Siria, migliaia di vittime di tortura attendono cure e giustizia

  • Postato il 30 giugno 2025
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  • Di Il Fatto Quotidiano
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Venerdì scorso, in occasione della Giornata internazionale per le vittime della tortura, Amnesty International ha ricordato la sofferenza immane di migliaia di persone sopravvissute alle violenze nei centri di detenzione in Siria, soprattutto la prigione militare di Saydnaya.

Sono passati sei mesi dalla caduta del governo di Bashar al-Assad, ma ce ne vorrà un numero infinitamente superiore perché queste persone possano riprendersi dalle conseguenze fisiche e psicologiche, soprattutto se verranno meno le cure e il sostegno alla loro lotta per la giustizia: obblighi giuridici per le autorità di Damasco ma anche morali per i governi, cui Amnesty International chiede di finanziare i programmi dedicati alle persone sopravvissute alla tortura, in particolare quelli di salute mentale e psicologica.

In una recente Dichiarazione costituzionale, il governo siriano ha vietato la tortura, ha specificato che non vi saranno limiti di prescrizione per le indagini e i processi e ha istituito una Commissione per la giustizia di transizione.

A maggio il ministro dell’Interno ha promesso ad Amnesty International che le prigioni più tristemente note per le torture che vi si praticavano, come la già citata Saydnaya e la famigerata sezione Palestina, non saranno più usate come centri di detenzione. In quell’occasione, Amnesty International ha incontrato anche persone sopravvissute alla tortura e loro associazioni, così come quelle per la ricerca delle persone scomparse: tutte hanno sottolineato l’importanza di una loro partecipazione concreta alle iniziative per la giustizia, la riparazione e il sostegno fisico e psicologico.

Tubercolosi, problemi agli occhi, danni permanenti alle articolazioni, fratture mai ricomposte, denti rotti sono tra le principali conseguenze fisiche delle torture e del successivo diniego di cure mediche, cui va aggiunto quello che potremmo chiamare uno stress collettivo post-traumatico.

In un paese alle prese con mille problemi e con un sistema sanitario completamente da ricostruire, per curare queste persone occorrono programmi dedicati, personale specializzato e finanziamenti. Ma poco dopo la caduta del governo di Assad, l’8 dicembre 2024, sono iniziati i tagli dell’amministrazione Trump ai fondi alla cooperazione internazionale. Questi tagli hanno colpito, tra le tante, proprio l’Associazione dei detenuti e degli scomparsi di Saydnaya.

Le persone cercano di fare collette per un intervento operatorio indifferibile o una risonanza magnetica urgente, ma non bastano mai. Molte famiglie si sono impoverite a causa del sistema, gestito da persone vicine all’ex governo, che estorceva somme esorbitanti per fornire notizie sui parenti scomparsi od ottenere una rapida scarcerazione, cose mai avvenute.

Dopo anni e anni trascorsi in scantinati bui, inoltre, migliaia di persone hanno problemi alla vista. Chi si prenderà cura di loro?

Chiudo con le parole di Ahmed Helmi, una persona sopravvissuta a Saydnaya incontrata da Amnesty International: “C’è stato un periodo della nostra vita in cui siamo stati cancellati dalla faccia della terra, oscurati dietro il sole e sottoposti a orrori. Quel luogo e quel tempo resteranno sempre una macchia nera, che crescerà finché non riusciremo a darle un senso. E potrà averlo solo se servirà per fare in modo che i nostri figli non vivano mai ciò che abbiamo vissuto noi. Il senso di ciò che abbiamo attraversato sta solo nella sua non ripetizione. Se non possiamo garantirla, allora tutto ciò non ha alcun significato”.

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Il Fatto Quotidiano

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