Uber vince in Consulta: stop agli obblighi Ncc imposti dallo Stato

  • Postato il 10 novembre 2025
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La nuova pronuncia della Corte Costituzionale (sentenza 163 del 4 novembre 2025) è uno spartiacque nel settore del noleggio con conducente ovvero nell’equilibrio tra Stato, Regioni e mercato della mobilità. L’impugnato decreto interministeriale 226 del 16 ottobre 2024 aveva introdotto una serie di obblighi e divieti per gli operatori Ncc sulla base del presupposto che il legislatore statale potesse intervenire sulla materia del trasporto pubblico non di linea.

La Regione Calabria ha sollevato un conflitto di attribuzione secondo la tesi che la disciplina invadesse la materia di competenza regionale, ossia il trasporto pubblico locale, disciplinata dall’articolo 117 della Costituzione nei commi quarto e sesto. I giudici della Corte hanno ribadito che, pur essendo la materia della “tutela della concorrenza” di competenza statale, l’intervento non può travalicare i limiti della ragionevolezza, della proporzionalità e del rispetto delle competenze regionali.

Uber, le disposizioni contestate e le motivazioni della bocciatura

La decisione della Corte Costituzionale si focalizza su tre profili del decreto ritenuti in contrasto con i principi costituzionali e regolamentari. In primo luogo è stato annullato il vincolo che imponeva un’attesa minima di venti minuti tra la prenotazione e l’inizio del servizio Ncc, nel caso in cui la corsa partisse da luogo diverso dalla rimessa o dalle aree previste dalla legge 21 del 1992.

La Consulta ha definito questa disposizione “misura sproporzionata rispetto alla finalità antielusiva”, perché di fatto riproponeva un vincolo operativi all’esercente Ncc che era stato già dichiarato illegittimo. In secondo luogo è stato annullato il divieto che impediva che soggetti quali alberghi, agenzie di viaggio o tour operator ovvero soggetti che svolgono anche in via indiretta attività di intermediazione, stipulassero contratti di durata con operatori Ncc. Questo limite è stato ritenuto lesivo dell’autonomia contrattuale e dell’iniziativa economica, nonché rappresentativo di una compressione eccessiva della concorrenza.

Infine la Corte Costituzionale ha invalidato l’obbligo per l’esercente Ncc di utilizzare solo l’applicazione informatica ministeriale per la tenuta del foglio di servizio elettronico. Questo obbligo è stato ritenuto in contrasto con il principio di neutralità tecnologica e con la libertà di iniziativa economica privata.

La reazione politica e il ruolo di Salvini

Il Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Matteo Salvini, promotore del decreto poi bocciato, ha ribadito la sua “determinazione” a “migliorare il servizio e le condizioni di lavoro, contrastando illegalità e abusi”. Dietro questa apparente prudenza si cela la difficoltà per il governo di trovare una mediazione politica tra le due categorie, entrambe organizzate, influenti e radicate sul territorio.

Salvini aveva difeso il decreto come strumento di tutela del servizio taxi e sostenuto che l’ingresso incontrollato degli Ncc e delle piattaforme digitali avrebbe potuto generare dumping tariffario e precarietà. La Corte Costituzionale ha rovesciato la prospettiva: non è lo Stato che deve difendere un modello d’impresa a scapito di un altro, ma il mercato che deve autoregolare nel rispetto delle competenze regionali e dei diritti dei consumatori.

Per Roberto Occhiuto, presidente della Regione Calabria, “sugli Ncc la Regione Calabria vince ancora in Corte Costituzionale e si intesta una sacrosanta battaglia liberale”. A fargli eco è Davide Archetti, General Manager per l’Europa Meridionale della multinazionale Uber: “L’Italia ha scelto il progresso. Ora una riforma per un trasporto pubblico privato insieme a Ncc e Taxi innovativo e moderno”.

Secondo il Codacons “le limitazioni contestate dalle Consulta sono lesive degli interessi non solo della categoria degli Ncc ma soprattutto degli utenti e dei consumatori. Restrizioni che favorivano unicamente i taxi penalizzando in modo diretto gli utenti, attraverso una riduzione del servizio di trasporto pubblico non di linea”.

Le origini dello scontro tra Stato e Regioni

La vicenda che ha portato alla pronuncia della Corte Costituzionale non nasce all’improvviso. Negli ultimi anni il tema del trasporto pubblico non di linea è diventato terreno di confronto tra poteri pubblici e operatori privati. Lo Stato, preoccupato di garantire un equilibrio concorrenziale tra taxi e Ncc, ha tentato a più riprese di introdurre regole uniformi sul territorio nazionale.

Le Regioni hanno invece rivendicato il proprio diritto a disciplinare il servizio secondo le specificità locali e sostenuto che il principio di sussidiarietà impone che siano gli enti territoriali a decidere come organizzare la mobilità urbana. In questa cornice la Regione Calabria si è fatta portabandiera di una battaglia che oggi appare quasi simbolica: quella per la libertà d’impresa e per la difesa delle competenze locali contro l’accentramento burocratico.

La Consulta ha riconosciuto la fondatezza di questa posizione e sancito che la regolazione dei servizi di trasporto privato con conducente appartiene, per natura e finalità, alla dimensione regionale.

Quali conseguenze sulla mobilità alternativa e la piattaforma Uber

Per gli operatori Ncc la liberazione dai vincoli più stringenti apre la via a una maggiore flessibilità operativa, potendo accedere a clienti tramite intermediari o piattaforme senza dover rispettare vincoli temporali o utilizzare sistemi ministeriali. Per le cosiddette piattaforme digitali come Uber, che mediano il collegamento tra clientela e conducente, la decisione equivale a un segnale forte: la disciplina normativa non può essere fabbricata ad arte per favorire un modello (il taxi) a scapito di un altro (l’Ncc).

In altre parole l’evoluzione digitale della mobilità impone una revisione degli schemi tradizionali. Dal punto di vista degli utenti finali la decisione promette ampliamento dell’offerta, tempi di prenotazione ridotti e una concorrenza più vivace. Insieme alla liberalizzazione accresce la responsabilità del legislatore e dei regolatori a garantire standard di qualità, sicurezza e trasparenza contrattuale nel mercato.

Verso una nuova regolamentazione del trasporto non di linea

La pronuncia della Corte Costituzionale apre la strada a una possibile riformadel trasporto pubblico non di linea, in cui si dovrà coniugare la tutela del servizio pubblico, la libertà d’impresa, l’accesso equo al mercato, l’innovazione e la sostenibilità. Le Regioni, chiamate a determinare criteri e regolamenti per l’esercizio degli Ncc all’interno del loro territorio, sono chiamate a predisporre un quadro regolamentare capace di contemperare l’interesse al servizio, alla mobilità urban, alla tutela degli utenti e alle richieste delle imprese.

In questo contesto la mobilità digitale, le app, la prenotazione on-demand e le interfacce tra domanda e offerta richiedono un linguaggio regolatorio nuovo: la neutralità tecnologica, l’equità competitiva e la trasparenza dei costi diventano passaggi chiave. Resta infine aperta la sfida più grande: far sì che il sistema Italia sappia coniugare regolazione, mercato e innovazione senza arretrare rispetto ai partner europei, adattando la normativa a un mondo della mobilità in rapida trasformazione.

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Virgilio.it

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