Apparizioni silenziose. I dipinti di Eleonora Rinaldi sono a Venezia
- Postato il 8 settembre 2025
- Arte Contemporanea
- Di Artribune
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Entrare nella project room che ospita la mostra di Eleonora Rinaldi (Udine, 1994) a Ca’ Pesaro significa varcare un confine sensibile, attraversare un passaggio sottile tra apparizione e rito, tra ciò che chiede di essere visto e ciò che sfugge. Le opere non si impongono: si lasciano incontrare, ma non catturare. È la visione stessa a essere messa in discussione, con una radicalità silenziosa. Curata da Francesco Liggieri e Christian Palazzo, Órama – dal greco antico: “visione”, “apparizione” – è già una dichiarazione di intenti. Qui non si tratta di osservare, ma di sostare. Di accogliere l’idea che comprendere sia un atto fragile, e che la pittura possa diventare uno spazio dove vedere significa esporsi.

Presenze in bilico. La mostra di Eleonora Rinaldi
Il dipinto The Watchers ci introduce a una condizione percettiva instabile, dove lo sguardo – che credevamo nostro – ci viene restituito, ma alterato. L’incontro è obliquo, come nei sogni: si è presenti e assenti al tempo stesso. I volti affiorano appena, trattenuti sul confine del riconoscibile, e il piccolo formato esaspera la tensione. Nella prossimità, lo sguardo vacilla. Questa stessa vibrazione attraversa anche La Nuit e La fleur fanée, dove la pittura si fa più rarefatta. Non descrive, ma evoca, proponendo una presenza da abitare. Le figure sembrano emergere da un tempo interiore, illuminate da una luce che trasfigura anziché rivelare. La materia pittorica agisce per sottrazione, lasciando affiorare immagini precarie, mai pienamente formate.

Quadri-soglia: superfici da attraversare
Le répos éclaré – per dimensioni e intensità – si impone con discrezione come uno dei poli magnetici della mostra. La tela respira lentamente. La figura accovacciata, in tutt’uno con la natura, evoca un rito silenzioso, una sospensione. La luce non invade, ma filtra come attraverso un velo. un L’atto del guardare diventa così un gesto meditativo, un esercizio di attenzione che si oppone alla bulimia visiva contemporanea. Anche in L’idée du Deluge, la pittura si fa interiore e catastrofica al tempo stesso. Il titolo allude a un’apocalisse, ma l’immagine non è spettacolare. Il diluvio si manifesta come uno stato dell’anima. L’opera sembra sul punto di cedere alla materia che la sostiene: i contorni sfumano, l’immagine si ritira. È un pensiero liquido che cola dai bordi della tela, come se tutto fosse attraversato da un lento, tacito collasso.

Tracce minime e presenze al margine
La serie su carta Night Rider introduce un cambio di registro. I disegni, realizzati a matita, sono ridotti all’essenziale. I segni sottili tracciano frammenti di presenze, dove la grafite è lieve, quasi mentale. I tratti sembrano pensieri sul punto di diventare immagine, esitanti, trattenuti. Ogni foglio custodisce una visione in bilico tra manifestazione e scomparsa. Little Birds si presenta come un’apparizione leggera ma inquieta. Le piccole presenze alate – poste all’estremo opposto di The Watchers – sembrano in silenzioso dialogo. Il titolo evoca grazia, ma ciò che l’immagine racchiude è una tensione latente. Come figure liminari, si situano tra il visibile e l’impercettibile, tra gioco e presagio. Anche qui, la natura diventa condizione interiore.

Eleonora Rinaldi. Il sogno come politica dello sguardo
Alla fine del percorso si comprende che Órama non è una sequenza di opere, ma un’unica esperienza percettiva, in cui ogni lavoro invita a riconsiderare la visione come pratica interiore, lenta, mai garantita. Vedere diventa un gesto etico, un’esposizione all’incertezza. Come scriveva Coleridge: “Se un uomo attraversasse il paradiso in sogno, e gli dessero un fiore in pegno che il suo passaggio fosse reale… e se al risveglio lo trovasse ancora in mano?”. Le immagini di Rinaldi sono così: apparizioni che restano, non per ciò che mostrano, ma per ciò che aprono.
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