Adesso la skincare la fanno anche i vestiti: come funzionano e quanto costano i leggins di Coperni che “curano la pelle”
- Postato il 8 ottobre 2025
- Moda E Stile
- Di Il Fatto Quotidiano
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Se c’è un brand che vuole a tutti i costi portare la moda nel futuro, oggi, quello è Coperni. Dopo le borse meteorite, gli abiti “spray” creati direttamente in passerella, e i cani robot che camminavano accanto alle modelle, il brand francese ha stupito la Settimana della moda di Parigi con un’altra invenzione. Un’idea meno appariscente delle precedenti ma che, se dovesse funzionare, potrebbe aprire un nuovo mercato: la skincare da indossare.
La skincare da indossare firmata Coperni
L’ultima innovazione del brand è stata presentata a Parigi, durante la sfilata Primavera/Estate 2026. Alcune modelle indossavano body e leggings della nuovissima linea C+: sembra normale abbigliamento “athleisure”, cioè sportivo, ma il tessuto agisce come un trattamento per la pelle. “Il tessuto C+ incorpora una miscela sinbiotica brevettata di probiotici e prebiotici all’interno di una matrice di origine biologica”, spiegano i creatori sul sito. Una volta a contatto con la pelle, quindi, l’attrito, il movimento e il calore corporeo attivano il meccanismo, descritto come “un trasferimento graduale e invisibile di microrganismi benefici sulla superficie cutanea”. Gli effetti? “Aiuta a riequilibrare il microbioma, a rafforzare la barriera naturale e a supportare i meccanismi di autoriparazione”.
Cosa sono (e cosa fanno) i probiotici
A scanso di equivoci: i probiotici sono microorganismi, creature vive e attive, le stesse che si trovano anche nel nostro intestino. Sono contenuti anche in alcuni alimenti e, nella giusta quantità, esercitano un effetto positivo sulla nostra salute. I prebiotici invece sono sostanze non digeribili che promuovono la crescita delle specie batteriche utili allo sviluppo della microflora probiotica. Semplificando fino all’osso, quindi, il tessuto C+ ospita una miscela di “batteri buoni”: per la precisione, ogni grammo di tessuto contiene fino a 140mila CFU/g (unità formanti colonie) di batteri vivi. Una volta trasferiti sul corpo dovrebbero supportare il microbioma già naturalmente presente sulla pelle, donandole un aspetto più luminoso e sano.
È l’ultima frontiera della bellezza, nonché il trionfo del multitasking: un vestito che lavora per noi mentre lo indossiamo. I prezzi sono quelli del mercato di fascia alta – tra i 150 e i 180 euro – ma non tali da essere proibitivi. Il fattore cruciale, come sempre, sarà l’efficacia: siamo disposti a spendere quasi 200 euro per leggings con probiotici vivi? Lo saremmo se vedessimo la pelle effettivamente più luminosa, compatta, radiosa?
Secondo il brand, l’infusione di probiotici è pensata per “resistere” fino a 40 lavaggi, a patto di lavare gli indumenti a un massimo di 40 gradi e di farli asciugare all’aria. Il tessuto è stato sviluppato con una nuova tecnologia brevettata dall’azienda svizzera HeiQ, e non dovrebbe creare alcun tipo di irritazione o reazione avversa: l’innovazione è dermatologicamente testata. Coperni si muove in un territorio nuovo: dichiarare che i capi “curano la pelle” dovrebbe richiedere trial clinici? Questi nuovi top dovrebbero essere trattati (e testati) come si fa con i cosmetici, sottoposti a regole stringenti per garantire la sicurezza dei consumatori?
L’ossessione per la skincare contagia anche la moda
Il lato più interessante di questo prodotto, come sempre, è nell’intuizione dei due direttori del brand, Sébastien Meyer e Arnaud Vaillant. La moda deve toccare le corde del desiderio e niente, in questo momento storico, ci sta a cuore come la bellezza. In un delicato intreccio tra percezione estetica, salute e cura di sé, la skincare è diventata l’imperativo morale dei nostri tempi. Tanto da sedurre precocemente perfino i bambini, come dimostrano i Sephora Kids. Tantissime star hanno inseguito il trend, gettandosi a capofitto nell’ampio mercato del “wellness” con i prodotti che vanno dalle classiche creme fino agli integratori, passando per le “fasce da mento” di Kim Kardashian, sulla cui efficacia i medici hanno forti dubbi. Per non dire la certezza dell’inutilità.
Dopo molte provocazioni concettuali in passerella, i due designer di Coperni cercano ora una strada per commercializzare un’innovazione tecnologica alla portata di (quasi) tutti. Da anni infatti si studiano tessuti in grado di proteggere la pelle (come i capi con SPF) o addirittura curarla, specialmente per chi soffre di patologie cutanee. Come per ogni invenzione, è già nato un nuovo termine: “carewear”, l’abbigliamento che si prende cura di noi. La sfida, ora, è vincere la resistenza dei potenziali clienti sul tema dei batteri e dimostrarne l’efficacia: i vestiti intelligenti diventeranno la nuova frontiera del lusso?
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