Boualem Sansal libero, Paolo Flores in polemica con la sinistra bigotta unita contro lo scrittore algerino
- Postato il 23 novembre 2025
- Politica
- Di Blitz
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La liberazione di Boualem Sansal ha dato spunto a un articolo di solidarietà di Paolo Flores D’Arcais su Micromega.
Samsal, scrittore algerino di lingua e nazionalità francese, era stato condannato ad Algeri a 5 anni di carcere per le sue pesanti critiche all’Islamismo e al presidente algerino Bouteflika
Quando lo scrittore fu arrestato, agli inizi del 2025, Paolo Flores aveva pubblicato una invettiva contro la sinistra colpevole di “ponziopilatismo” e di eccessiva sudditanza all’Islamismo; in conseguenza dell’articolo, il M5S aveva recitato il mea culpa.
Il nuovo articolo di Paolo Flores

Il nuovo articolo di Paolo Flores d’Arcais si divide in due parti: la prima è stata scritta sulla spinta della notizia della liberazione; la seconda, inedita, era ancora in polemica con la sinistra e anche con i governi europei per la loro colpevole inazione.
Li riportiamo entrambi. La loro lettura conforta chi cerca di ragionare senza aderire a schemi di parte.
Boualem Sansal torna in libertà. È una bellissima notizia, una notizia che riempie il cuore di gioia. Con la speranza che il cedimento del governo dittatoriale algerino non sia legato a un aggravarsi delle condizioni di salute dello scrittore.
Il merito della liberazione è da ascrivere innanzitutto al presidente della Repubblica federale tedesca, Frank-Walter Steinmeier, che aveva chiesto pubblicamente al presidente algerino di rilasciare Sansal (“graziarlo” nel linguaggio che le dittature pretendono) perché potesse curarsi in Germania del tumore che lo affligge.
Un aiuto da Parigi e Berlino
È più che probabile che il presidente tedesco abbia agito di conserva con le autorità francesi, nelle cui mani mai, per puntiglio di dittatura, il regime algerino avrebbe consegnato Sansal. Non sappiamo quali argomenti finalmente convincenti siano stati usati nei confronti del regime militare algerino, che per un anno aveva opposto un plumbeo fin de non recevoir a ogni richiesta di liberazione. L’importante è che Boualem sia libero, possa rivedere sua moglie e i suoi cari, possa curarsi.
Martedì 11 novembre avevo scritto questo testo, che sarebbe dovuto apparire venerdì allo scadere del primo anno di detenzione (sabato e domenica il sito non viene aggiornato). Sono felice di non doverlo pubblicare come articolo. Lo allego qui di seguito, senza cambiare una virgola, come promemoria della vicenda.
Un anno fa la dittatura militare al potere in Algeria ha arrestato Boualem Sansal, tra i più grandi scrittori viventi di lingua francese. Di francese da poco aveva acquisito anche la nazionalità. Colpevole di nulla, se non di dire alcune verità che ai dittatori algerini non piacciono. Malato di cancro, quasi ottantenne, agli oncologi francesi che si erano detti disposti a trasferirsi in Algeria per curarlo è stato proibito l’ingresso. Analoga la sorte del suo avvocato francese.
Condannato a cinque anni di carcere, la sua è in realtà una condanna a morte al rallentatore.
Dovrebbe essere considerato e vissuto come un “caso” grave quanto quelli di Aleksandr Solženicyn e Salman Rushdie; scandalo, indignazione e protesta avrebbero dovuto percorrere l’Europa e l’intero Occidente, è invece avvenuto (quasi) nulla. Lo scandalo non c’è. L’unanime esecrazione non c’è. La mobilitazione degli intellettuali e della società civile non c’è.
Boualem Sansal è stato lasciato (quasi) solo. Il “quasi” segnala eccezioni individuali, anche importanti (in Italia Sandro Veronesi e Roberto Saviano, tra i pochi altri), ma il resto è silenzio, acquiescenza.
Questa vergogna deve finire. Questa duplice ignominia: il carcere a morte lenta di un grande scrittore innocente, l’ennesimo tradimento dei chierici, con il loro silenzio, la loro indifferenza, la loro viltà.
Dei governi d’Europa neppure diciamo. C’è di mezzo il petrolio, ovviamente. Ma i contratti con l’Algeria non significano solo dipendenza dei paesi europei dal suo gas e petrolio, ma anche dipendenza del regime algerino da quei contratti per riempire le proprie casse e satollare di privilegi la propria nomenklatura. Dunque i governi europei, se uniti, potrebbero pesare potentemente per ottenere la liberazione di Boualem Sansal. Non lo hanno fatto e non lo fanno. La vergogna sia con loro.
Resta la società civile, la pubblica opinione, ciascuno di noi/voi, insomma, se davvero democratici. Perché allora solo qualche sussurro, anziché il levarsi unanime del grido progressista che di Boualem Sansal chiede la liberazione?
Eppure Sansal incarna in modo cristallino i valori di giustizia-e-libertà che dovrebbero essere dei democratici, massime dei progressisti. Il dovere della verità, l’impegno per l’eguaglianza, la conseguente critica all’Islam politico che calpesta eguaglianza e verità schiacciando le donne in nome del dogma.
Ecco allora il punto: paradossalmente, proprio la sua critica intransigente all’Islam politico gli ha alienato la solidarietà di troppi intellettuali che si ritengono di sinistra.
E che in ogni critica all’Islam politico vedono islamofobia, vaneggiano di islamofobia. Eppure se c’è un abc dell’essere a sinistra ancora valido nel marxismo è proprio l’individuazione della religione come oppio dei popoli.
Paradossalmente e oscenamente: perché l’abbandono della laicità, in nome di un “decolonialismo” che schiaccia secoli di storia in una identità essenzialista di stampo metafisico (se sei maschio, bianco, e magari anche etero, sei colpevole di tutte le oppressioni e le barbarie perpetrate negli ultimi secoli, anche se nella tua vita hai combattuto quelle in cui ti sei trovato, perfino lontanamente coinvolto), apre la strada alle destre più estreme, fino alle versioni aggiornate di fascismo, che si impalcano a durlindana sguainata contro la censura. Talché al Parlamento europeo i deputati francesi di estrema destra hanno tentato la provocazione: impadronirsi del “caso Sansal” proponendo lo scrittore per il premio Sacharov.
Impegnarsi toto corde per la liberazione di Boualem Sansal; denunciare ogni tentativo di provocazione dai suoi nemici naturali, le destre ex-neo-post fasciste; attaccare con inesausta energia critica quanti – sedicenti di sinistra – traccheggiano nella solidarietà e nell’impegno per la sua liberazione.
Questo è il poco, il pochissimo, il quasi nulla che ciascuno di noi può fare. Proprio perciò questo quasi nulla va fatto tutto. Perché non sappiamo quanto il sommarsi in sinergia di tanti quasi nulla possa pesare. E dunque non farlo tutto, questo quasi nulla, sarebbe irresponsabilità, oltre che viltà.
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