Toulouse-Lautrec, il poeta della modernità: il suo viaggio nel “socialmente scorretto”, tra miseria e vizio. Senza mai giudicare

  • Postato il 8 novembre 2025
  • Cultura
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Guardo. Sempre guardo. È l’unica cosa che mi riesce davvero. Seduto in un angolo, con il bicchiere mezzo vuoto – o mezzo pieno, a seconda dell’umore – osservo questo teatro tragicomico e meraviglioso che è il cabaret. Siamo a Montmartre, cuore pulsante di Parigi e della mia vita. In questa notte qualunque di fine Ottocento, tra tavoli sudici di vino e profumo di cipria stanca, tutto si confonde: la bellezza e la decadenza, la musica e la solitudine, la verità e la menzogna. Davanti a me, una prostituta accenna un sorriso stanco a un borghese impacciato che le stringe la mano. Lei finge interesse, lui finge di crederle. O forse no, forse ci spera davvero. L’amore qui è un affare, ma anche una fuga. Un sorriso costa cinquanta centesimi. Un bacio, un franco. Ma l’illusione di essere amati — ah, quella… Non ha prezzo.

E io? Io li disegno. Li ritraggo così come sono, senza veli. Non idealizzo, non abbellisco. Non giudico. Mi interessa l’anima, non la maschera. La mia piccola statura fa di me un’ombra sgraziata ma discreta. Nessuno mi nota, e così vedo tutto. Le ballerine che ridono troppo forte. I clienti che ridono troppo poco. Le gambe delle donne, il trucco che cola, gli sguardi che indugiano un secondo di troppo. Mi chiamano artista, ma sono solo un testimone.

Avrebbe potuto presentarsi così, con questo monologo immaginario, con un bicchiere d’assenzio in mano, invitandoci a brindare con lui. Intorno a un tavolo di cabaret danzò tutto il mondo di Henri Toulouse-Lautrec [Albi, 1864–Malromé, 1901], una danza febbrile di fumo, velluto e desideri, che fissò per sempre tra le pagine del suo taccuino. La mostra Toulouse-Lautrec. Un viaggio nella Parigi della Belle Époque, curata da Jürgen Doppelstein, sarà visitabile al Museo degli Innocenti di Firenze fino al 22 febbraio: è un progetto immersivo in cui oltre cento opere – manifesti, litografie, disegni e acquerelli – dialogano con arredi e oggetti d’epoca. Prestiti d’eccezione dalla Collezione Wolfgang Krohn di Amburgo e dal Museo Toulouse-Lautrec di Albi affiancano i contributi di grandi protagonisti dell’Art Nouveau, tra cui Alphonse Mucha, Jules Chéret, Georges de Feure.

Nobile di nascita ma bohémien d’elezione, Henri divenne adulto con le gambe di un bambino: la sua statura creativa fu però quella di un gigante. Pittore, illustratore e innovatore grafico, visse nel mondo delle prime luci elettriche e delle grandi ombre della Storia. La Belle Époque fu una lunga notte folle e scintillante: la sobria intimità degli interni borghesi stride, al calare della notte, con gli ostentati eccessi di una modernità insonne che conobbe l’ebbrezza dell’eccesso e il fascino del disincanto. I quattro decenni tra il 1871 e il 1914 non furono solo un’epoca “bella” ma un vero e proprio stato d’animo: si credeva nel progresso, nella possibilità di dominare il mondo, nei treni che correvano più veloci del vento, nell’elettricità che trasformava le strade in salotti. Artisti e scrittori, cittadini e industriali, dame, viveurs e flâneurs si consideravano creatori dell’opera d’arte che era la loro stessa esistenza: abiti, stanze, conversazioni, tutto doveva essere raffinato, non per lusso ma per dovere, verso se stessi e verso gli altri.

Il tratto di Toulouse-Lautrec è rapido e irrispettoso, i colori squillanti, le grandi campiture piatte di respiro giapponese. Le sue illustrazioni, le caricature e le affiches sulle riviste e sui muri di tutta Parigi furono testimoni di una rivoluzione estetica immediata e democratica. Sui suoi soggetti posò uno sguardo che fu allo stesso tempo crudele e compassionevole: li visse quotidianamente, conobbe le loro storie, ne condivise vizi, gioie e delusioni. Da cronista divenne poeta della modernità: creatura imperfetta lui stesso (affetto da una malformazione genetica dovuta a un matrimonio tra consanguinei), Toulouse-Lautrec fu affascinato dalle declinazioni e dal declino della natura umana. Sulla superficie di quella dorata comédie humaine cercò le deviazioni rispetto al socialmente corretto; trovò la crepa dell’autenticità e vi si insinuò fino a cogliere “il tipo umano”, la quintessenza dei suoi modelli che erano amici, familiari e personaggi famosi della società parigina e teatrale. Bevve con la Goulue, la prima ballerina del Moulin Rouge, i capelli rossi indiavolati come la sua danza; scherzò con Jane Avril al bancone del Divan Japonaise; nel grande cappello e nella sciarpa rossa c’è tutto il temperamento presuntuoso dello chansonnier Aristide Bruant. Dallo sfondo indistinto emergono in piena luce le sue “maschere nude”, i tratti allucinati ed esasperati, spie di un mondo che andava alla deriva senza saperlo.

Deviando dai grandi boulevard, si addentrò nell’inferno parallelo della miseria e del vizio: fu allora che il suo linguaggio si fece pura avanguardia e trasgressione. Nei locali e nelle maisons closes di Montmartre, Toulouse-Lautrec trovò rifugio alla sua diversità fisica, non più motivo di esclusione ma di comprensione reciproca. Stesso tetto e stesso destino, il bordello diventava atelier: alle sue prostitute restituì la dignità negata ritraendole con occhio mai giudicante nei gesti più ordinari di una quotidianità abbruttente. Non ci sono corpi sensuali o provocanti a solleticare il morboso interesse dell’osservatore, solo corpi stanchi di creature infelici, pose sciatte, sguardi vuoti. Nel fumo blu e tra i bicchieri di assenzio trova l’umanità che gli altri non vogliono vedere: lui sì.

A trentacinque anni l’artista lottava in clinica contro l’alcolismo e una demenza da sifilide: cavalli, cani, acrobati, clown e cavallerizze presero vita sulla carta attinti a piene mani dalla memoria degli anni felici. Con una precisione che stupì i medici lo riportarono in vita, anche solo per poco. I suoi circensi sono la malinconia travestita da festa di un’intera epoca. Lo amò e lo ritrasse senza compromessi, quel cabaret di anime perdute. Non per umiliarle ma per restituire loro un volto. Quello vero. Quello che la luce non illumina mai.

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Info

Henri de Toulouse-Lautrec | Un viaggio nella Parigi della Belle Époque
Dove | Museo degli Innocenti – Piazza della Santissima Annunziata, Firenze
Quando | Fino al al 22.2.26
Orari | Tutti i giorni 9.30-19 – Ultimo ingresso: un’ora prima della chiusura
Biglietti | Intero 17,50 euro, ridotti da 8,50 a 15,50 (audioguida inclusa)
Contatti | Tel. 055-527457 – Mail eventieventi@istitutodeglinnocenti.it
Web | www.museodeglinnocenti.it
Social | Fb @museodeglinnocentiIg @istituto_degli_innocenti

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