Ponte sullo Stretto: un’opera inutile ormai non si nega a nessuno
- Postato il 8 agosto 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Le luci sono che le analisi fatte prevedono un discreto traffico stradale, più che per altre opere, non sufficiente tuttavia per generare benefici socioeconomici superiori ai costi, ma con una differenza non catastrofica come per altre opere, di cui parleremo. Questo emerge dallo studio ufficiale del traffico, ma anche da una revisione critica fatta da un centro di ricerca indipendente come BRT.
Però le luci finiscono qui. I benefici socioeconomici ragionevolmente prevedibili infatti sono inferiori ai costi previsti per circa 3 miliardi.
Questo, con costi previsti oggi, di 13,5 miliardi, cifra calcolata non sul progetto esecutivo, che nemmeno ancora esiste, ma determinata solo da un vincolo europeo, che richiede di rimettere in gara un’opera se nuove previsioni di costo superano del 50% quelle su cui il progetto è andato in gara.
Ma evitare una nuova gara è proprio indifendibile: il progetto attuale è datato, e si rinuncia così ad avere le migliori tecnologie, le stime più solide di costi e benefici che la gara avrebbe consentito, e prezzi competitivi. Tutto più costoso e incerto, pur di non rischiare l’arrivo di perfidi stranieri, magari più aggiornati ed efficienti. Prima gli italiani.
E i motivi di rischio di costi molto superiori al previsto sono solidamente radicati nelle molte incertezze tecniche del progetto. Li riassumiamo rapidamente: i rischi sismici, la lunghezza di 3.000 metri di luce mai sperimentata per un ponte stradale sospeso, la flessibilità dell’impalcato, i cavi di nuovo tipo, le fondazioni di pilastri alti quasi 400 metri. Nessuno di questi verosimilmente farà crollare il ponte, ma rende estremamente probabili “sorprese” in corso d’opera e in esercizio, risolvibili solo con aumenti di costo.
Questi aumenti di costo sono prassi corrente per le opere pubbliche italiane (si pensi all’Alta Velocità), ma diventano certi per un’opera con caratteristiche mai sperimentate prima. E un aumento rilevante dei costi renderebbe molto più negativo il rapporto benefici-costi che dovrebbe essere alla base dell’opera.
I benefici poi non sono certo quelli di sviluppo che i promotori ostentano: il traffico previsto è soprattutto di breve distanza, per il quale le differenze di tempo rispetto a un buon servizio di traghetti sono rilevanti. Sulle lunghe distanze invece, per merci e passeggeri, risparmiare un’ora incide poco sui tempi e i costi totali del viaggio.
Addio benefici nazionali, proprio non ci sono. E quindi addio anche agli effetti di sviluppo economico, sempre incerti anche in caso di riduzioni consistenti dei costi di trasporto (per esempio, possono anche verificarsi effetti di maggiore concorrenza da parte di imprese più efficienti di quelle locali). E si tratta di un’opera “ad alta intensità di capitale”, e che crea occupazione solo temporanea.
Ma l’incertezza tecnologica maggiore è “autoinflitta”, ed è la decisione di farci passare la ferrovia. Se il ponte stradale è già il più lungo mai costruito, ponti sospesi ferroviari di questi ordini dimensionali sono quasi inesistenti. Infatti i ponti sospesi sono per loro natura flessibili, ma le tolleranze ferroviarie sono strettissime, quindi occorre un impalcato eccezionalmente rigido, o si corre il rischio di scarsa agibilità per i servizi ferroviari.
Passi se le previsioni di traffico ferroviario fossero dominanti, ma è vero il contrario, al punto che è ipotizzabile che un ponte unicamente stradale potrebbe ridurre talmente i costi di costruzione da avvicinarli molto ai benefici socioeconomici dell’opera, anche tenendo conto degli aspetti ambientali.
Un’altra perla del progetto: una volta firmato l’appalto, ai costruttori non importa più molto né dei tempi né dei costi: i cantieri non si possono fermare, ritardi nei pagamenti vanno compensati, e infine ci sono le penali se l’opera non si fa, e gli extracosti saranno sicuramente pagati comunque. La macchina è messa in moto, e politicamente è inarrestabile. Ma chi è senza peccato sulle opere inutili o dubbie, scagli la prima pietra. Con il governo Draghi, che vedeva l’appoggio degli attuali maggiori oppositori del Ponte (Pd e 5S), nel Pnrr fu approvata senza fiatare un’opera ben peggiore del Ponte. E si ricorda per inciso che i ministri dei trasporti Delrio (Pd) e Toninelli (5S) ai tempi loro si dichiararono grandi fautori del rigore che garantiscono le analisi costi-benefici, per poi fare una rapida marcia indietro quando andavano a toccare progetti cari ai loro partiti.
La mega-opera del Pnrr citata sopra è il raddoppio ad Alta Velocità della linea Salerno-Reggio Calabria. Costi previsti, il doppio del ponte, tutti a carico dello Stato: il maggior progetto infrastrutturale del Pnrr. Analisi costi-benefici: mai fatta, ma nemmeno più banali previsioni di traffico. Sarebbe infatti emerso che al massimo, su una linea con una capacità di 300 treni al giorno, ne sarebbero passati 50 (la linea attuale è lontanissima dalla saturazione, ed è in corso di velocizzazione, i risparmi di tempo con l’AV sono modesti).
In un imbarazzato silenzio mediatico, un anno fa l’opera è stata accantonata “per problemi geologici”, ma non è detta l’ultima parola. Perché porre limiti alla provvidenza? Un’opera inutile non si nega a nessuno, mentre quelle necessarie, soprattutto le manutenzioni e i miglioramenti dell’esistente, rimangono senza soldi.
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