Una nuova architettura per la difesa multidominio
- Postato il 7 dicembre 2025
- Difesa
- Di Formiche
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Lo scorso 27 novembre Roberto Cingolani, amministratore delegato e direttore generale di Leonardo, ha presentato il visionario progetto per uno scudo multidominio per la difesa delle infrastrutture critiche europee contro le minacce ibride in rapida evoluzione. L’inedito “Michelangelo Dome”, nel cui nome riecheggia l’architettura innovativa della cupola fiorentina mirando a promuovere il know-how e la leadership della ricerca tecnologica italiana in Europa, si candida ad essere il “più grande programma di integrazione mai realizzato nel settore”.
Lo scudo, dal valore globale stimato di circa 1.140 miliardi di dollari nei prossimi 10 anni, potrebbe raggiungere la piena operatività entro la fine del decennio e proteggerà il territorio nazionale ed europeo nonché specifiche aree di interesse strategico come basi militari, porti e aeroporti, infrastrutture critiche civili e siti industriali, aree urbane, grandi eventi ed asset strategici.
In un contesto continentale di rapido mutamento di attività malevole e ibride sotto soglia, come anche recentemente sottolineato nel Non Paper di Crosetto, un approccio reattivo e monosettoriale non è sufficiente a rispondere a crisi che saranno sempre più sistemiche e dai knock-on effects di tale diffusione da rendere critiche e vulnerabili aree, settori e infrastrutture della società che oggi diventano al contempo strumenti e bersagli del warfare contemporaneo in perfetta chiave dual-use.
Questa è l’idea, anzi la necessità, che si situa alle fondamenta di tale progetto in quanto il contrasto alla guerra ibrida ha imperativi imprescindibili: proattività, interoperabilità e onnicomprensività. Se questi tre concetti a livello politico-strategico si traducono in una postura “whole-of-government”, sotto il profilo operativo trovano riscontro nelle Multi-domain operations, con un approccio che supera il concetto “joint”.
Un orientamento multidominio richiede invece la piena interoperabilità al di là delle barriere di competenza, attraverso la completa conoscenza, comprensione e sfruttamento efficiente delle capacità per ottenere effetti abilitanti e catalizzanti sulle possibilità di azione, riducendo la dipendenza da una singola opzione.
Come funziona Michelangelo Dome
Oggi una risposta europea a minacce ibride e multidominio richiede sinergie e integrazione non solo a livello politico ma anche e soprattutto a livello operativo. Per comprendere la funzionalità e l’unicità dello scudo di Leonardo, occorre individuare un problema tutto europeo, ovvero una debole interoperabilità digitale dei sistemi, in particolare nella difesa aerea.
Ogni realtà possiede, utilizza e fa affidamento sui propri radar, sui propri centri di comando e di raccolta ed elaborazione dati. Il progetto mira a risolvere questa carenza creando una soluzione di convergenza, basata sull’intelligenza artificiale, che colleghi i diversi sistemi di difesa in domini differenti per assicurarne la sinergia.
Questo “system of systems” garantirebbe infatti uno strato superiore di comunicazione tra sistemi integrati già operativi dei paesi Nato, senza necessità di cambiare equipaggiamenti o aderire a standard specifici, migliorando la reattività della risposta alle minacce attraverso l’intercettazione automatizzata di sensori in dialogo e assicurando l’attivazione dell’arma adeguata a reagire nel minor tempo possibile.
L’utilizzo dell’IA nei sistemi di difesa
Questione essenziale, quella della rapidità, dal momento che i missili ipersonici come quelli posseduti da Mosca rivoluzionano il concetto di tempo nel warfare moderno.
Viaggiando a una velocità cinque volte superiore a quella del suono, a 6.174 km/h (3.836 mph), essi sono capaci di eludere il rilevamento e l’intercettazione richiedendo pertanto un tracciamento immediato, capacità che l’implementazione dell’intelligenza artificiale nei sistemi di difesa può oggi abilitare.
L’uso militare dell’AI è ormai realtà consolidata: dopo OpenAI, anche Meta ha annunciato a inizio novembre che le agenzie governative statunitensi e i contraenti della difesa potranno utilizzare i suoi modelli di IA per scopi militari, con non pochi dubbi e preoccupazioni circa possibili distorsioni e usi non controllati di soluzioni open-source come quelle di Meta.
La sovranità e la trasparenza dei dati alla base dell’elaborazione sono allora essenziali per l’implementazione di modelli di apprendimento e analisi dati nella difesa delle infrastrutture critiche. Acquisendo dati in tempo reale da reti di sensori multistrato, i modelli di IA rilevano e analizzano traiettorie e caratteristiche di volo nonché anomalie, elaborando previsioni circa comportamenti e proiezioni future, fornendo coordinate di intercettazione in tempo reale e selezionando le strategie di reazione.
L’integrazione dell’IA è essenziale anche nel dominio subacqueo: piattaforme come Deep di Fincantieri si compone di una rete di sensori subacquei per l’Early Warning System, un Centro di Comando e Controllo, droni subacquei autonomi e un sistema di analisi dati AI-based.
Leonardo, seconda azienda europea di armamenti nella Top 100 stilata dal Sipri di Stoccolma, sostiene possa essere l’unica realtà ad ora a poter realizzare un progetto come il Michelangelo Dome che integra sensori di nuova generazione nei domini terrestre, navale, aereo e spaziale, oltre a piattaforme di cyberdifesa, sistemi di comando e controllo e IA.
L’azienda infatti produce già le componenenti necessarie a rendere realistico un progetto di tale portata, dai radar ai satelliti, dagli aerei da combattimento, ai droni e sistemi di comando e sensoristica.
Essenziale è poi lo sforzo nel settore della cyber security, pilastro del piano strategico del gruppo e elemento indispensabile per l’azione multidominio: l’acquisizione di due aziende scandinave leader nelle tecnologie di cifratura e cyber sicurezza (Ssh e Axiomatics) nonché l’inaugurazione del nuovo Regional Cyber Center a Kuala Lumpur in Malesia il 3 dicembre rafforzano il posizionamento di Leonardo come leader nella sicurezza informatica. Attraverso la Global CyberSec Center (Gcc) è possibile mettere a fattor comune processi, conoscenza della minaccia e tecnologie all’avanguardia consentendo approcci e capacità multidominio come quelle promosse dal nuovo scudo di difesa.
Perché il Michelangelo Dome è una novità
Il Michelangelo Dome proposto da Leonardo non è un singolo sistema ma un’architettura integrata. Esso si distingue da altri sistemi esistenti pensati con un focus mono dominio che si sviluppano verticalmente (terra, aria, acqua, spazio o cyber) per la sinergia tra settori diversi, attraverso una sensoristica multi-piattaforma integrata da intelligenza artificiale, automazione, modularità e scalabilità.
Il noto sistema israeliano di difesa aerea Iron Dome, ad esempio, utilizza l’analisi algoritmica dei dati radar per assicurare accuratezza nel tracciamento di missili, droni e razzi contro aree civili e infrastrutture critiche, con una logica di scala però limitata al dominio terra-aria.
A competere con la cupola di ferro di Tel Aviv è la “Çelik Kubbe” di Istanbul, la rivoluzionaria rete di difesa aerea turca che fonde intelligenza artificiale, intercettazione missilistica, sistemi radar e tecnologia ad energia diretta per contrastare minacce aeree, dai droni ai missili ipersonici, con un notevole potenziale di integrazione multi-dominio.
La proposta di Leonardo va però oltre queste soluzioni che, sebbene innovative, si limitano ad una visione di difesa nazionale e di sinergia terra-aria.
Il nuovo Dome ha l’ambizione di proporsi come prima soluzione europea integrata per la difesa multi-dominio, non limitandosi a sommare e fare convergere tecnologie esistenti ma fornendo un’architettura che abiliti al dialogo e alla cooperazione tra sistemi in maniera aperta e compatibile con gli standard Nato.
Il suo valore aggiunto risiede tanto nell’innovazione tecnologica quanto nella visione strategica del tradurre i bisogni in soluzioni: offrire all’Europa un sistema che possa essere adattato e gestito in maniera congiunta dagli Stati membri per condividere dati, coordinare risposte comuni a minacce contro le infrastrutture critiche e dunque alle comunità e alla tenuta sociale, economica e politica del continente.
Non solo un nuovo sistema di difesa ma un passo verso un’infrastruttura europea reattiva, diffusa e integrata che valica la distinzione di “dominio” oltre che i confini nazionali, traducendo nel reale la necessità di invertire l’asimmetria che la minaccia ibrida imprime e garantendo deterrenza e autonomia strategica collettiva.