“Essere ‘cool’ è facile, ma essere umani è rivoluzionario”: la lezione di Pierpaolo Piccioli nel suo debutto da Balenciaga. Standing ovation a Parigi, spunta anche Meghan Markle

  • Postato il 5 ottobre 2025
  • Moda E Stile
  • Di Il Fatto Quotidiano
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Un corridoio buio, avvolto da una nebbia densa, con una sola luce in fondo a guidare il cammino. In sottofondo, nient’altro che il suono di un cuore che batte. È così che Pierpaolo Piccioli ha accolto gli ospiti per la sua prima sfilata da Balenciaga. Una scelta di messinscena potente, quasi un rito di passaggio, nell’antico Hôpital Laennec al numero 40 di Rue de Sèvres, un indirizzo che nella storia di Parigi è stato prima un ospedale per “incurabili”, poi un liceo, e infine il quartier generale di Kering. Ma per una sera, è tornato a essere un luogo di guarigione, uno spazio dove la moda ha cercato di curare le proprie ferite e ritrovare un’anima. Quel battito che risuonava tra le spesse mura era il filo conduttore di tutto: The Heartbeat, il titolo della collezione, ma anche una dichiarazione d’intenti. “Il battito del cuore è il ritmo che condividiamo — il pulsare che ci ricorda che siamo umani. Eppure, ogni cuore batte in modo diverso”, ha scritto Pierpaolo Piccioli nella lettera lasciata a ogni posto.

Poi, la magia. Sulle note struggenti di In This Heart di Sinéad O’Connor, la prima modella avanza. Indossa un abito nero, una reinterpretazione quasi filologica del celebre “sack dress” che Monsieur Cristóbal Balenciaga presentò nel 1957. Quel taglio dritto, scostato dal corpo, all’epoca scandalizzò le donne parigine abituate al vitino di vespa e ai pesanti tailleur di Dior, segnando l’inizio del vestire moderno. “Cristóbal è sempre stato uno dei miei eroi”, dice Piccioli sorridendo, “ma non ho affrontato questo debutto per fare un tributo. Credo che la moda abbia bisogno di rispetto e tolleranza. L’idea non è sostituire, ma dialogare”. Nei giorni trascorsi negli archivi della Maison, Piccioli ha trovato la sua chiave: “Conoscevo gli abiti dalle foto, ma vederli da vicino mi ha rivelato la loro verità. Dietro la severità e l’austerità delle linee c’era una leggerezza insolita. Un abito Dior dell’epoca pesava quasi nove chili. Un abito di Balenciaga, meno di uno. Ecco perché fu così dirompente: non liberava solo fisicamente le donne, ma anche socialmente”.

Quel principio di libertà, Piccioli lo ha trasformato in metodo: “Balenciaga lavorava come un architetto. Non aggiungeva decorazioni, cambiava lo spazio con lo spazio stesso. Tra il corpo e il tessuto inseriva un terzo elemento — l’aria. Nessuna struttura rigida, solo aria, leggerezza, consapevolezza. Mi ha insegnato che la vera modernità non pesa”. Non è un tributo sterile, ma una dichiarazione di intenti: partire dalle radici per andare oltre: “Volevo parlare di memoria. Noi siamo i nostri ricordi, e tutto ciò che è stato fa parte di ciò che sarà. La continuità per me è questo: iniziare da qualcosa che esiste e trasformarlo secondo la propria sensibilità”. “Siamo tutti persone – ha sottolineato -, e il rispetto, il riconoscere che siamo qui perché c’è stato qualcuno prima di noi, è fondamentale”. Ha citato non solo Cristóbal, ma anche i suoi successori, Nicolas Ghesquière e Demna.

Il risultato è una collezione sapiente, raffinata e, soprattutto, incredibilmente desiderabile. È fatta di corpi e respiro, dove l’aria stessa diventa materia. I volumi non si impongono ma avvolgono, le maniche si piegano come origami geometrici, i vestiti si muovono con chi li indossa. Piccioli ha unito la sua continua ricerca sulla couture all’esigenza dell’industria. “Essere ‘cool’ è facile, ma essere profondamente umani è rivoluzionario – dice -. La mia sfida è stata unire la verità dell’umano con la precisione dell’industria. Perché solo così la moda può tornare a essere necessaria”. E ci è riuscito, applicando un approccio da atelier a capi semplici: jeans, camicie bianche, t-shirt, bomber, cappotti…capi pensati per un guardaroba quotidiano ma costruiti con tagli e proporzioni che nascono dall’alta moda. “Ho cercato di unire la ricerca della couture all’industria”, dice. “L’alta moda non è un vestito da sera. È un atteggiamento, un processo umano. Oggi la cosa più rivoluzionaria è rimettere l’uomo, il corpo, al centro del pensiero creativo. Per me la bellezza vera è quella che accade nella vita reale. E liberare il corpo è ancora oggi l’unico atto veramente moderno”.

Accanto a questo rigore, esplode il suo massimalismo romantico: ricami di fiori e piume che diventano architettura, non decorazione; colori forti che si impongono come un gesto essenziale. E poi gli accessori, destinati a diventare un cult: per la prima volta in passerella, la City Bag, e una serie di nuove borse che hanno già fatto sognare i buyer. Perché questa è una collezione assolutamente concreta che farà la gioia dei terzisti chiamati a produrre, perché unisce la visione artistica a una concreta indossabilità. Ed è esattamente ciò di cui la moda, oggi, ha un disperato bisogno.

Al termine della sfilata, il pubblico si è alzato in una standing ovation unanime e commossa. Tra gli ospiti, tanti amici di Piccioli e le persone che hanno accompagnato la sua carriera come Giancarlo Giammetti, socio storico di Valentino, venuto a salutare il debutto dell’amico: “Sono emozionato di essere qui, sono davvero orgoglioso di lui”. E poi, Lauren Sancez Bezos, Anne Hathaway, Simone Ashley, Isabelle Huppert e Laura Pausini ma anche un’apparizione a sorpresa. Mentre la folla si disperdeva, è stata notata Meghan Markle, Duchessa del Sussex, arrivata appositamente dagli Stati Uniti per assistere alla sfilata, la sua prima in assoluto. Elegantissima in un look della collezione – camicia bianca, pantaloni morbidi e mantella drappeggiata – era quasi passata inosservata ma, ne siamo certi, la sua presenza era tutt’alto che casuale.

“Mi sento nel posto dove devo essere“, ha detto Piccioli ancora emozionato dopo lo show. “Questo è il mio modo di ascoltare il cuore”. Non ha solo disegnato una collezione. Ha offerto una visione, un metodo, un’idea di moda come atto di rispetto e di profonda umanità. Ha ascoltato il cuore di Balenciaga e, nel farlo, ha fatto battere più forte quello di tutti.

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