Il Papillon italiano che scampò al massacro di Little Big Horn

  • Postato il 3 novembre 2025
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Il Papillon italiano che scampò al massacro di Little Big Horn

AGI - Combattente per la repubblica nonostante il sangue blu, la sua mano lanciò una bomba contro Napoleone III; salvato dalla condanna a morte dal potente suocero inglese, finì ai lavori forzati nell’Isola del Diavolo da cui riuscì a evadere come neanche Papillon nel romanzo e nella finzione cinematografica; con la divisa blu dell’esercito unionista divenne ufficiale durante la guerra di secessione e finì nel mitico 7° cavalleria del colonnello Custer sopravvivendo al disastro epocale di Little Big Horn.

Anche troppo per una sola vita, ma in realtà nella sua c’è incredibilmente molto di più. Carlo Camillo Di Rudio negli Stati Uniti è noto come Charles DeRudio. Italiano di Belluno, nato nel 1832 da una famiglia aristocratica (conte il padre Ettore Placido, contessa la madre Elisabetta), sin da giovane venne avviato alla carriera delle armi sotto le bandiere dell’imperatore d’Austria. 

Una bomba contro l’imperatore e l’evasione dall’Isola del Diavolo in Cajenna 

Ad appena sedici anni, nel 1848, partecipa alle Cinque giornate di Milano, ma contro gli austriaci, e gli viene attribuita assieme al fratello Achille, cadetto come lui, l’uccisione di un soldato croato responsabile di violenze su due donne. Nonostante il sangue blu si accende per gli ideali mazziniani. Mette poi la sua spada al servizio della Repubblica di Venezia, dove il fratello muore ucciso dal colera, poi della Repubblica romana, in una delle pagine più belle del Risorgimento, al fianco di Giuseppe Garibaldi.

È sotto tiro della polizia austriaca e ripara in Francia nel 1851, dove si traveste anche da sacerdote, poi torna in patria e nel 1857 cerca di raggiungere gli Stati Uniti ma un malaugurato naufragio lo tiene nell’inquieta Europa dove tutti sembrano smaniosi di mettergli le mani addosso per la sua attività di cospirazione che aveva messo sotto tiro persino la sua famiglia, che era stata arrestata. Arriva in Inghilterra dove conosce Eliza Booth, quindicenne, e la sposa.   

Sembra aver messo la testa a posto, nonostante le difficoltà economiche, ma dura poco. Lo spirito rivoluzionario arde nel suo animo. Carlo Luigi Napoleone Bonaparte con il colpo di stato del 1852 si era fatto proclamare imperatore e tutto il suo spirito liberale e repubblicano sembrava essere stato trasfigurato in senso autoritario come simbolo di quel potere che il conte Di Rudio aveva già avversato a Roma con Mazzini. 

Scampato alla condanna a morte scappa nella Guyana britannica 

Quando Felice Orsini aveva progettato un attentato a Parigi per eliminare la nuova espressione dell’oppressione, l’esule italiano si era detto pronto a fare la sua parte. Una delle tre bombe indirizzate contro l’imperatore in rue Montpellier la sera del 14 gennaio 1858 veniva lanciata proprio da lui. Napoleone III ne uscì illeso, ma otto furono uccise e 156 rimasero ferite. Gli attentatori italiani vennero subito arrestati e processati.

Orsini e Giovanni Andrea Pieri furono condannati a morte e ghigliottinati il 31 marzo, mentre Di Rudio, grazie alle conoscenze altolocate del suocero e alle intercessioni inglesi, scampò alla pena capitale ma non alla condanna all’ergastolo da scontare nell’Isola del Diavolo, la terribile colonia penale della Cajenna, in Guyana. 

La lettera di raccomandazione di Mazzini e la carriera da ufficiale negli Usa 

Una volta deportato in Guyana, il primo pensiero di Carlo Di Rudio fu quello di andarsene al più presto, anche perché oltre a tutto doveva fronteggiare l’ostilità degli altri detenuti francesi. La prima volta andò male, ma nel 1859 l’evasione di gruppo fu coronata dal successo. Una volta nella Guyana britannica Di Rudio poteva dirsi al sicuro, e riuscirà senza troppi problemi a ricongiungersi alla famiglia a Londra, l’anno successivo.

Ma di tornare in Italia non se ne parlava proprio: era ricercato dalla polizia francese e da quella austriaca che aveva diffuso anche la notizia che fosse una spia. Giuseppe Mazzini scrisse per lui una lettera di raccomandazione che negli Stati Uniti aveva qualche peso. E allora il conte si trasferì nel Nuovo Mondo con tutta la famiglia. A New York cambiò il nome e divenne Charles DeRudio, arruolato nell’esercito unionista nel 1861 con le mostrine di fanteria del 79th New York Volunteers e ben presto promosso sottotenente. Nessuno sapeva nulla del suo passato burrascoso, tranne alcuni esponenti del Partito repubblicano.

E così DeRudio nel 1869 milita nei ranghi del 7° reggimento di cavalleria agli ordini del tenente colonnello George Armstrong Custer, già generale durante la guerra civile e poi sceso giocoforza di grado per la drastica riduzione dei quadri dell’esercito. 

Testimone del massacro e del rituale della scalpatura dei soldati da parte delle squaw 

Il 25 giugno 1876 DeRudio era stato aggregato all’ultimo momento alla compagnia del capitano Marcus Reno, quando Custer cade nella trappola di Sioux e Cheyenne di Toro Seduto e Cavallo Pazzo a Little Big Horn. Reno sarà accusato in seguito di condotta negligente, per non essere corso subito in aiuto alle colonne del suo comandante fatte a pezzi dagli indiani in una delle più brucianti sconfitte dell’esercito americano, e di certo la più nota.

Ma uscirà pulito dall’inchiesta, e così il tenente DeRudio, di cui fu sancita processualmente la correttezza dell’operato e pure il valore sul campo. A Little Big Horn il suo cavallo era stato ucciso nei combattimenti, il suo reparto ne era uscito decimato e lui era riuscito a mettersi in salvo in una boscaglia da cui aveva assistito allo scempio dei corpi dei commilitoni caduti da parte delle squaw che li scalpavano, come da costume dei pellirosse.

Per questo, come testimone oculare, sarà ascoltato dalla commissione che doveva far luce sulla sconfitta e sull’eccidio. Il suo nome era dappertutto sui giornali e la sua popolarità era assai diffusa. Un altro italiano che si salvò dal massacro fu il trombettiere John Martin, ovvero il garibaldino Giovanni Martini, inviato come portaordini proprio da Custer per sollecitare l’invio di rinforzi. In giacca blu nel 7° cavalleria, in totale, militavano una decina di italiani e tutti nella truppa. In buona parte erano ex garibaldini. 

Una vita riassunta nei nomi delle tre figlie: Italia, Roma e America 

DeRudio avrà tempo di partecipare all’ultima fase delle guerre indiane e nel 1895 andrà in pensione a 64 anni con tutti gli onori e il grado di capitano, che poi gli sarà elevato a quello di maggiore. Si spegnerà in California, a Pasadena, il I novembre 1910, e sarà sepolto a San Francisco. Le sue esperienze di vita e gli ideali che l’avevano animata erano esemplificati dai nomi scelti per le tre figlie avute da Eliza, che erano state chiamate Italia, Roma e America. 

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Autore
Agi.it

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