In Yemen milioni di persone sono a rischio dopo i tagli Usa all’assistenza umanitaria
- Postato il 21 aprile 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Anni di conflitto e conseguente crisi umanitaria in Yemen hanno costretto 19 milioni e mezzo di persone, oltre la metà della popolazione, a dipendere dagli aiuti umanitari. I profughi interni sono quasi cinque milioni, in maggior parte donne, bambine e bambini.
Durante la prima amministrazione Trump e quella di Biden, gli Usa sono stati il più generoso donatore: nel 2024 hanno fornito assistenza per 768 milioni di dollari, la metà del totale della risposta umanitaria globale alla crisi dello Yemen. Ora che, all’inizio del suo secondo mandato, Trump ha brutalmente e irresponsabilmente tagliato i fondi per l’assistenza umanitaria all’estero (al 10 marzo risultava cancellato l’83 per cento dei programmi di assistenza gestiti da Usaid), che succederà?
Amnesty International lo ha chiesto a dieci esperti e operatori umanitari e a sei rappresentanti di organizzazioni yemenite per i diritti umani. La risposta è stata unanime: le conseguenze saranno devastanti per una popolazione già fragilissima, con altra sofferenza, tanti altri morti e ulteriore instabilità. Il fatto che per il dipartimento di stato Usa chi controlla buona parte del paese, il gruppo armato huthi, sia classificato come “organizzazione terrorista straniera” complica ulteriormente le cose. Diverse organizzazioni umanitarie internazionali hanno già dovuto sospendere le proprie attività nel nord dello Yemen, sulla base di un decreto della Casa bianca che blocca i fondi a “chi critica l’azione internazionale per contrastare Ansar Allah [gli huthi] e non denuncia in modo adeguato la sua violenza”.
Non si tratta qui di discutere cosa siano gli huthi (più volte in questo blog si è scritto delle loro nefandezze contro donne, giornalisti e civili sotto il loro controllo) quanto di lamentare l’assenza di una “eccezione per motivi umanitari” in favore di azioni letteralmente salvavita che riguardano proprio la parte dello Yemen controllata dagli huthi, dove sono milioni le donne in gravidanza o in fase di allattamento e i bambini e le bambine denutriti. Una popolazione affamata, sfollata ed esausta da anni di guerra è dovuta anche finire nuovamente sotto le bombe (non saudite ma statunitensi questa volta) dal 15 marzo, quando gli Usa hanno intensificato le loro operazioni militari contro lo Yemen conducendo numerosi attacchi aerei contro le province controllate dagli huthi, tra le quali quella della capitale Sana’a, Da’adah e Hodeidah.
Ha riassunto bene la situazione un operatore umanitario presente in Yemen: “Siamo costretti a prendere decisioni sulla vita e la morte delle persone al buio, senza avere informazioni. Non c’è nessuno con cui parlare. Mandiamo mail che non ricevono risposta”. L’impatto maggiore, come sempre, è atteso nei confronti delle donne e delle bambine. Nello Yemen non è fissata per legge un’età minima per il matrimonio e quasi un terzo delle donne è andata in sposa quando aveva meno di 18 anni. Lo Yemen ha anche uno dei più alti tassi di mortalità materna dell’Asia sudoccidentale: 200 donne morte ogni 100.000 parti.
I tagli ordinati da Trump hanno già causato la chiusura di decine di spazi sicuri in cui trovare salvezza o cui denunciare la violenza di genere. Lo stesso destino, la chiusura, è attesa per i centri di salute sessuale e riproduttiva e per quelli di assistenza legale e di sostegno psicologico. Il paradosso è che, mentre l’amministrazione Trump si accanisce contro chi non denuncia abbastanza le malefatte degli huthi, a essere danneggiate saranno esattamente le organizzazioni locali per i diritti umani i cui operatori e le cui operatrici hanno subito arresti e sparizioni per averlo fatto. “La fine dei finanziamenti ci ridurrà al silenzio”, ha commentato uno di loro.
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