Da lametino che non si sente insultato dal mercato delle parole, ho quattro domande per l’onorevole Furgiuele
- Postato il 1 luglio 2025
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- Di Il Fatto Quotidiano
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di Fiore Isabella
In una lettera aperta al mio Vescovo nei giorni scorsi ho fatto riferimento ad un termine di origine greca che, in teologia cristiana, significa “Colui che viene chiamato in aiuto”. La mia riflessione, nel caso di specie, ruotava intorno all’invocazione di aiuto per rimuovere le criticità individuali e collettive che angustiano il nostro quotidiano vivere.
Il diritto alla salute di tutti, soprattutto di quelli che non possono, messo a repentaglio da piani contabili di rientro, da medici e infermieri che non bastano, da code interminabili, da calendari non pervenuti, dalla medicina di emergenza agonizzante, le ambulanze demedicalizzate, che si presentano da chi sta morendo solo con l’autista e l’infermiere o addirittura col solo autista. L’intervento del medico, successivo al decesso, si configura come un passaggio legale di constatazione della morte con consegna del testimone alle pompe funebri. Il risultato di tutto ciò è una catena di paracliti obiettivamente introvabili: dall’infermiere al conducente dell’ambulanza, al medico che non c’è o che arriva quando non c’è più nulla da fare.
Al netto delle sopraelencate criticità che inquietano i cittadini e che dovrebbero inquietare la politica che conta, si segnala la voce dell’onorevole Furgiuele, rappresentante lametino della Lega di Salvini, al quale va il ringraziamento per averci ricordato che noi lametini siamo immuni dal malaffare, che è come se un mattino ci svegliassimo da un incubo e trovassimo le corsie oncologiche degli ospedali totalmente vuote o, nella peggiore delle ipotesi, occupate da malati immaginari: una vera manna per qualche drammaturgo contemporaneo che volesse riproporre Le malade immaginaire di Molière.
Ma, per tornare al tema della criminalità mafiosa, l’idiosincrasia culturale di Furgiuele rispetto alla pervasività del malaffare, anche nella nostra realtà, pare che sia figlia del fastidio che produce il solo parlarne, anche se è lui stesso, a conclusione della reprimenda al festival dei libri sulle mafie, ad affermare: “La mafia è e resta, come disse Peppino Impastato, una montagna di merda. Ma va combattuta con gli strumenti dello Stato, non con il marketing delle parole. E soprattutto senza insultare un’intera città che non ha mai smesso di lottare”.
Mi permetto di chiedere all’onorevole, da lametino che non si sente insultato dal mercato delle parole ma dai poteri che hanno paura delle parole:
1. La montagna di merda (la mafia) che dice di voler combattere con gli strumenti dello Stato è cresciuta per effetto dei 14 edizioni di TRAME o per effetto dei fiumi di interessi che hanno mobilitato e continuano a mobilitare i poteri criminali?
2. Conviene con me che il diritto all’istruzione nella Costituzione non si esaurisce con l’accesso alla scuola, ma comprende anche il diritto a un’istruzione di qualità, che promuova lo sviluppo integrale della persona e la sua partecipazione attiva alla vita sociale, economica e culturale del Paese dove le parole hanno un costituzionale diritto di cittadinanza?
3. Non pare all’onorevole Furgiuele che la frase-chiave come lo sviluppo integrale della persona umana, che comprende la partecipazione attiva e responsabile alla vita sociale, economica e culturale, non sia perseguibile senza il contributo delle parole?
4. È venuto al parlamentare lametino il dubbio che associare la parola come strumento educativo di comunicazione (è proprio il caso di TRAME), a marketing che ha a che fare con i clienti e con mercati sia un plateale ossimoro?
Vorrei essere certo che a questi miei interrogativi rispondesse l’onorevole Domenico Furgiuele, sempre attraverso le parole, intese come un tributo alla comunicazione e all’educazione e non come immolazione al mercato.
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