La Costa d’Avorio festeggia l’anniversario dell’indipendenza. Ma la stabilità è ancora lontana

  • Postato il 7 agosto 2025
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Costa d’Avorio, Bouaké, seconda città del paese e capitale della regione Gbêkê: è qui che oggi 7 agosto si tengono i festeggiamenti ufficiali per il 65esimo anniversario dell’indipendenza.

Culla della Françafrique e vetrina del miracolo africano degli anni ’60, la Costa d’Avorio il 7 agosto 1960 salutava – almeno sulla carta – la fine della dominazione coloniale francese. Sessantacinque anni dopo, resta sospesa tra il peso della sua storia e le fragilità del presente: alle parate ufficiali si affiancano tensioni sotterranee, ai ricordi luminosi di Houphouët-Boigny fanno da contrappunto vecchi rancori e nuove inquietudini. La promessa di stabilità che accompagnava l’indipendenza si confronta oggi con una realtà ancora segnata da polarizzazioni politiche profonde.

L’“apostolo della Françafrique” Félix Houphouët-Boigny scelse la continuità con l’ex potenza coloniale, preferendo un’indipendenza “dolce” a una rottura traumatica.

Fu una di quelle “indipendenze africane con contratto”. Nessuna guerra di liberazione, nessuna rottura frontale, nessuna rivoluzione radicale: tutto avvenne in modo ordinato, amministrato, quasi gentile. Era l’alba della Françafrique, quel sistema opaco e tentacolare di relazioni bilaterali in cui la Francia manteneva, dietro la vetrina dell’indipendenza, il totale controllo strategico delle sue ex colonie. Già, perché l’indipendenza formale non significò affatto la fine dell’influenza francese. Le basi militari rimasero, il franco CFA restò ancorato al Tesoro francese, le élite politiche furono formate a Parigi, e molte delle scelte economiche strategiche – dai porti al cacao di cui la Costa d’Avorio è il primo produttore al mondo – continuarono a rispondere agli interessi francesi.

Mentre si preparano le celebrazioni per i 65 anni dell’indipendenza, lo sguardo di molti ivoriani è già rivolto a ottobre quando si terranno le elezioni presidenziali. E proprio in questi ultimi giorni il clima politico si è scaldato per la ricandidatura ufficiale di Alassane Ouattara, presidente uscente, ormai 82enne, che ha deciso di correre di nuovo per la quarta volta, dopo un cambio della costituzione che ora ne permette la ricandidatura. Il Partito Democratico della Costa d’Avorio (PDCI) e il Partito dei Popoli Africani-Costa d’Avorio (PPA-CI) hanno già denunciato quella che definiscono una “democrazia confiscata”.

Vero è che la Costa d’Avorio ha fatto importanti progressi economici e infrastrutturali negli ultimi 15 anni, con una crescita significativa. Dal 2011 con Ouattara presidente si è registrato un Pil in espansione di oltre il 6% annuo in media, così come importanti investimenti infrastrutturali pubblici e privati in strade, scuole e ospedali. Non è poco. Ma la situazione politica e sociale è tutt’altro che stabile.

L’indipendenza ha senso solo se si è disposti a difendere anche la libertà del dissenso e l’alternanza politica, quando richiesta. Da mesi i principali partiti dell’opposizione chiedevano una revisione delle liste e il reintegro dei candidati esclusi. Ma le loro richieste sono state tutte respinte.

Proprio in occasione delle celebrazioni vale ricordare che un Paese non è davvero indipendente finché non controlla la propria moneta, le proprie risorse, le proprie scelte politiche.

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