Turchia, il PKK ritira i suoi miliziani ma chiede di partecipare alla vita politica del Paese
- Postato il 31 ottobre 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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Nell’ambito del processo di pace in corso, il Partito dei Lavoratori del Kurdistan (PKK), fondato da Abdullah Ocalan, ha annunciato una nuova iniziativa dichiarando di aver iniziato a ritirare i propri guerriglieri dalla Turchia. All’inizio della settimana si è tenuta una cerimonia per celebrare l’iniziativa nella zona rurale di Raperîn, vicino alla roccaforte del gruppo sui Monti Qandil, nella regione autonoma del Kurdistan, nel nord dell’Iraq. All’evento hanno preso parte venticinque miliziani che si erano recentemente ritirati dalla Turchia. Questi rappresentano il principale braccio armato del PKK, le Forze di Difesa Popolare (HPG), e la sua branca femminile, le Unità di Libertà delle Donne (YJA-Star).
La dichiarazione è stata letta in turco da Sabri Ok, membro del Consiglio Esecutivo dell’Unione delle Comunità del Kurdistan (KCK), l’organizzazione ombrello del PKK, e in curdo da Vejîn Dersîm, comandante delle YJA-Star, secondo i video pubblicati dall’agenzia di stampa Fırat (ANF). Ok ha affermato che il processo di pace è iniziato quando “la situazione regionale è diventata una seria minaccia per il futuro sia della Turchia sia dei curdi”, e che ora sta entrando in una fase critica. “Negli ultimi otto mesi, come parte curda, abbiamo compiuto passi storici e significativi”, ha affermato. In seguito all’appello di febbraio del suo fondatore Abdullah Ocalan – all’ergastolo da ventisei anni – affinché il gruppo si sciogliesse, il PKK ha annunciato a maggio di aver formalmente deciso di sciogliersi e ha tenuto una cerimonia simbolica di disarmo a luglio sempre nel Kurdistan iracheno.
Il processo di pace, che mira a porre fine a quattro decenni di conflitto armato, è stato avviato dopo che il leader del Partito turco di estrema destra ( Movimento Nazionalista, MHP) e alleato del governo, Devlet Bahçeli, aveva proposto nell’ottobre dello scorso anno che Ocalan potesse beneficiare del “diritto alla speranza” in cambio dello scioglimento dell’organizzazione. Il diritto alla speranza è un concetto giuridico che potrebbe potenzialmente portare al rilascio di Ocalan. “Questi passi storici compiuti dalla parte curda, sotto la guida di Abdullah Ocalan e del PKK, hanno profondamente influenzato il clima politico e sociale della Turchia”, ha sottolineato Ok. “La posizione coraggiosa e altruista del popolo curdo a favore della pace, della democrazia e della libertà è stata accolta con apprezzamento sia all’interno che all’esterno della Turchia”. Ok ha osservato che il PKK sta ritirando tutte le proprie forze dalle aree dove potrebbero verificarsi scontri o potrebbero sorgere provocazioni, trasferendole nella regione del Kurdistan.
Il numero di attacchi del PKK nelle aree rurali all’interno dei confini turchi si è ridotto significativamente negli ultimi anni mentre le basi militari transfrontaliere ( con il Kurdistan iracheno) turche sono diventate la prima linea del conflitto. Dal 2017, la Turchia ha quindi stabilito una presenza militare continua nelle aree montuose del Kurdistan al confine con la Turchia, coprendo gran parte del confine comune tra i due Paesi, nell’ambito delle sue operazioni militari contro il PKK. Nonostante si ritenga che queste operazioni abbiano ridotto significativamente la capacità del PKK di infiltrarsi lungo il confine, sono continuati scontri intermittenti nel territorio del Governo Regionale del Kurdistan che hanno causato la morte di oltre 100 membri delle Forze Armate Turche (TSK) solo nel 2023, secondo i dati ufficiali.
Il governo turco dovrebbe rispondere alla mossa del PKK adottando misure legali, ha suggerito Ok : “In questo contesto dovrebbe essere emanata una legge transitoria specifica per il PKK che garantisca la partecipazione democratica”. Nell’agosto scorso, il parlamento ha istituito una commissione per delineare il quadro giuridico relativo al processo di pace. La commissione, che ha ascoltato le diverse parti interessate, starebbe preparando una legge che includerebbe il PKK nella definizione di “organizzazione disciolta”, fornendo una base giuridica specifica per la sua situazione. Questa cosiddetta “Commissione per la pace” potrebbe tenere colloqui diretti con il leader del PKK.
Anche i copresidenti del partito filo-curdo DEM, Tuncer Bakırhan e Tülay Hatimoğulları, hanno tenuto una conferenza stampa, invitando il governo a procedere con la fase legale del processo. Bakırhan ha descritto l’annuncio di questi giorni come un momento storico, facendo notare che la prima fase del processo si è conclusa e che una fase molto più critica, ovvero quella giuridica e politica stava iniziando: “Il processo deve progredire attraverso leggi, diritti e libertà”. Ha quindi aggiunto che “a Ocalan dovrebbero essere dati l’opportunità e i mezzi per svolgere un ruolo più attivo nel processo”, riferendosi al “diritto alla speranza”. Anche Hatimoğulları ha chiesto una rapida azione politica e legale. “Come parte della nostra responsabilità nei confronti della società turca, abbracciare la pace nonostante dubbi e preoccupazioni è di grande valore”, ha affermato, invitando gli intellettuali a sostenere il processo.
Sempre in questi giorni, un tribunale di Istanbul ha ordinato un nuovo arresto per il sindaco di Istanbul, Ekrem İmamoğlu, per il giornalista Merdan Yanardağ e per il responsabile della campagna elettorale di İmamoğlu, Necati Özkan, nell’ambito di un’indagine di spionaggio in corso condotta dalla Procura Generale di Istanbul. Yanardağ è stato inizialmente arrestato il 24 ottobre. Poco dopo, un fiduciario nominato dal governo ha assunto la direzione di Tele1 TV, un’emittente filo-opposizione di cui il giornalista è caporedattore. İmamoğlu e Özkan sono già in custodia cautelare dallo scorso marzo, implicati in un’indagine prefabbricata per corruzione che aveva come bersaglio la Municipalità Metropolitana di Istanbul, guidata dall’opposizione. Lunedì İmamoğlu è stato condotto dal carcere di Marmara, situato nel distretto di Silivri, alla periferia di Istanbul, al tribunale di Istanbul a Çağlayan, sotto stretta sorveglianza. I suoi sostenitori si sono radunati fuori dal tribunale, ma non è stato loro permesso di avvicinarsi.
İmamoğlu ha fatto trasmettere dai propri avvocati questo messaggio: “Nonostante il divieto, i nostri concittadini di Istanbul si sono radunati a Çağlayan. Li ringrazio tutti”. Dopo quasi sei ore di testimonianza, i pubblici ministeri hanno rinviato tutti e tre gli indagati in tribunale con una richiesta di arresto. Mentre le testimonianze erano in corso, Özgür Özel, leader del principale partito di opposizione, il Partito Popolare Repubblicano (CHP) di cui İmamoğlu è uno degli esponenti di punta nonchè candidato alle presidenziali del 2028, ha tenuto un comizio fuori dal tribunale di Çağlayan accusando il governo di continuare quello che ha descritto come un “colpo di stato” contro il CHP, iniziato con la sospensione di İmamoğlu a marzo. “Lo hanno chiamato ladro, ma non ha funzionato. Hanno detto corruzione, ma non ha funzionato. Lo hanno accusato di sostenere il terrorismo, ma nemmeno quello ha funzionato. Ora lo chiamano spia. È una vergogna” ha dichiarato.
L’indagine è stata avviata dopo che è emersa una corrispondenza scritta tra Hüseyin Gün, un consulente per la sicurezza informatica, in custodia cautelare da luglio con l’accusa di spionaggio, e Özkan, durante la campagna elettorale di İmamoğlu per la carica di sindaco nel 2019. I messaggi, secondo quanto riferito, includerebbero Gün che offre suggerimenti strategici basati sui dati per la campagna di İmamoğlu e informazioni di intelligence su gruppi che lavorano per la parte avversa. Le autorità affermano che Gün ha ottenuto illegalmente informazioni personali e comunicazioni private sui cittadini durante queste attività. Nella sua dichiarazione, ha ammesso le conversazioni. Sulla base dei presunti contatti di Gün con ex agenti dell’intelligence di paesi come Regno Unito e Israele, i pubblici ministeri sostengono che l’accesso ai dati personali dei cittadini per eventualmente consegnarli a paesi stranieri costituisca un atto di spionaggio. Tutti e tre gli indagati sono ora accusati di coinvolgimento in questa attività.
Özkan, tuttavia, ha negato la paternità dei messaggi e ha affermato di non utilizzare l’app di messaggistica crittografata “Wickr” menzionata nell’inchiesta. Ha anche negato di conoscere Gün e ha affermato che la questione sarebbe stata chiarita una volta esaminato il suo telefono. Anche Yanardağ è stato arrestato con l’accusa di spionaggio e creazione di un’organizzazione criminale a scopo di lucro a causa dei suoi contatti con Gün durante il periodo elettorale del 2019. I messaggi mostrano Gün che offre consigli e suggerimenti a Yanardağ su come affrontare le trasmissioni durante la campagna elettorale. Negando le accuse di spionaggio, Yanardağ ha dichiarato: “Ho trascorso tutta la mia vita a combattere l’imperialismo”. Le purghe contro i giornalisti indipendenti e i membri dell’opposizione hanno reso la Turchia una prigione a cielo aperto per chi si oppone democraticamente alla dittatura dell’autocrate Recep Tayyip Erdogan.
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