Viaggio a Mantova, nella sartoria che cuce i completi di Borghese, Barbieri e Canavacciuolo: il segreto delle giacche perfette di Lubiam

  • Postato il 20 settembre 2025
  • Moda E Stile
  • Di Il Fatto Quotidiano
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La giacca perfetta? Si vede da come cade sulle spalle e sul petto. E’ una questione di dettagli, a volte di millimetri che fanno la differenza, di piccole modifiche che rendono quel modello adatto alla persona che lo acquista, anche se realizzato da una grande azienda su scala industriale. Giovanni Bianchi, che insieme ai due fratelli Edgardo, Giuliano e alla sorella Giulia rappresentano la quarta generazione di Lubiam, realtà sartoriale nata a Mantova nel 1911 e oggi fra le eccellenze del made in Italy nell’abbigliamento maschile, indossa un completo dai colori caldi della terra, davvero chic.

Quando ci viene incontro e ci complimentiamo per l’outfit sorride: “Non crediate che lo abbia indossato come è uscito dalla fabbrica: l’ho fatto adattare alle mie misure imperfette”. Alto, slanciato, longilineo, potrebbe sfilare. Eppure la sua ammissione fa riflettere. Strano a dirsi, ma il segreto della perfezione sta nell’adattamento del capo all’imperfezione di chi lo indossa, nessuno escluso: vip, attori, imprenditori, gente comune. Siamo tutti imperfetti. Umani non manichini. I brand storici che hanno saputo creare un equilibrio fra produzione industriale, abilità sartoriali e personalizzazione del capo stanno registrando una forte crescita su tutti i mercati, in Italia e all’estero.

Fra questi svetta Lubiam, brand indossato anche da diverse celebrity: da Alessandro Borghese ad Antonino Canavacciuolo, da Bruno Barbieri a Giorgio Pasotti. L’attore si è presentato alla Mostra del Cinema di Venezia, per il film di Paolo Sorrentino “La Grazia”, in un abito firmato Luigi Bianchi Flirt. L’obiettivo di Lubiam, fondere l’antica arte sartoriale con le tendenze contemporanee, l’antica manualità con l’utilizzo delle tecnologie più avanzate, è un percorso che si fonda su scelte precise non solo di mercato. “Abbiamo 320 dipendenti, quasi tutte donne operaie”, racconta il responsabile di produzione Marco Busi mentre ci porta a visitare i piani dell’edificio mantovano che ospita il principale stabilimento in Italia.

Ci sono ampi finestroni da cui entra la luce e da cui si vede il giardino sottostante, esattamente come all’epoca del fondatore Luigi che bonificò i terreni circostanti per costruire case per i dipendenti: “La luce è importante non solo per illuminare il colore del tessuto ma perché i lavoranti siano sempre in contatto con l’esterno”. La catena di produzione è pazzesca. Si producono 196 capi al giorno, 24 capi all’ora. Ogni addetta ha una sua specifica ma cambia mansione per diversificare. C’è chi si occupa dei bottoni, chi della verifica taglio e chi della cucitura, chi delle tasche e chi del collo. Nessuno scarto. Quel poco viene conservato nel caso servano modifiche. L’utilizzo delle nuove tecnologie si integra con il lavoro puntuale e preciso della mani. Esiste anche un’academy aziendale per chi vuole intraprendere la professione e imparare dalle veterane. “Purtroppo – racconta Giovanni Bianchi, responsabile ufficio stile – questo lavoro non riveste più l’attrattiva di una volta e fatichiamo a trovare nuovo personale da assumere”.

Ecco perché l’azienda ha fondato anche un asilo, oltre alla mensa aziendale, che ospita in gran parte i figli delle dipendenti, e anche un centro estivo per i loro bimbi e ragazzi. Le donne vanno a lavorare, lasciano i piccoli al nido, pranzano con loro e finito il turno li prendono direttamente sul posto. Non solo: possono godere di servizi sulla salute, in varie discipline, a loro dedicati, e di bonus genitoriali.“L’investimento sulle risorse umane è la grande eredità che mi ha lasciato il fondatore Luigi – rivela Giovanni – l’attenzione alle persone è una delle chiavi che caratterizza ancora oggi la nostra azienda e la nostra produttività, insieme alla valorizzazione del legame con il territorio”. Moda ed etica, rispetto delle persone e del pianeta. Con un fatturato di 55 milioni annui l’azienda, presente su mercati come Canada, Giappone, Medio Oriente, Nord Europa, non dimentica il legame con la sua città. Promuove e sostiene progetti culturali sul territorio. Una dimostrazione è l’immensa trama esposta in azienda, realizzata su campioni di tessuto forniti alle varie scuole su cui gli allievi hanno lavorato con i loro docenti. Tessera per tessera, è stata realizzata un’opera inclusiva di intreccio delle varie esperienze.

E poi ci sono le tele del Premio Lubiam, iniziativa che fino a qualche anno fa ha sostenuto giovani artisti emergenti. Ora il brand L.B.M.1911 sostiene, in qualità di sponsor, la mostra “7½” del fotografo Juergen Teller, visitabile fino al 23 novembre a Palazzo Giardino di Sabbioneta, uno dei borghi più belli d’Italia in provincia di Mantova. Realizzato da Fondazione Sabbioneta Heritage, il progetto espositivo è site specific. L’allestimento, appositamente concepito dall’artista con Mario Codognato curatore della mostra, progettato dall’architetto Federico Fedel, dialoga con l’eccezionale prospettiva della Galleria degli Antichi e con i soffitti della Sala degli Specchi in un confronto diretto con l’architettura rinascimentale di Sabbioneta. La mostra “7½” racconta il sodalizio artistico e personale fra Teller e la moglie Dovile Drizyte. Il titolo allude non solo agli anni della loro collaborazione ma anche al tempo condiviso. La relazione tra Juergen Teller e Dovile Drizyte, segnata da complicità, creatività e visioni complementari, offre una chiave preziosa per interpretare l’essenza delle collezioni uomo e donna di Lubiam.

In questo contesto evocativo L.B.M.1911 propone un allestimento speciale che integra le collezioni autunno/inverno 2025 al percorso espositivo, in dialogo concettuale con le opere di Juergen Teller. La collezione donna L.B.M.1911, presentata per la prima volta per la primavera/estate 2025, segna l’ingresso del brand in una nuova dimensione stilistica. Una proposta che traduce in chiave femminile l’eredità sartoriale maschile del marchio, reinterpretandone i codici con una visione autentica e contemporanea. I capisaldi del guardaroba maschile si trasformano in forme femminili sobrie e raffinate. Tra le proposte più rilevanti, la giacca decostruita, priva di spalline tradizionali, o lo smoking in velluto. Anche i gilet, veri protagonisti, sono ripensati nelle forme e nel ruolo come elementi autonomi. Gli scatti dell’artista esposti su un tavolo lungo almeno 100 metri nella Galleria, e alcuni enormi pannelli fotografici incastonati sull’antico soffitto, fanno riflettere per i contrasti della visione.

La quotidianità dell’ordinario e la Storia s’intrecciano. La figlia della coppia di artisti, chiamata Iggy come Iggy Pop, in alcuni scatti è portata in alto come in una processione religiosa. Vivienne Westwood, ormai in età avanzata, è fotografata con la sua borsa nuova griffata in una scena di vita urbana ordinaria. La stessa Dovile è ripresa senza trucco, nuda in ambiente casalingo, mentre fuma portando al dito un anello prezioso. E ancora, un gregge di pecore procede al fianco di un cimitero mentre il cielo minaccia tempesta. Icone della perfezione, icone della Storia, simboli di vita imperfetta ordinaria: insieme creano un senso di sacralità del quotidiano. Come a significare che nulla può essere estrapolato dal tutto. Che sacro e profano, alla fine, sono solo sguardi sulle cose e sugli accadimenti. Viene in mente uno dei racconti dello stesso Giovanni Bianchi: “Una nostra lavorante quando è andata in pensione ha voluto contare tutti i bottoni cuciti in tanti anni sui nostri capi. Per davvero”. Lui stesso si è mostrato sorpreso di tanto zelo. Ecco. Quel cappotto iconico della nuova collezione di Lubiam, esposto nella Sala degli Specchi di Palazzo del Giardino a Mantova in occasione della mostra, nasce anche da quell’azione precisa: ora dopo ora, giorno dopo giorno, anno dopo anno.

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Il Fatto Quotidiano

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