Trump e la cultura Maga sono la più grande lezione di anti-atlantismo della storia
- Postato il 25 giugno 2025
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di Luigi Iossa
Sarà che sono un figlio del 2000, e quindi non particolarmente attratto dall’atlantismo spietato che ha contraddistinto la seconda metà del ‘900 europeo e italiano, sarà che non ho mai sognato di vivere negli States, sarà, forse, che da quando sono nato in fin dei conti gli Usa non è che abbiano fatto chi sa quali grandi figure.
I vantaggi dell’amministrazione Trump sono pochi e rarefatti, però questo secondo mandato del palazzinaro newyorkese porta con sé una caratteristica inconfondibile: una cieca sincerità; non si intende la sincerità e l’onestà di un buon politico nell’affrontare i problemi del proprio paese, ma la totale mancanza di freni inibitori, Donald, lo zio d’America, dice tutto ciò che gli passa per la testa e fa tutto ciò che vuole e vogliono i suoi amici imprenditori, anche se alla fine non riesce a essere di aiuto nemmeno a loro (vedi Elon Musk e le vagonate di milioni persi).
Questa schiettezza è forse l’unico antidoto che gli europei hanno per liberarsi in parte dell’enorme cancro americano, sarebbe bella una Ue realmente indipendente, scevra da ingerenze a stelle e strisce, non solo economiche e politiche ma anche sociali, che si renda conto dell’intramontabile condizione parassitaria degli Stati Uniti d’America e dell’assurdità del sogno americano; Trump e il suo ancora più folle entourage potrebbe permettere a molte persone di aprire finalmente gli occhi sugli innumerevoli crimini fatti dagli States, perché alla fine fra Bush, Obama e Trump non ci sono tante differenze: tutti in guerra vanno, tutti bombe lanciano, tutti morti fanno, tutti l’Europa accecano, tutti il Medio-Oriente mettono in ginocchio, con l’unica differenza che il quarantasettesimo presidente statunitense non ha problemi ad annunciare le strategie belliciste del suo paese.
Il trumpismo e la cultura Maga potrebbero essere la più grande lezione di anti-atlantismo della storia, nella speranza che questa ondata di follia statunitense possa svegliare le coscienze di molti che ancora reputano gli Usa l’unico e ultimo avamposto di democrazia nel mondo occidentale, dimenticandosi delle scelleratezze americane che hanno inondato il mondo di sangue, e del cui sangue le mani, quegli americani non si sono ancora lavati le mani, ma anzi continuano a sporcarsi.
Il sogno finisce e inizia il bisogno, come uno spettacolo teatrale di Vincenzo Salemme “Sogni e bisogni” in cui il protagonista è un uomo sulla trentina di nome Rocco Pellecchia, attanagliato dalle bollette e dalla morta quotidianità che non si prende più cura di se stesso e del suo pene, interpretato nella commedia da Vincenzo Salemme; la descrizione sembra calarsi perfettamente come un abito comodo sulle spalle degli Stati Uniti d’America, uno Stato di mezz’età, con non pochi problemi finanziari che ha smesso di curarsi di sé, ma anche degli altri.
Se quella degli States fosse una tragedia classica, sarebbe la più triste di tutte, come un grande eroe che cade, “la più grande democrazia del mondo”, come purtroppo viene spesso chiamata, sprofonda negli abissi.
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