Sarò un pazzo ma voglio credere ancora nella decrescita

  • Postato il 20 novembre 2025
  • Ambiente
  • Di Il Fatto Quotidiano
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È di pochi giorni fa questa notizia riportata da Il Sole 24 Ore: “Negli Stati Uniti il divario tra ricchi e poveri continua ad ampliarsi. Secondo un nuovo rapporto di Oxfam America, i dieci miliardari più facoltosi del Paese hanno visto crescere la propria ricchezza complessiva di circa 698 miliardi di dollari nell’ultimo anno, un aumento che accentua la concentrazione del capitale nelle mani di una ristretta élite economica”.

La notizia si presta a svariate considerazioni. La prima, ma che senso ha essere sempre più ricchi (ricordando il Massimo Fini del denaro quale “Sterco del demonio”)? La seconda: diventare sempre più ricchi significa direttamente o indirettamente depredare ancor di più le risorse della terra. Tanto per dire, quante risorse consuma Jeff Bezos con pacchi e trasporti, o Elon Musk con le batterie al cobalto? La terza, ma sicuramente non ultima. Più ricchi ma anche più poveri, o meglio “miseri”, e ampliamento della forbice tra chi ha e chi non ha. Un mondo di pazzi, si potrebbe dire. O forse solo un mondo di uomini, se partiamo dal presupposto che l’uomo abbia in sé la propensione all’accumulo e la distonia con il mondo naturale.

E allora, così ragionando, viene da pensare che sia invece sì, da pazzi, o almeno da sognatori ipotizzare un uomo che cerchi di limitare i propri bisogni, ed anzi di dare un nuovo significato al termine “bisogno”. Un sogno ma neanche poi tanto, se si prende coscienza che quello che chiamo sistema (scusate il termine un po’ demodé) non crea solo milioni di miseri, ma anche malattie, suicidi, dipendenza da droghe artificiali, e quant’altro.

Quindi siamo pazzi noi – uno sparuto gruppo di persone tra l’altro non più in giovane età – che andiamo a creare, meglio, a ricreare un sito della decrescita felice. Nel mare magnum di Internet, un rifugio lontano mille miglia dai partiti e da Webuild che li comanda; dai siti di scommesse e dallo Stato che ci guadagna; dalla pubblicità e dalle imprese che devono sempre inventarsi “cose” nuove per poter sopravvivere. Diciamo: lontano dall’altra pazzia, quella insana, meglio: dall’incubo.

Un sito anche di ecologia profonda, cioè quell’ecologia che non parla dell’ossimoro dello sviluppo sostenibile (alla Legambiente, per intenderci), ma del rapporto non predatorio tra uomo e Natura, o meglio, della sintonia (sun e tonos, accordo di suoni) con l’ambiente che ci circonda e che ci consente di vivere. Andate a visitare questo sito in controtendenza nell’era dell’Antropocene, perché, tra l’altro – almeno questo anche il profano lo sa – la nostra impronta ecologica è sempre più incompatibile con la nostra stessa sopravvivenza. Anche se in realtà dobbiamo smettere di crescere non già per non estinguerci (l’uomo si è già estinto più volte in passato) bensì per stare meglio dentro.

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Il Fatto Quotidiano

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