A Milano la Pantera Rosa si nasconde nella Cripta di San Sepolcro

Siamo sulla scena di un crimine: un furto – anzi una serie di furti – che ha sconvolto il mondo dell’arte. L’oggetto rubato non è il solito gioiello, né un cospicuo gruzzolo di denaro. Sono piuttosto le idee: le invenzioni e l’originalità che nei secoli sono state create dalle menti geniali degli artisti. E il “furto” in quanto tale è ciò che questi – i più grandi e degni di rimanere nella storia – hanno fatto e continuano a fare tutt’ora. Guardano indietro, a ciò che di buono è stato prodotto, si issano come “nani sulle spalle dei giganti” per dirla con le parole di Bernardo di Chartres, ma poi aggiungono anche qualcosa. Rielaborano, mescolano e danno vita a un nuovo pezzetto di storia destinato a essere ricordato. E, perché no, rubato e riutilizzato a sua volta. È questo il pensiero di fondo dell’intervento site-specific che Angelo Accardi (Sapri, 1964) ha messo a punto in uno dei posti più antichi e affascinanti di Milano. La Cripta di San Sepolcro – luogo poggiato sui resti della città romana, nonché di frequentazione abituale di Leonardo da Vinci – oggi parte della Veneranda Biblioteca Ambrosiana.

Angelo Accardi, Art Crimes, Pinacoteca Ambrosiana, Milano, 2025. Photo Michele Stanzione
Angelo Accardi, Art Crimes, Pinacoteca Ambrosiana, Milano, 2025. Photo Michele Stanzione

“Art Crimes”: il progetto di Angelo Accardi per la Pinacoteca Ambrosiana

Il “mistero” è evidentemente un tratto insito nella Cripta di San Sepolcro. Dando seguito all’intervento del 2019 di Marina Abramovič, in cui non era mancata una certa atmosfera di inquietudine e non detti, Accardi rinnova la proposta di ospitare arte contemporanea in questo antico luogo. E lo fa inscenando una sorta di vicenda investigativa – comprensiva di indizi e sospettati – in cui la tensione emotiva e creativa sono piuttosto elevate.
L’idea di Art Crimes nasce circa otto mesi fa, quando l’artista si è trovato davanti al Cartone preparatorio per la Scuola di Atene di Raffaello. L’opera – tra i pezzi cardine della collezione dell’Ambrosiana – lo ha lasciato folgorato tanto per la maestosità del lavoro e la finezza del disegno, quanto perché è essa stessa un tripudio di furti. Di riprese, di rimandi, di rimodulazioni del passato. Nel Cartone si vede Leonardo, si vede Brunelleschi per la prospettiva, si vede Michelangelo per la plasticità delle figure. E si potrebbe proseguire, risalendo fino alla Classicità remota quale matrice di tutta l’arte successiva. Per Angelo Accardi, esponente del Pop Surrealismo celebre per i suoi “saccheggi creativi”, constatare che persino Raffaello abbia a sua volta saccheggiato opere altrui per fare il suo capolavoro lo ha condotto a sviluppare una mostra tutta su questo tema. Sul continuo gioco di richiami che affollano la storia dell’arte, dal passato alla modernità.

Il Cartone di Raffaello “rubato” da Angelo Accardi alla Pinacoteca Ambrosiana di Milano

Sono partito dal fatto che l’arte è un continuo dialogo tra passato e presente: gli artisti, nei secoli, si sono ispirati a chi è venuto prima di loro, costruendo una vera e propria catena di saccheggi. I Rinascimentali hanno saccheggiato l’arte greco-romana e hanno inserito la prospettiva; i Romantici hanno ripreso il passato aggiungendo la luce; poi, Wharol e gli altri artisti pop hanno preso le immagini pubblicitarie e le hanno trasformate in vere e proprie icone”. È chiaro ormai il pensiero di Angelo Accardi, che non si stanca di citare esempi di come, in fin dei conti, “i geni rubano”. Così fa anche lui in tutta la sua produzione, e particolarmente in questo intervento speciale che culmina in un’enorme opera di sette metri di lunghezza, fedelmente ispirata al Cartone di Raffaello. Ispirata, ma non copiata pedissequamente: osservandola con attenzione vi si trova un’infinità di “geni” e icone pop venuti ben dopo il Sanzio. Da Andy Warhol a Cattelan, dall’ispettor Clouseau a Mr Bean. E non manca il suo autoritratto, nascosto tra gli intellettuali che affollano anche l’originale raffaellita.

La Pantera Rosa, gli Struzzi e le altre opere nascoste nella Cripta di San Sepolcro

Ma non finisce qui: la mostra è ben più ampia del solo Cartone e presenta anche una serie di tavole brulicanti di rimandi e riferimenti – colti e pop – non difficili da cogliere e apprezzare. Da Walt Disney – il cui Mickey Mouse è non distante dal più “antico” Felix il Gatto – alla banana di Maurizio Cattelan che sembra rifarsi alla celebre copertina dei vinili disegnata da Wharol. Senza dimenticare il parallelismo silenzioso tra l’orinatoio di Duchamp e la celeberrima America dorata dell’artista italiano. Ultime icone – ultime per menzione, ma preponderanti lungo il percorso – sono gli Struzzi tipici di Accardi e la Pantera Rosa. Mentre i primi si nascondono nelle opere e spiccano in figure 3D qua e là, la seconda se ne sta seduta in poltrona proprio di fronte al Cartone, che osserva molto interessata.

Emma Sedini

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Autore
Artribune

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