Collezionismo consapevole? Essenziale per orientarsi nel surplus di arte che affolla la contemporaneità

Tra le conseguenze meno note dell’esplosione del mondo della comunicazione rientra senza dubbio la difficoltà di identificare correttamente il perimetro di una data corrente artistica, a meno che non si tratti di una corrente che coinvolge in modo significativo dei grandi operatori del mercato di riferimento.

Arte e correnti artistiche, una classificazione che risulta più facile in ambito musicale

Se pur con qualche difficoltà oggi è possibile, ad esempio, affermare cosa sia la scena pop italiana, e quali siano le evoluzioni che tale scena ha subito nel corso degli ultimi decenni; diviene molto più complesso esplorare i limiti e i confini del mondo dell’elettronica, anche solo italiana, che ha sicuramente dei nomi di punta, ma che coinvolge sottogeneri molto distinti tar loro, che aderiscono a visioni di vita e di fruizione altrettanto differenti. 
Al di là delle sfumature critiche, legate soprattutto all’aspetto della produzione, è comprensibile che un evento live di QuadratoX possa rivelarsi un’esperienza molto diversa da un evento di Silvia Kastel
Sono esperienze che coesistono, che talvolta si lambiscono negli ascolti, ma che rimandano ad esperienze fruitive molto differenti. Così, pur rientrando all’interno nel macro-contenitore dell’“elettronica” rappresentano dimensioni culturali diverse.

Musica: una mole di contenuti che data la smaterializzazione tenderà ad aumentare  

Per quanto possa risultare insolito, iniziare una riflessione sull’arte, e sul collezionismo, partendo dalla musica può essere utile a chiarire degli aspetti che, limitando la riflessione alle sole dimensioni delle arti figurative, risulterebbero inevitabilmente più vaghi.
Da una ricerca condotta nel 2023 da Luminate, è emerso che soltanto su Spotify vengono caricate circa 83 canzoni al minuto. Il che significa che nel tempo di lettura di questo articolo, ipotizzando una durata media di 3 minuti per ogni brano, saranno state caricate su Spotify circa 21 ore di brani.
A questo si aggiungano i dati di altre piattaforme più settoriali, come Bandcamp, che accoglie tendenzialmente una selezione più emergente, o più generaliste, come YouTube, che ospita una vasta gamma di contenuti audiovisivi.
Una mole di produzione che necessariamente tenderà ad aumentare grazie anche alle nuove tecnologie, non da ultimo l’intelligenza artificiale, e che renderà sempre più ampia la differenza tra ciò che è obiettivamente ascoltabile all’interno di un’intera vita, e la grande mole di produzione disponibile.

The Shin Collection. The Vault of Masterpieces, KAIST Art Museum, Corea del Sud, 2025. Courtesy Shin Gallery. Photo Ji Ho Jun
The Shin Collection. The Vault of Masterpieces, KAIST Art Museum, Corea del Sud, 2025. Courtesy Shin Gallery. Photo Ji Ho Jun

Arte contemporanea, una produzione in crescita per quanto ancora legata al supporto 

L’esempio della musica diviene quindi calzante: a differenza dell’espressione musicale, che ormai ha quasi del tutto abbandonato il supporto fisico e si divide tra produzioni digitali ed eventi dal vivo, l’arte contemporanea, a patto che non si tratti delle correnti digitali, si sviluppa principalmente attraverso canali fisici, il che rende difficile ad esempio calcolare quante opere d’arte vengono esposte nelle gallerie nel mondo, ma basta sfogliare piattaforme come SaatchiArt o OpenSea per comprendere che, anche per il mondo dell’arte contemporanea la quantità di contenuti prodotti ha ormai raggiunto livelli significativi.

L’unicità dell’opera è il vero elemento che differenzia l’arte dalle altre forme di creatività

Non differente è la condizione degli altri segmenti dell’audiovisivo (cortometraggi, opere video sperimentali, lungometraggi, cinematografia in realtà virtuale) o dell’editoria (libri, saggi, poesie, racconti brevi), ma questa condizione, per l’arte, è ancora particolarmente rilevante a causa di quel meccanismo di unicità dell’opera che pur avendo una minore rilevanza rispetto al passato, risulta ancora fortemente legato alla fisicità e alla non industrializzazione dell’agito artistico figurativo. Questo elemento si traduce necessariamente nei livelli di diffusione e, di conseguenza, di rappresentatività. Un brano musicale è immaginato per essere condiviso, ancor più nell’era della completa dematerializzazione dei supporti: e detto in termini semplici, significa che uno stesso brano può essere inserito all’interno di infinite playlist e può essere posseduto da infiniti soggetti.Non è così per l’arte figurativa, e spesso non lo è nemmeno per l’arte digitale, per la quale si continuano ad immaginare forme di “proprietà esclusiva”.

Il collezionismo sarà dirimente per determinare, in futuro, le espressioni artistiche più rappresentative del presente

Se quindi, tra trent’anni, i critici musicali volessero indagare quali siano state le influenze di eventi come Covid, guerra in Ucraina, guerra a Gaza e via discorrendo, potranno, nel caso delle espressioni musicali, avere quantomeno una traccia quantitativa che fornisca loro un indizio che vada oltre le produzioni più istituzionalizzate.  Per l’arte contemporanea, probabilmente, questa dimensione sarà meno evidente, e l’osservazione, necessariamente, si dovrà basare sui report delle case d’asta, che difficilmente coinvolgono opere d’arte contemporanea, sulle mostre più visitate, che di frequente vengono dedicate a chi ha già un grande “brand” presso il grande pubblico. In questo scenario, il collezionismo acquisisce un’importanza qualitativamente differente rispetto al resto della nostra storia dell’arte, quantomeno per l’arte prodotta oggi, perché saranno le scelte di acquisto dei collezionisti a determinare, in buona sostanza, quali possano essere le espressioni a noi coeve considerate più rappresentative del nostro tempo. Il dadaismo, ad esempio ci aiuta ad interpretare il periodo a cui è legato. 

In un’epoca in cui l’arte diviene orpello il collezionista assume un ruolo di responsabilità

Oggi quali sono le correnti espressive che si permeano del quotidiano e lo interpretano attraverso nuove forme? Sono i Cryptopunk o è Damien Hirst? È il fenomeno Labubu o quello Brain rot? Banksy o Svvcy?
Oggi che la critica ha perso il proprio ruolo divenendo spesso orpello necessario e retribuito di ogni mostra, per piccola che sia; oggi che sempre più gallerie non investono negli artisti, ma si limitano a esporli; oggi che il nostro mondo è così profondamente immerso in immagini, sviluppare una propria collezione d’arte è un’azione di responsabilità importante, attribuendo una data opera la capacità di rappresentare il proprio tempo. Non il semplice meccanismo di mercato di chi si accoda ai grandi trend per rivendere gli oggetti al momento più opportuno. Né il semplice meccanismo di appassionato che punta ad avere una collezione concettualmente o esteticamente coerente. 

Il collezionista di oggi: un giudice di rappresentatività

Il collezionista, oggi, deve più che mai percepirsi come un giudice di rappresentatività: una persona che è disposta a investire le proprie risorse per possedere un’opera, e contestualmente isolarla dalla massa costante dello scrolling artistico. Una guida, a suo modo, per aiutare ad interpretare questo tempo così particolare, sia per chi vorrà in futuro cercare di mettere ordine nel nostro presente, sia per chi vorrà invece, già da oggi, promuovere una lettura del presente differente da quella inevitabilmente evincibile dalla vetrina incessante dei social network.

Stefano Monti

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Autore
Artribune

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