Una lettera d’amore per Londra. A cui chiedo un favore

  • Postato il 2 novembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Cara Londra,

Emma ormai è cresciuta — o almeno così crede. Ti ricordi la prima volta che ti ho mostrata a lei? Aveva solo 7 anni. Ho ancora una foto di lei seduta sul marciapiede di Covent Garden, mentre guardava per la prima volta un artista di strada. Subito dopo prendemmo la metropolitana, e mentre la gente continuava a salire, lei, stupita, disse: “Non c’è più spazio! Perché continuano a entrare? Sono matti?”. Era così piccola, così indifesa allora. Ed era divertente.

Siamo tornate dalla Sicilia qualche anno dopo. Durante tutto il tempo in cui siamo state lontane, durante il lockdown per il Covid, continuava a chiedermi: “Possiamo tornare a Londra? Dobbiamo vedere quel musical, e anche quell’altro…” Faceva liste dei suoi preferiti. Me lo ha chiesto per più di un anno, anche dopo che la nostra amata madre e nonna erano morte all’improvviso. Continuava a pregarmi: “Zia, possiamo tornare a Londra, per favore?”. E poi, quando è morto anche il nostro amato padre e nonno, ha insistito: “Ti prego, andiamo a Londra!”.

Così, qualche mese dopo, per il suo 14esimo compleanno, le ho detto: “Non ho nessun regalo con me, ma se vuoi ancora quella cosa che continui a chiedere senza sosta la risposta è sì”. Ha urlato così forte che quasi mi ha fatta diventare sorda. E così siamo venute da te l’8 dicembre di quell’anno. Lei era posseduta da un imbarazzante ottimismo: “Sai cosa sarebbe davvero meraviglioso? La neve.” Ho controllato le previsioni e affranta le ho risposto: “No, tesoro, sembra proprio che non ci sia alcuna possibilità di neve nei prossimi tre giorni. Ma ci sono tante altre cose che ci aspettano”.

Avevamo un piano perfetto per lavar via il nostro dolore profondo. Abbiamo camminato per vedere ogni decorazione natalizia, e siamo andate nel West End a vedere Matilda e Mary Poppins. Tutto era di una bellezza da sogno, eppure lei continuava a chiedere: “Nevicherà?”. Continuavo a risponderle: “Temo che dovrai rinunciare a questo desiderio”. “Ma io lo voglio così tanto… Sono sicura che può ancora succedere”, diceva, annuendo.

Il nostro ultimo giorno siamo andate a pattinare su ghiaccio a Hyde Park. Avanzavamo con cautela sul ghiaccio, mano nella mano, cercando di non romperci le gambe, e lei sperava ancora nella neve. Era il mio primo Natale senza i miei genitori, e il suo primo senza i nonni e il conforto che ci eravamo regalate era quasi alla fine. Siamo tornate in hotel, già malinconiche, in procinto di vivere la nostra ultima notte a Londra, ma felici di poter tornare da mia sorella (sua madre) e dal resto della famiglia, portando con noi la gioia di aver camminato nella tua magica atmosfera natalizia. Con questo pensiero, sono andata a farmi una doccia prima di cena — e all’improvviso ho sentito Emma urlare.
Saltava di gioia vicino alla finestra e con mia grandissima sorpresa, stava davvero nevicando.

Ha nevicato così tanto che tutti gli aeroporti furono chiusi e ogni volo cancellato. Ci hai tenute con te per un altro giorno, del tutto inaspettato.
Era il suo sogno — per tutto il weekend — letteralmente caduto dal cielo.

Ora Emma è cresciuta, o almeno così crede, come ti dicevo. Sembra che non abbia più bisogno di me. Ma continua a sognarti. Vorrebbe venire a vivere lì, e magari entrare in un’accademia di musical. E, basandomi su quel weekend, scommetto che ci riuscirà. Così, mentre aspetto in silenzio che la sua adolescenza finisca, ti scrivo, amata Londra, per chiederti un favore: per favore, abbi cura di lei e, ancora una volta, fa’ che tutti i suoi desideri si avverino.

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Il Fatto Quotidiano

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