“Un corteo per umiliare le femministe”. Anche a Ravenna la misoginia abita le istituzioni
- Postato il 7 novembre 2025
- Blog
- Di Il Fatto Quotidiano
- 3 Visualizzazioni
L’indulgenza verso la misoginia abita i luoghi istituzionali e politici, anche a Ravenna, tra ignavia, indifferenza e ipocrisia. Chi rappresenta le istituzioni dovrebbe prendere le distanze da chi disprezza le vittime di violenza e chi ha incarichi politici dovrebbe ripudiare le parole violente. Nella mia città, che credevo un’eccezione, purtroppo, non è più così.
Il linguaggio violento è ormai sdoganato ovunque, ed è diventato un modello da imitare tra i giovanissimi che dovrebbero essere educati dagli adulti al rispetto — tanto più quando questi adulti siedono nelle istituzioni. I “tipi alla Bandecchi” con i loro atteggiamenti viriloidi e prevaricatori stanno normalizzando i discorsi d’odio.
È accaduto che un consigliere di circoscrizione eletto per Lista per Ravenna abbia commentato su Facebook un articolo del settimanale Ravenna&Dintorni, dedicato al 25 novembre, sollevando il vecchio asino di battaglia delle false denunce, tanto caro alla manosfera, affermando che il fenomeno sarebbe gonfiato ad arte dalle femministe e ha concluso la sua dissertazione con queste parole: “Nelle rispettive giornate sarà necessario un corteo per umiliarle, in modo che le lamentele prendano un senso”. Alla critica di una donna ha replicato: “Ti blocco perché sono anni che rompi i coglioni come una zecca. Mi auguro di non trovarti per strada… mi crei conati ogni volta che leggo qualcosa di tuo”.
Non è la prima volta che questo consigliere di circoscrizione prende di mira le associazioni femministe: pare che commenti spesso sulle pagine della Casa delle Donne o di Linea Rosa, il centro antiviolenza di Ravenna, lasciando tracce del suo livore machista. Questa volta, però, le associazioni hanno deciso di dire basta. La Casa delle Donne di Ravenna ha pubblicato un documento — firmato anche dai tre centri antiviolenza della provincia — e ha indetto un flash mob che si terrà venerdì pomeriggio in Piazza del Popolo per chiederne le dimissioni.
In una situazione come questa ci si aspetterebbe che tutte le forze politiche si unissero nel condannare quel linguaggio violento e misogino che dilaga sui social, facendo delle donne il primo bersaglio di odio, come confermano le statistiche. E invece no.
Alberto Ancarani (Forza Italia), Alvaro Ancisi (Lista per Ravenna) e Mirko De Carli (Popolo della Famiglia) hanno fatto quadrato attorno al consigliere, ritenendo che auspicare cortei “per umiliare le donne” o definire una donna “una zecca attaccata ai coglioni” siano cose di poco conto o che siano libera manifestazione del pensiero. Ancisi, decano dell’opposizione in consiglio comunale, in modo pilatesco si è smarcato dicendo: “Chi sono io per giudicare?”. Per poi arrampicarsi sugli specchi evocando presunte sofferenze personali del consigliere che dovrebbero ispirarci compassione. Insomma la solita himpaty: “Che ne so io di come e di quanto abbiano inferto ferite sanguinose nella coscienza vicende familiari drammatiche, addirittura tragiche, dalle cui colpe, subite a lungo, si è stati magari assolti dai tribunali di Stato?”.
La sofferenza personale giustifica l’odio per le donne e le attiviste, o in questo specifico caso, queste ultime se la sarebbero andata a cercare? Consigliere Ancisi, ho ben compreso il suo pensiero?
Alberto Ancarani, noto per aver promesso in campagna elettorale di sostituire la Casa delle Donne con un canile (interessante la sua associazione di idee tra donne e cani, Freud avrebbe da lavorarci), ha stigmatizzato le parole del consigliere per poi giocare la carta del benaltrismo, invitando il sindaco Barattoni ad occuparsi di cose ben più serie. Ci si chiede se questi politici che vivono i luoghi delle donne come calli ai piedi con cui obtorto collo devono convivere, abbiano mai partecipato a un convegno sulla violenza intrafamiliare. Umiliare una donna è una delle forme della violenza psicologica nelle relazioni di intimità, ed è diventata sui social una forma di intrattenimento.
Lo abbiamo visto con piattaforme come Phica.eu o la pagina Mia Moglie. Lo confermano le statistiche sull’odio online: le donne sono il primo bersaglio degli haters.
Nei giorni scorsi la sindaca di Genova, Silvia Salis, ha letto in consiglio comunale gli insulti che riceve quotidianamente: un destino condiviso anche da Alessandra Todde, governatrice della Sardegna, e da molte altre donne impegnate in politica. Riesce difficile comprendere come i partiti di centrodestra che tanto si dichiarano difensori dei valori della famiglia tradizionale, non riescano mai a schierarsi contro le discriminazioni e i pregiudizi che colpiscono le donne. Dopotutto, i due posizionamenti — la difesa della “famiglia tradizionale” e lo scudo intorno a chi usa parole sessiste — non sono poi così in contraddizione.
I centri antiviolenza sanno che la violenza germoglia spesso, proprio dentro quella famiglia che le forze conservatrici vogliono difendere, a prescindere, come un valore assoluto. E conoscono l’antica tradizione che esige la subalternità delle donne al marito. Non dubito che lo svelamento di ciò che avviene nelle segrete stanze di tante famiglie all’apparenza rispettabili, metta in discussione i loro dogmi. Forse è per questo che le Case delle donne e i Centri antiviolenza risultano tanto indigesti.
Gli ostacoli al cambiamento culturale che auspichiamo da anni non sono eretti solamente da quelli che agiscono violenza diretta o ideologica verso le donne ma sono rinforzati da quelli che non mettono limiti a linguaggi e comportamenti violenti. E costoro sono molto più numerosi e li abbiamo contro tutti i giorni. Se non si cambia la cultura, se si continuerà a legittimare l’odio nei confronti delle donne, non se ne percepirà mai il disvalore. E le giovani generazioni ci osservano e prendono esempio da noi.
È in gioco la libertà e la sicurezza delle donne.
Per i rappresentanti ravennati del centrodestra, dunque, le vere avversarie politiche sembrano essere le attiviste che da decenni accolgono donne e bambini in fuga da situazioni di maltrattamento — mentre chi sputa in faccia alle vittime di femminicidio e paventa cortei per umiliarle, è un alleato da difendere o verso il quale avere comprensione. Di questo, Ancisi, De Carli e Ancarani devono assumersi la responsabilità politica.
@nadiesdaa
L'articolo “Un corteo per umiliare le femministe”. Anche a Ravenna la misoginia abita le istituzioni proviene da Il Fatto Quotidiano.
