“Qui vincono gli artisti, non le opere”. Parla il curatore del Premio Michetti in Abruzzo
- Postato il 10 agosto 2025
- Arte Contemporanea
- Di Artribune
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Venticinque artisti, un mese e mezzo di tempo e cinque sedi espositive. Così Massimiliano Scuderi ha fatto il suo esordio come curatore del Premio Michetti, uno dei più longevi d’Italia, per un’edizione, la 76esima, a dir poco particolare, a partire dalle circostanze organizzative. Invitato dal nuovo presidente Pier Luigi Sacco, e già confermato anche per l’anno prossimo, Scuderi ha trasformato le difficoltà in opportunità conferendo al Premio una ventata di novità, attraverso una mostra, dal titolo volutamente ironico e provocatorio: Group shows kill the group, concepita per premiare gli artisti più che le opere. I venticinque invitati sono tutti Millennials e, oltre il dato anagrafico, condividono un’attenzione particolare per gli oggetti. Ma lasciamo che sia il curatore stesso a raccontarci i “come” e i “perché” delle sue ben determinate scelte espositive e curatoriali.
Intervista a Massimiliano Scuderi, curatore del Premio Michetti a Francavilla
Per Iniziare ci racconta come ha affrontato questo invito a dir poco sfidante?
Pur essendo una situazione complessa, per il pochissimo tempo a disposizione – in cui dover realizzare oltre alla mostra, anche gli inviti agli artisti, trattandosi di un premio a open call – ciò che mi ha spinto ad accettare è stata la direzione di Pier Luigi Sacco, con cui avevo già avuto il piacere di collaborare, e la solidità del team, un gruppo rodato con cui lavoro da sempre.
Com’è nato il concept della mostra?
Quando ho ricevuto l’invito ho pensato immediatamente al significato che oggi i premi e le mostre ad essi collegate rivestono nel sistema dell’arte; arrivando alla conclusione che spesso, si riducono a esposizioni collettive, in cui le singole opere non sono rappresentative degli artisti. Così, ispirandomi a Les Levine (Dublino, naturalizzato USA, 1935), artista novantaduenne, con cui sto lavorando, tra i primi a proporre opere di videoarte, ho mutuato il titolo della mostra, Group shows kill the group, da una sua lettera con cui negli Anni Novanta declinò garbatamente l’invito di un gallerista newyorkese a partecipare a una mostra collettiva spiegando che: “le mostre collettive non contribuiscono allo sviluppo delle poetiche e dei lavori dei singoli artisti partecipanti”. Così ho costruito un group show composto da tante piccoli personali, perché ogni artista è rappresentato da più opere in uno spazio dedicato. Insomma, ho voluto fare un progetto che premia gli artisti più che le singole opere.








Gli artisti invitati da Massimiliano Scuderi a Francavilla in occasione del Premio Michetti 2025
Come si è evoluto il progetto?
Si è tradotto nell’approfondimento degli artisti appartenenti alla generazione dei Millennials, ovvero nati tra l’inizio degli Anni ’80 e la metà degli Anni ’90, in Italia, che a mio parere, attualmente, esprimono alcune delle ricerche più interessanti nel panorama dell’arte nazionale e internazionale. E, nel dialogo con loro, sono emerse una serie di interessanti idee poi confluite nel concept della mostra.
Qual è il focus della mostra?
Questa generazione di artisti middle career si confronta con aspetti esistenziali del fare arte, volti a mettere in discussione la centralità umana a favore di un interesse per l’oggetto. Il loro interesse per il New Realism e quindi per una nuova modalità di rapporto con gli oggetti mi ha spinto a partire dalle teorie del filosofo americano Graham Harman, in particolare da Object-Oriented Ontology (OOO), volume in cui ridistribuisce lo statuto ontologico tra esseri viventi, oggetti e concetti, suggerendo letture non antropocentriche della realtà.
Nello specifico, come ha selezionato gli artisti?
Partendo dall’intuizione di analizzare lo scenario con occhi nuovi, adottando categorie filosofiche ed estetiche proprie della contemporaneità, ho seguito un principio di coerenza, invitando gli artisti che stanno lavorando sul tema citato.
Ci vuole fare i nomi?
Va bene, in ordine alfabetico hanno partecipato: Gianluca Belloni, Marzia Cerio & Marwann Frikach, Clusterduck, Giulia Crispiani, Michela De Mattei & Invernomuto, Giuseppe De Mattia, Caterina De Nicola, Alessandro Di Pietro, Stefano Faoro, Gabriele Garavaglia, Francesco João, Eleonora Luccarini, Nicola Martini, Marco Pio Mucci, Raffaela Naldi Rossano, RM, SAGG Napoli, Miranda Secondari, Davide Stucchi, Constantin Thun, Massimo Vaschetto. E ancora: Maurizio Mercuri, Angelo Mosca, Sergio Limonta e Lorenzo Scotto di Luzio.
Tutti della stessa generazione fatta eccezione per quattro “outsider”?
Esatto: Maurizio Mercuri, Angelo Mosca, Sergio Limonta e Lorenzo Scotto di Luzio, li ho definiti proprio così, nell’accezione più positiva del termine. Quattro artisti che ho deciso di innestare nel tessuto espositivo per l’influenza che hanno avuto sui loro colleghi più giovani, visibile sotto forma di citazioni e rimandi. Con cui condividono una parziale estraneità dai circuiti del sistema dell’arte e, soprattutto, una sensibilità che si può leggere come una matrice culturale attraverso cui interpretare la contemporaneità. Precisando tuttavia che la generazione dei Millennials, non solo rimane autonoma, ma costituisce un gruppo; dal momento che, pur non essendo un movimento codificato, si tratta di un nucleo di artisti che si conoscono, per essersi formati in modi vicini, e tra cui è vivo il dialogo anche su aspetti legati al lavoro.
Quindi sostanzialmente il titolo si rivela davvero come una provocazione…
Esatto, come emerge palesemente dalla mostra, mi pare che la vera novità sia proprio il ritorno di un dialogo critico tra gli artisti, anche per approfondire temi legati alla propria ricerca, dopo decenni di individualismi.

Una mostra “esplosa sul territorio” per coinvolgere la comunità di Francavilla
Il progetto si caratterizza anche per un allestimento che si snoda in più sedi espositive…
Volevamo creare un circuito virtuoso per creare un’interazione tra il Premio la Fondazione e la città, promuovendo al tempo stesso la riscoperta del luogo da parte dei visitatori della mostra e del Premio da parte dei cittadini meno inclini ad andare al museo. Così siamo riusciti a far “esplodere” la mostra oltre la canonica sede del Premio, la Fondazione Michetti, per approdare prima nei due piani dell’Ipogeo e nella corta centrale dell’edificio, che ospita anche la il MUMI, il Museo Michetti; poi in spazi esterni dislocati nel comune di Francavilla: la Torre Ciarrapico, sede del Museo Navale, la Chiesa di San Bernardino, il Mercato Coperto, il Lido Marinella e, per il giorno dell’opening, piazza San Domenico.
A proposito di aperture che lei sia andato oltre gli spazi convenzionali non solo in termini di location…
In effetti, partendo da una concezione estremamente libera di allestimento non ci siamo limitati alle sale espositive, ma abbiamo “invaso” anche ambienti e luoghi interstiziali, come ascensori e spazi tecnici.
Una libertà che tocca anche la selezione delle opere, giusto?
In effetti, l’altra grande novità di questa 76esima edizione è che per la prima volta si è aperta alla multimedialità e alla performance, tanto che tra i vincitori c’è il video Paraflu, 2025 di Michela De Mattei & Invernomuto, accanto alla scultura Roberspierre, 2025 di Caterina De Nicola e alle due menzioni ovviamente di Sergio Rimonta e Angela Mosca.
Le anticipazioni di Massimiliano Scuderi sulla 77esima edizione del Premio Michetti
Viste tutte queste novità in così breve tempo, immagino che per l’anno prossimo ce ne siano già in cantiere altre, ci vuole dare qualche anticipazione?
Volentieri, l’anno prossimo il Premio Michetti avrà un respiro internazionale, con artisti da tutto il mondo e una curatela a più voci che condividerò con altri colleghi. Infine, mentre quest’anno, salvo alcune eccezioni, abbiamo dovuto attingere a un bacino di opere esistenti, il prossimo sarà caratterizzato dalla produzione di opere sul territorio di Francavilla che è ricco di eccellenze artigiane con cui ho già avuto modo di collaborare.
Ci dica di più…
Ritengo che il punto sia rendere il Premio un reale motore di crescita per la comunità, con l’obiettivo di creare una concreta connessione tra gli attori principali: Fondazione, artisti e territorio, che, quest’anno per carenza di tempo, è stato possibile raggiungere in maniera parziale, estendendo la mostra oltre la Fondazione Michetti. In quest’ottica è chiaro che gli artisti non possono arrivare dall’alto con opere realizzate altrove, come se fossero scesi da un’astronave, ma è necessario creare un legame aprendo un dialogo con le maestranze. Quindi gli artisti l’anno prossimo saranno invitati a produrre direttamente in loco le opere per innescare attraverso l’arte contemporanea e la cultura dei processi rigenerativi del territorio.
Per concludere, una parola sulla nuova direzione di Pier Luigi Sacco che ha innescato questo processo di rinnovamento pressoché totale.
Come emerge chiaramente da questo inizio, Pier Luigi Sacco si propone di dare un nuovo corso alla Fondazione, di cui la mostra e il premio rappresentano il motore di partenza. L’idea, come dimostrato anche dal Premio, è di aprirsi alla città attraverso un fitto public program, workshop e progetti laboratoriali volti a coinvolgere l’intera comunità, non solo gli appassionati d’arte, per trasformare la Fondazione in un hub culturale, un punto di riferimento cittadino.
Ludovica Palmieri
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