Ansia climatica, i suggerimenti di due psichiatri per non farsi abbattere dalla “Natura matrigna”
- Postato il 22 luglio 2025
- Ambiente
- Di Il Fatto Quotidiano
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Inducono uno stress post traumatico a insorgenza acuta, con decorso variabile e durata non prevedibile; peggiorano o comunque mutano la condizione psicopatologica di chi già soffre di un disturbo mentale; danno origine cronicamente a sintomi di lutto e perdita, oltre che di insicurezza, instabilità e disperazione; producono ansia e sintomi depressivi anche in chi non ne è colpito direttamente. Inquinamento, siccità, innalzamento della temperatura (specie nei contesti più antropizzati, inquinati e degradati), ma anche alluvioni, cicloni, inondazioni, tempeste hanno un impatto pesante sulla nostra salute mentale. Impatto documentato in maniera completa e scientifica dal saggio di Luigi Janiri, professore di Psichiatria presso l’Università cattolica del Sacro Cuore e Presidente della Sezione di Ecologia, Psichiatria e Salute mentale dell’Associazione Mondiale di Psichiatria, e Paolo Cianconi, psichiatra, psicoterapeuta e antropologo, Cambiamento climatico e salute mentale (Cortina editore). Un saggio nel quale gli autori auspicano che la psichiatria, la psicologia e la psicoterapia prendano finalmente in considerazione nella propria pratica clinica elementi fino a poco tempo fa considerati marginali, come i determinanti ambientali. “La nostra società dovrà vivere nei prossimi anni con ondate di calore, smottamenti, inondazioni, alluvioni, dovremo stare mesi chiusi al caldo l’estate”, spiega Cianconi. “Purtroppo in psichiatria si sa che la natura dà benessere, ma poco si dice su come alleviare i sintomi che si manifestano quando la natura si degrada e distrugge, se vedi il paesaggio a cui sei abituato da bambino diventare arido, se vedi gli animali scomparire. E anche la psicologia delle emergenze entra nel merito di un singolo evento, un singolo disastro, ma non si occupa di un evento che è costante nel tempo”. “Il cambiamento climatico”, nota a sua volta Janiri, “va ad aggravare la condizione di pazienti e persone che sono già portatrici di un disturbo psichico, situazioni già pesanti dal punto di vista psicopatologico”.
Dalla natura benigna a quella matrigna
La crisi ambientale rappresenta per l’essere umano, sostengono gli autori, “l’ennesima ferita narcisistica, dopo la rivoluzione copernicana, la teoria darwiniana, quella freudiana. L’idea di una natura madre lascia il posto a una natura matrigna, che si ritorce contro l’uomo”, spiega il professore della Cattolica. Inoltre, questa crisi mette le persone di fronte alla fragilità e alla mortalità umana e provoca pensieri e sentimento consci e inconsci sulla morte, sul possibile crollo della civiltà e sull’estinzione umana, specie nei giovani, combinandosi con le paure più recenti della pandemia e della guerra.
A volte, notano i due esperti, l’angoscia e l’ansia possono diventare così opprimenti da provocare uno stato di apparente apatia, inazione o totale inerzia (ecoparalisi). Questi stati mentali possono essere così intensi da compromettere il funzionamento quotidiano, soddisfacendo i criteri per un disturbo mentale, e persino portare al suicidio.
Resilienza collettiva e setting di gruppo
Come agire dunque sull’ansia climatica? Anzitutto, gli autori notano come la crisi climatica porta con sé un trauma culturale, che tuttavia può condurre a una “sindrome del risveglio”, una presa di consapevolezza della gravità della situazione planetaria, da cui spesso scaturisce la necessità di fare qualcosa. Si passa dalla negazione, alla semiconsapevolezza, al risveglio, allo stato di shock, per poi andare verso il potenziamento, l’azione e spesso l’attivismo.
La resilienza può nascere “dalle famiglie, in grado di organizzarsi e sostenersi, rafforzando l’attaccamento alla comunità, stabilendo sistemi di supporto sociale che contribuiscono alla coesione, spesso con un forte legame, anche spirituale, alla propria terra”, scrivono gli autori. In questo senso, oltre ad aprire il setting individuale della psicoterapia all’ambiente, per l’ansia climatica può essere molto utile “un setting gruppale, ispirato alla filosofia del mutuo aiuto inaugurata dagli Alcolisti Anonimi: riunirsi e parlare insieme delle proprie paure, e dei propri fantasmi”, spiega Janiri.
Nel libro si indicano poi modi per trattare l’ansia ecologica: promuovere la resilienza interiore, con interventi cognitivi, sulle emozioni, interventi incentrati sull’espressione creativa, sulle arti e sui sogni. Ancora: aiutare a trovare una connessione sociale e un sostegno emotivo unendosi a gruppi; incoraggiare ad agire, connettersi con la natura.
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