Perché la separazione delle carriere non migliorerà per nulla il funzionamento della giustizia. Anzi

  • Postato il 6 novembre 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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La separazione delle carriere non migliorerà per nulla il funzionamento della giustizia. Anzi renderà la giustizia ancora peggiore. La situazione si aggraverà, perché avremo un pubblico ministero troppo forte ma troppo condizionato politicamente, una sorta di capo supremo delle forze di polizia e non organo di giustizia, come adesso, che ha l’obbligo di ricercare la verità ma non l’obbligo di sostenere a prescindere l’accusa. Avremo un pubblico ministero sempre di più con la spada di ferro contro i deboli e con i guanti di velluto verso i potenti.

Le funzioni, poi, tra pm e giudici sono già separate, le carriere non serve a nulla separarle, se non, come ha confessato il ministro Nordio, per impedire al pm di esercitare il controllo di legalità verso i politici. La contiguità pm-giudice, quando c’è, non dipende dalle carriere uniche o separate. Ho conosciuto più contiguità tra taluni avvocati e taluni pm o giudici, che contiguità tra pm e giudici. Ho conosciuto più contiguità tra poteri occulti e taluni pm o giudici che tra pm e giudici. Ho conosciuto più contiguità tra colletti bianchi e alcuni pm e giudici che tra pm e giudici.

Il controllo politico del pubblico ministero con lo smantellamento della Costituzione è già del resto cominciato da tempo: la sempre più accentuata gerarchizzazione e verticalizzazione degli uffici di procura e della magistratura nel suo complesso porta alla concentrazione del potere nelle mani di pochi capi degli uffici, quindi più facilmente controllabili, non di rado nominati dal Csm con logiche tutt’altro che trasparenti e meritocratiche. Le riforme dei ministri della giustizia Mastella, Cartabia e Nordio, quindi ahimè di tutte le forze politiche, hanno delineato una magistratura sempre più verticistica, conformista, burocratizzata, attenta alle statistiche e al formalismo, con la clava disciplinare sulla testa se si toccano i potenti.

Ora le destre, con il lascito berlusconiano, vogliono dare l’affondo finale per colpire definitivamente quella magistratura che onora il giuramento costituzionale, che non tradisce la toga che indossa e che interpreta il proprio ruolo in maniera costituzionalmente orientata. Vogliono colpire i pubblici ministeri onesti, liberi, autonomi, indipendenti, competenti, coraggiosi e che lavorano tanto. Si è persa invece l’ennesima occasione per intervenire sul codice di procedura penale per garantire in maniera più efficace la giusta parità nel processo tra accusa e difesa. Si è persa, altresì, l’occasione per intervenire con legge ordinaria per colpire in maniera drastica e più efficace la intollerabile degenerazione del sistema delle correnti che tanto male ha fatto alla magistratura nel nostro Paese.

E in questo la magistratura associata ha inescusabili responsabilità. Ma la politica non vuole migliorare il funzionamento della giustizia, la vuole anzi rendere sempre più sottomessa agli abusi del potere. Votare no al referendum deve essere un messaggio non solo per la politica ma anche per la magistratura: la Costituzione statuisce l’uguaglianza delle persone davanti alla legge e prevede magistrati che siano arbitri imparziali, autonomi e indipendenti. Io non voto no perché tifo per la magistratura contro la politica. Voto no perché sono tifoso della Costituzione.

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