicazione di massa, di alcuni politici senza scrupoli e delle pulsioni di vendetta che serpeggiano nella società. Coloro che hanno una così grande responsabilità sono chiamati a compiere il loro dovere, dal momento che il non farlo pone in pericolo vite umane, che hanno bisogno di essere curate con maggior impegno di quanto a volte non si faccia nell’espletamento delle proprie funzioni”.

Non vi è dubbio che Papa Francesco abbia reso fede al proprio nome di costruttore di ponti. Con il cuore e l’intelligenza, ha unito le sponde che troppo spesso ci dividono dalle varie forme di povertà sociale. Prima di morire è voluto tornare a Regina Coeli, accanto a coloro davanti ai quali non smetteva di sorprendersi e di domandarsi perché loro e non lui.

Adesso ci si risparmino le lacrime di coccodrillo di chi lo ha sempre contraddetto nelle azioni politiche. E si raccolga invece la sua richiesta di un gesto di clemenza per le carceri e la situazione inumana in cui versano.

Ciao Francesco, sei stato un amico, un compagno di viaggio, una speranza. Sei stato il punto più alto della politica mondiale. Ci mancherai per sempre.

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Il Fatto Quotidiano

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