Servono più figli per pagare le pensioni? Date un futuro ai laureati
- Postato il 1 novembre 2025
- Blog
- Di Il Fatto Quotidiano
- 3 Visualizzazioni
Periodicamente siamo allarmati da notizie che annunciano la nostra prossima estinzione a causa della denatalità. Ho già affrontato questo problema in un altro intervento, in occasione di uno di questi allarmi, e mi toccherebbe ripetere gli stessi concetti su come sia infantile attendersi una crescita demografica infinita, così come ci attendiamo una crescita economica infinita. Ci sono limiti alla crescita, ma pare che non lo si voglia capire. La crescita non si arresta per politiche di decrescita (mai attuate) ma per politiche fallimentari che mirano alla crescita!
La diminuzione dei giovani, e il grande numero di anziani è fonte di preoccupazione per la tenuta del sistema pensionistico. Chi pagherà le pensioni? Ci dicono. Questo è un problema perché abbiamo disegnato sistemi pensionistici in cui le trattenute dei giovani pagano le pensioni dei vecchi, confidando che il numero di giovani sarebbe sempre aumentato e che i vecchi sarebbero morti relativamente presto. Se chi ha fatto questi conti ne avesse capito di ecologia, e avesse familiarità con il concetto di capacità portante (vedi l’articolo citato all’inizio), si sarebbe subito reso conto che la crescita infinita del numero di giovani non è possibile. E se ne avesse capito di medicina si sarebbe accorto che la durata della vita aumenta.
Con questo sistema pensionistico i miei 50 anni di versamenti, con andata in pensione a 70 anni, non pagano la mia pensione, ma hanno pagato quelle di chi era in pensione quando lavoravo. E ora, dato che i giovani diminuiscono, ci sarà un problema a pagare la mia pensione. Le mie trattenute pensionistiche sono andate all’Inps, che non le ha messe da parte per pagare la mia pensione, ma le ha usate per pagare le pensioni di chi era già in pensione. Chi l’ha pensata così ha fatto un grave errore previsionale. E ora lo devo pagare io!
I miei versamenti non sono stati l’accantonamento che garantisce la mia pensione. Lo ripeto perché, lo confesso, non lo avevo capito. Confidavo di aver pagato abbondantemente la mia pensione con le mie trattenute, e invece no. Le mie trattenute pensionistiche hanno garantito le pensioni baby, le false pensioni di invalidità e molte altre elargizioni clientelari che hanno fruttato il consenso a politici da parte del loro “elettorato di riferimento”.
Non posso non ripetere quel che ho denunciato molte volte, non da solo, ma inascoltato, come tutti quelli che lo denunciano: i giovani laureati se ne vanno all’estero. Li formiamo e poi, dato che non trovano lavori decenti, vanno dove la loro preparazione è apprezzata. Se ne avessimo fatti di più, sarebbero rimasti o sarebbero di più quelli che se ne vanno? Intanto importiamo manodopera che viene pagata pochissimo e che usiamo per lavori “umili”. Cosa proponiamo ai nostri giovani? Di non studiare e di diventare braccianti, ovviamente sottopagati? Le scuole professionali dovranno servire a questo: inutile dare una cultura, insegnamogli a fare gli idraulici (con tutto il rispetto per gli idraulici, ovviamente)!
Di questa situazione non è responsabile solo il governo attuale: è il risultato dell’azione di tutti i governi. Certo, Fornero ha cercato di metterci una toppa, facendo il buco degli esodati. Ma si continua a ragionare con gli stessi concetti di base.
Io non sono uno specialista di previdenza; se mi chiedessero cosa farei non saprei rispondere. Ma se mi chiedessero di valutare i sistemi attuali cercherei di spiegare che non sono coerenti con la biologia e l’ecologia, di cui un pochino mi intendo. E, anche se si stenta a capirlo, le leggi naturali soverchiano le leggi dell’economia. Attendersi che il Pil e il numero di italiani crescano sempre è un’aspettativa che cozza con la termodinamica e l’ecologia. Dobbiamo gestire l’equilibrio demografico e dobbiamo investire non sulla quantità dei nostri giovani ma sulla loro qualità. Se vanno via i laureati, che già sono pochi rispetto a quelli dei paesi più avanzati, significa che il sistema paese non è in grado di valorizzare le loro competenze. Non sa che farsene di loro.
Il primo obiettivo, secondo me, è di dare un futuro ai giovani che conseguono alta formazione e che, ora, espelliamo dai sistemi produttivi regalandoli ai nostri concorrenti. Come fare? Forse basterebbe guardare come mai quei giovani sono assorbiti dai sistemi produttivi di altri paesi, e fare lo stesso. I nostri giovani ricercatori vincono i progetti europei di alta qualificazione, gli ERC, ma di solito lo fanno mentre operano in istituti di ricerca stranieri. I fondi che sono loro assegnati non arrivano in Italia, dove si sono formati, ma vanno nei paesi che hanno avuto la lungimiranza di assorbirli.
Siamo secondi come numero di starting grants, dopo la Germania, ma finiamo settimi se si considera quanti progetti si svolgono in Italia. Invece di incentivare le nascite, forse andrebbe incentivata la valorizzazione di chi è già nato. Non mi risulta che si intraprendano politiche volte a risolvere questo problema. Vale la pena ricordare che sono pochissimi i ricercatori stranieri attratti dal sistema della ricerca italiano.
L’Italia ora ha i conti a posto, ma i salari sono bassi, i lavori sono precari, e i giovani fuggono. Le finanze sono a posto, l’economia e il sociale un po’ meno. Viene in mente il chirurgo che nel rapporto sul suo intervento scrisse: Operazione perfettamente riuscita. Paziente deceduto.
L'articolo Servono più figli per pagare le pensioni? Date un futuro ai laureati proviene da Il Fatto Quotidiano.