Strega, vampira, musa o sciamana: chi è Michèle Lamy, la donna coi denti d’oro e le dita coperte d’inchiostro avvistata sempre alle sfilate

  • Postato il 3 ottobre 2025
  • Moda E Stile
  • Di Il Fatto Quotidiano
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C’è chi va alle sfilate per vedere i vestiti, e chi va per vedere lei. In un front row affollato di celebrità e influencer, la sua è una presenza quasi mitologica, una figura che sembra uscita da un rituale ancestrale. Lei è Michèle Lamy, e definirla semplicemente “moglie di Rick Owens” sarebbe un insulto alla sua storia. A quasi 80 anni, è un’artista totale, una forza della natura, un enigma vivente che il rapper A$AP Rocky ha definito, semplicemente, la “dark queen of fashion”.

Prima di diventare la figura inseparabile dal designer Rick Owens, Michèle Lamy ha vissuto innumerevoli altre esistenze. Nata nel Giura francese intorno al 1944 in una famiglia di origini algerine, con un nonno che creava accessori per il grande sarto Paul Poiret, la sua prima vita fu intellettuale. Negli anni ’60 e ’70, mentre partecipava alle proteste del ’68, lavorava come avvocato difensore e studiava il pensiero del filosofo post-strutturalista Gilles Deleuze. Poi, la prima di tante rotture. Abbandonò la carriera legale per diventare ballerina di cabaret e performer. Nel 1979, si trasferì a Los Angeles, dove diventò la regina della scena underground. Insieme al suo primo marito, il regista sperimentale Richard Newton, aprì due locali di culto, il Café des Artistes e Les Deux Cafés: non semplici ristoranti, ma salotti artistici e teatri del glamour gotico.

Fu a Los Angeles, nel 1984, che fondò la sua linea di abbigliamento, Lamy. E fu lì che avvenne l’incontro che avrebbe cambiato la sua vita e la storia della moda contemporanea: assunse come modellista un giovane designer californiano, Rick Owens. La collaborazione professionale divenne presto una relazione sentimentale e un sodalizio creativo inarrestabile. Nel 2001 si trasferirono a Parigi, si sposarono nel 2006 e fondarono la Owenscorp. Lei è diventata la sua musa, ma non in senso passivo: “Non credo che nessuno considererebbe mai Michèle una musa passiva”, ha detto di lei Owens. “È per questo che suscita l’interesse delle persone: perché non si adatta al tipico ruolo“. Oggi, Lamy è l’Executive Manager della linea di arredamento del brand, produce i suoi eccentrici mobili e disegna gioielli.

Ma la sua energia creativa è incontenibile. Ha una sua band, i Lavascar, con la figlia Scarlett Rouge e l’artista Nico Vascellari; ha collaborato con A$AP Rocky; ha trasformato una nave portacontainer in un salone galleggiante alla Biennale di Venezia. E, da molti anni, pratica la boxe, tanto da aver fondato nel 2018 una palestra, “Lamyland“, da Selfridges a Londra. La sua immagine, così anticonvenzionale, è una scelta consapevole, nata a 16 anni dopo un viaggio in Tunisia: “Vidi le donne berbere e ne rimasi completamente sedotta”, ha raccontato, in contrasto con la nonna che “si incipriava la pelle per conformarsi alle norme”. Il suo stile, ha spiegato, è legato “alla personalità più che all’estetica”.

Dicono che sia una strega millenaria, una vampira bohémien, una sciamana urbana che officia messe nere. Che non creda nel tempo lineare, ma solo nel potere creativo del vuoto. Forse è tutto vero, o forse è solo il modo più semplice per descrivere l’indescrivibile. A 80 anni, con le sue dita tatuate d’inchiostro, i denti placcati d’oro e l’eterna sigaretta tra le labbra, l’anti-musa di Rick Owens è la presenza più enigmatica e affascinante della Paris Fashion Week.

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